CAPITOLO 6

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Non si poteva dire che Steve non fosse uno di parola.
" C'è un messaggio per te" disse Jack il giorno dopo nella pausa pranzo.
" Un messaggio?" risposi. " Molla l'osso!"
"Scusa, l'ho lasciato in bacheca".
Cominciai a muovermi; i bambini di terza intanto, seduti l'uno accanto all'altro con la testa bassa, sembravano tanti piccoli cospiratori.
" Come lo conosci Steve Dulaney?" mi gridó dietro Jack.
" Cosa?"
" Steve Dulaney. Spera che tu e Katy siate libere giovedì sera".
" Hai letto il mio messaggio!" esclamai.
" Ho risposto io al telefono" spiegó Jack. " Steve darà una festa. Giovedì sera, dalle otto e mezza in poi. Ci sarà un sacco di gente".
" Mi meraviglio che tu non ti sia fatto invitare".
" Non ce n'è stato bisogno. Mi aveva invitato già la settimana scorsa".
Lo guardai stupita. " Sul serio? "
" Siamo vicini di casa, io e Steve".
" Non dirmelo! Che coincidenza!"
Jack afferrò per una spalla un ragazzino di seconda che duellava con il bambino di fronte armato di coltello di plastica. " Se ti cavi un occhio, Franklin, poi come farai a continuare a dipingere? Sei così bravo che sarebbe un peccato". Si giró ancora verso di me. "Chi è Katy?".
" Katy?". Bene, bene, pensai. Eccone un altro. Tim, Steve, Jack, e...Jack era un musicista, un vero artista. Sarebbero andati veramente d'accordo. L'unico problema era che non avevo nessuna voglia di avere Katy con me al campus. Con Luke nei paraggi, poteva essere molto, molto pericoloso.
" Te la presento alla festa" dissi. "Ti piacerà, sono sicura. È stupenda".
Si mise a ridere, poi all'improvviso gridò: "Eugene!".
Eugene era riuscito a lanciare con un elastico una sfilza di fettine di carota inzuppate nel ketchup contro il tavolo di quelli di seconda. I quali, pronti al contrattacco, ad uno ad uno passavano i loro bicchieri colmi di succo di mela al lanciatore ufficiale, un ragazzino con un berretto da baseball indossato al rovescio. Mi lanciai verso il tavolo di quelli di terza, sperando che i loro avversari non avessero il coraggio di aprire le ostilità con me in mezzo.
Errore. Doppio errore. Splat! Splat! In un batter d'occhio fui inondata dal succo di mela.
" Ehi, voi!" ululó Eugene, che non si lasciava mai scappare un'occasione. " Avete beccato il nostro boss".
Aveva in mano una bottiglia di ketchup, di quelle a spruzzo, ed aveva tutta l'intenzione di vendicare la mia offesa. Jack dietro di lui, cercò di strappargliela di mano.
"Oooooops!" gridó Jack. "Scusa".
"Oh!" mi ero chinata un secondo troppo tardi. " Ohhhh! ".
Una poltiglia gelida cominciò a colarmi giù dalle guance. Cinquantotto voci tacquero nello stesso istante, mentre il silenzio si impadroniva della sala. Io stavo in piedi, muta, sanguinando ketchup e gocciolando succo di mela. Jack fece di tutto per non scoppiare a ridere, e non suscitare la mia furibonda irritazione, ma non ci riuscì. Infatti, un secondo più tardi fu colto da un irrefrenabile attacco di riso, che non si preoccupò di nascondere. A ruota lo seguirono i bambini.
Harry acciuffó i responsabili e li trascinó fuori dalla mensa.
" Perché non porti via anche Jack?" chiesi.
" Perdonami, Cristal, la missione è fallita. Vieni" disse Jack. "Lascia che ti pulisca".
" Posso fare da sola, grazie".
" Per caso sei offesa?". La sua voce era dolce e tranquillizzante, come se stesse parlando ad un bambino. "Ho una maglietta in più nello zaino, te la presto volentieri".
" Nossignore. Attireró volentieri le api, questo pomeriggio".
Sollevò le spalle. " Fa' come vuoi". Mi allungò una confezione di fazzoletti di carta. Li presi e feci per allontanarmi, cercando di mantenere un certo contegno. Ma non andai lontano.
" Ciao Cristal!" era Luke.
Oh, no.
"Come va?" domandó, mentre i suoi occhi verdi splendevano nella luce.
I suoi compagni di squadra, sette superfusti con l'asciugamano di traverso sulle spalle, mi guardavano e ridacchiavano.
" Bene, grazie. E il tuo allenamento?".
Sorrise. " Super. L'allenatore mi sta spremendo, ma è okay".
" Sono felice di sentirtelo dire".
Dall'altro lato del tavolo Jack mi stava guardando in modo strano. La nauseabonda poltiglia stava cominciando a seccarsi e io volevo svignarmela il prima possibile, quand'ecco che Luke fece qualcosa di veramente sorprendente. Avanzó verso di me, esitò, poi fece un'altro passo. Lentamente si tolse l'asciugamano dalle spalle.
Quanto a me, dovetti fare appello a tutte le mie forze per non incantarmi davanti allo straordinario spettacolo offertomi dai suoi bicipiti. Dolcemente, con la spugna morbida mi pulí le guance, il collo, il braccio. Un miracolo!
" Ecco qua. Va meglio?".
" Si" dissi, senza fiato. " Grazie".
Piegó ordinatamente l'asciugamano e me lo mise tra le mani. Mi chiesi se avrei dovuto darglielo indietro, un giorno o l'altro.
" Ci vediamo" disse, sorridentomi.
Lo guardai allontanarsi insieme ai compagni.
Un momento dopo Jack mi passò vicino, ghignando.
" Chiamale api!" commentò.

Una calda estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora