CAPITOLO 27

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La domenica pomeriggio ero in giardino ad ammirare estasiata, e grondante di sudore, la superficie liscia e lucida del piano del vecchio cassettone che avevo appena riverniciato.
"Ciao Katy" sentì dire all'improvviso a Joelle.
Mi girai. Non potevo proprio dire che fosse una bella sorpresa. Lei era bellissima; ma come faceva a essere sempre così perfetta? Perché non l'avevo mai beccata con addosso una maglietta sudata e bucherellata, o con i capelli in disordine?
"Qual Buon vento ti porta qui?" domandai, chiedendomi se si sarebbe accorta di quanto falso fosse il mio tono di voce. "È un bel po' che non ti si vede".
"E tu è tanto che non mi telefoni" rispose. Il dispiacere nella sua voce era vero o falso? Non ne avevo idea.
"Prenditi una sedia dal portico" dissi.
Mentre andava a prendersi la sedia Joelle mi chiese: "Preferisci che me ne vada?".
"No!" le risposi bruscamente come se fossi arrabbiata; in realtà ero terrorizzata e avevo bisogno del sarcasmo di Joelle come uno scudo.
"Avrete avuto molto da fare, con il bambino è tutto il resto" disse Katy, trascinando la sedia tra me e mia sorella.
Cominciai a sentirmi colpevole. In fondo avrei potuto telefonarle almeno una volta.
"Ah sì, sono proprio indaffaratissima, tutto il giorno da sola seduta in poltrona" replicò Joelle.
"Prima ci sentivamo ogni giorno, Cristal, uscivamo insieme ogni weekend" continuò Katy.
Annuii. "Sì, le cose sono un po' cambiate".
E cominciai a scartavetrare un cassetto.
"Immagino che ti saranno successe molte cose".
La guardai. "Qualcosa".
"Quando io e Jack abbiamo deciso di uscire anche con altre persone, lui mi ha detto che lo avrebbe chiesto a te".
Continuai a lavorare.
"Mi è sembrato, beh...strano".
"A me non lo sembra affatto" disse Joelle.
Katy le lanciò uno sguardo di fuoco, e spinse la sua sedia più vicino a me.
"Ci dicevamo sempre tutto, io e te, una volta. Com'è andata ieri sera?".
"Okay, tutto okay. E tu, con...come si chiama...Dan?".
"Dan è una persona eccezionale. Stiamo benissimo insieme, quando balliamo. Ma questo è tutto, temo".
"Oh! Non dirmelo! Non sai quanto mi dispiace".
Katy scosse le spalle e mi sorrise. "Ma forse ne sono contenta, forse è ora che la smetta di innamorarmi dei ragazzi delle altre".
Joelle alzò gli occhi al cielo.
"Incredibile!" continuò Katy. "Nella mia vita è apparso questo ragazzo meraviglioso, libero, ed io mi sono innamorata di lui".
"Scommetto che non sei la prima a cui è successo" le dissi.
"Cosa vuoi dire con questo?". Una piega preoccupata apparve sulla sua fronte.
"Beh, ehm, non ti sei accorta di quella montagna di ragazze alla festa di Steve?" aggiunsi rapidamente.
"E allora sono proprio fortuna, Cristal. Jack è mio. È solo mio".
Rimasi in silenzio. Un groppo enorme o forse un grumo di polvere mi si era fermato in gola.
"E glielo hai detto?" chiese Joelle a voce alta. Troppo alta.
"Dirgli cosa?" Jack le fece eco.
Mia sorella non si era accorta che Jack stava arrivando dal retro della casa. Si fermò davanti a noi sorridendo. Io ero sconvolta. Perché diavolo era venuto? Perché non mi aveva detto che sarebbe passato? Ero una vera schifezza, soprattutto in confronto a Katy.
"Evidentemente non sei ancora pronta, Cristal" mi disse Jack.
Pronta? pensai. "Infatti non è pronta, e dopo dobbiamo anche lavorare alla culla".
Si mise a ridere. "Tu non sei ancora pronta, per me" mi guardò significativamente. "Non ti ricordi?".
Mi girai verso Joelle, che ridacchiava dietro il suo libro. Un grande aiuto.
"Ti sei dimenticata il nostro appuntamento?".
Lo guardai di traverso, e poi mi guardai le braccia e le gambe sporche e sudate: sembravo venuta fuori dalla vasca dei pesci tropicali.
"Dovevamo andare allo zoo" continuò Jack.
"Lo zoo".
Katy spostava lo sguardo dall'uno all'altra, la bocca stretta in una linea dura. Se avesse cominciato a tremare, come le accadeva sempre prima di scoppiare a piangere, mi sarei sciolta come un gelato al sole. Ma anche Jack si sarebbe sciolto, e l'avrebbe teneramente abbracciata e se ne sarebbero andati, e così questa commedia sarebbe finalmente finita. Rischiava di rovinare tutto, giocando troppo pesante. Se avesse continuato così si sarebbe ritrovato non una, ma ben due ragazze singhiozzanti tra le braccia.
Lo guardai dritta negli occhi, il che richiese tutto il mio coraggio. "Ti sei sbagliato" dissi con fermezza. "Assolutamente sbagliato".
Sbatté gli occhi. Il viso era impenetrabile, ma avrei scommesso che si sentiva un po' meno sicuro di sé. Aggrottó le sopracciglia, e lo stesso feci io. Katy intanto era molto occupata a produrre un delizioso broncio.
"Immagino succeda quando si esce con troppa gente: non ti ricordi più con chi hai appuntamento. In questo momento Dan sarà a casa sua, che si chiede perché Katy non si sia ancora vista. E tu, Jack, tu sei nella casa sbagliata".
Nessuno, me compresa, credeva a una parola di quello che stavo dicendo. La verità è che non avevo la più pallida idea del perché Jack fosse venuto a casa mia; a meno che la signora Larsson non gli avesse detto che Katy era da me, e lui magari aveva pensato di guadagnarsi con lei qualche punto in più.
Continuavo a odiare questo gioco.
Katy continuava a fare il broncio. Piantala, mi veniva voglia di dirle. Ormai hai vinto.
"Qualcuno vuole dei biscotti al cioccolato?" chiese Joelle.
"Si" dissi Jack.
Lo guardai farsene fuori tre.
Katy prese le briciole dal vassoio, e si leccó delicatamente le dita, e poi disse: "Avete visto una bella partita?".
La guardai: non gliene era mai fregato un accidente del basket. E invece cominciò a sciorinare una serie di commenti sulla partita che doveva aver appena sentito alla radio senza azzeccare u  termine giusto. La ignorai e mi misi a lavorare al secondo cassetto.
Jack cercò di cambiare soggetto, probabilmente perché voleva raccontarle le parti romantiche della nostra serata senza avermi tra le scatole.
Quando fui veramente stufa della scena, dissi:
"Bene ragazzi, mi sembra che stiate sprecando uno splendido pomeriggio".
"Immagino di sì" disse Jack, e questa volta sembrava davvero arrabbiato. "Allora, Katy, andiamo con la tua o con la mia macchina?".
"Se andiamo allo zoo devo prima passare da casa per cambiarmi le scarpe".
"D'accordo, ti seguo".
E si allontanarono, mentre Jack mi lanciava uno sguardo che mi attraversó come fosse una freccia d'acciaio azzurro.
Restituii lo sguardo più fermamente possibile.
"Mi ero sbagliata su di te" gli dissi. "Non hai nessun bisogno dei miei consigli".
Aprii la bocca come se volesse rispondemi, ma poi si ficcó in bocca un altro biscotto e se ne andò.

Una calda estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora