CAPITOLO 21

185 11 1
                                    

"Non sono stanca" insistetti con Harry durante il pranzo del giorno dopo. "Ho dormito in ospedale e non ho nessuna voglia di tornare a casa. Sono stata con Joelle diciannove ore: mi occorre una pausa".
"Hai avvertito i tuoi genitori?" domandó Harry.
"Non ha voluto che lo facessi. Era così agitata, piangeva; mi ha pregato di non telefonare e io non l'ho fatto. In un certo senso è colpa mia. Le ho fatto pesare la sua situazione, involontariamente l'ho accusata di essere un problema per tutti noi".
"Non è colpa di nessuno, Cristal, e non puoi pretendere che lei sia lucida in questo momento. Cosa ha detto il dottore?".
"L'ha rispedita a casa e le ha imposto un lungo riposo. A letto. Verrà a visitarla domani".
"Senti" disse Harry scrivendo qualcosa su un pezzetto di carta "questo è il mio numero di telefono. Per favore, chiamami in caso di emergenza e anche...solo se hai voglia di avere un'altra persona accanto".
Sorrisi debolmente. "Grazie" risposi commossa.
"E oggi verrà Hau a darti una mano con i bambini; visto che piove ancora, andrete a giocare in palestra".
I bambini si comportano come angioletti, e stare con loro mi tirò su di morale. Non avevo nessuna voglia di vedere Jack. Non avevo voglia di vedere nessuno che mi facesse sentire più vulnerabile di quanto non lo fossi già.
Quando arrivò l'autobus a prendere i bambini, ne fui dispiaciuta. Rimasi in palestra; mi piace quando è vuota, perché è silenziosa. E il silenzio aiuta chi ha l'anima dolorante e il cuore a pezzi.
Pensai a Joelle, e pregai per lei. Meritava una vita felice, la mia sorellina, accanto al suo bambino.
"Cristal, stai bene?". La voce di Katy mi fece sobbalzare.
"Sì, sì. Stavo per uscire".
Si avvicinò con fare incerto. "Come sta Joelle?".
"Meglio. Ha rischiato di perdere il bambino, ma per fortuna ora la situazione è sotto controllo".
"E tu?"
"Anch'io sono sotto controllo" cercai di scherzare.
"Ho cercato di chiamarti un sacco di volte ieri sera, ero molto preoccupata".
"Lo so, ho sentito i messaggi registrati".
"Anche Jack era molto preoccupato".
Mi chinai per raccogliere le palle da basket.
Katy andò all'angolo opposto, a recuperarne una, poi tornando indietro finse di fare canestro sollevandosi con una piroetta.
"Lo sai, Katy, la nostra squadra ha perso molto il giorno in cui tu hai scelto di dedicarti alla danza" le dissi.
Mi sorrise. "Amo ballare e grazie a te, sto affinando la mia tecnica. Sì, è tutto merito tuo. Stavo proprio raccomando a Jack, ieri sera, di come tu mi abbia convinta a non mollare tutto".
Avrei voluto non doverla sentire pronunciare quel nome. Nel primo messaggio registrato, quando ancora non aveva saputo di Joelle, diceva che voleva parlarmi di Jack.
"Ho bisogno di un consiglio. Riguarda Jack. Mi piace sul serio, Katy". Si attorciglió i lunghi capelli biondi con le dita. "Proprio sul serio".
Annuii.
"Lui continua a chiedermi di uscire con lui, è tutto così strano..." disse, scuotendo il capo.
Per la verità mi sembrava normale che Jack le facesse il filo. Semmai era strano che lei volesse vederlo ancora.
"Non so cosa fare" disse ancora Katy, sospirando.
All'improvviso provai il selvaggio impulso di mettermi a gridare. Forte, sempre più forte. Un grido selvaggio, un grido di dolore, che forse mi avrebbe aiutata a liberarmi dall'amarezza che avevo dentro.
"Perché non vivi il presente?" le suggerii.
"Vorrei, se solo non avessi conosciuto Dan".
"Dan?".
"È un mio compagno di corso, un ballerino di grande talento: l'insegnante dice che formiamo una coppia fantastica. Erano anni che usciva con la stessa ragazza, ma da quando mi ha conosciuta, il suo rapporto con lei è entrato in crisi".
Ovvio. Un ragazzo con ragazza. Un ragazzo che sta da anni con la stessa ragazza. Mi tornò la voglia matta di mettermi a urlare.
"E se uscissi con tutti e due? Informandoli entrambi. Per correttezza. Perché io sono una ragazza leale".
"Ottimo. Idea geniale".
Dal tono della mia voce, Katy sentì che qualcosa non andava. Insomma, che mi stavo prendendo gioco di lei.
"Ho capito, pensi che non do rei farlo" disse con tono offeso.
Cosa avrei dovuto dirle? Che era scorretto soffiare il ragazzo alle loro compagne? Che doveva girare alla larga da Dan? In questo caso, l'avrei gettata di nuovo tra le braccia di Jack. Che poi era la cosa giusta, così almeno Katy non avrebbe fatto soffrire un'altra ragazza. Avrei voluto poterle gridare di non farsi sfuggire Jack, di tenerselo stretto, ma proprio non ce la facevo.
"Non ti posso aiutare, questa volta" le dissi. "Devi decidere da sola".
Mi guardò come se l'avessi abbandonata. "Beh, immagino che tu abbia altre cose per la testa in questo momento".
"È poco ma sicuro. Magari ne parliamo un'altra volta".
"Forse è meglio" mi disse, e fece per andarsene. "Devo correre a casa a prepararmi".
Prepararsi per chi? . La domanda da un milione di dollari non mi dava pace. Fu così che, per placare la mia ansia, presi la palla e la lanciai con quanta forza avevo in corpo contro la parete. Una, due, tre volte, finché qualcuno non la intercettò, gridando: "Mia!". Jack. Era Jack.

Una calda estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora