CAPITOLO 25

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Quel sabato sera sembrava che l'intera casa fosse stata stipata dentro una sola camera da letto. Joelle avrebbe potuto fare le scale, un paio di volte al giorno, ma avendo a portata di mano tutto quello che poteva desiderare, passava la maggior parte del tempo a letto.
"Perché non portiamo su anche il tostapane e il forno a microonde?" chiesi a mio padre.
"Beh, micetta, è un'idea. Magari il forno".
Sospirai e sgattaiolai via.
Adesso stavo contribuendo al disordine della stanza tirando fuori calzoni, short, magliette, scarpe, orecchini.
"Cosa stai facendo?".
"Sto cercando di decidere quale camicetta, quali pantaloni, quali scarpe mettermi, e se legarmi o no i capelli".
"Cioè stai cercando di decidere se ci provi o no con lui".
"Non ho detto questo, Joelle".
"Non hai il coraggio di farlo?" mi chiese.
Cominciai a spazzolarmi i capelli.
"Perché non ripaghi la cara Katy con la stessa moneta?".
Diedi un colpo più forte con la spazzola.
"Come te lo devo spiegare che sto solo cercando di aiutare Jack a conquistare Katy?".
"Ma sì...sì, calmati".
Ormai mi spazzolavo con furia.
"Smettila Cristal!" disse allora Joelle, afferrandomi la mano. "Finirai per farti male! Senti, ti aiuto io, mi diverte. Ti pettineró e sceglieró per te i vestiti giusti".
Quel pomeriggio Joelle superò se stessa.
<<Casual ma elegante>>, aveva annunciato. Mi raccolse i capelli in un nodo morbido in alto sulla testa, che mi faceva somigliare a una di quelle eroine romantiche dei primi anni del 900', e poi mi fece indossare degli orecchini molto semplici, a goccia. Mi prestò una camicia che non aveva mai indossato: mi stava d'incanto, altro che le mie solite T-shirt. Insisté perché mi mettessi una gonna corta; ma alla fine ci mettemmo daccordo su degli short un po' più eleganti di quelli che normalmente indossavo per fare ginnastica. Mi truccó, e alla fine sembravo pronta per il ballo delle principianti, anche se in realtà dovevamo andare a vedere una partita di basket.
Quando suonò il campanello Joelle fu insolitamente gentile e loquace, e risposte a tutte le domande di Jack con un sorriso stranamente incoraggiante. E alla fine fummo fuori.
"Mangiamo qualcosa di veloce in uno dei pub vicino al parco e poi andiamo a piedi alla partita".
Cominciai a parlare di sport, con la presunzione di chi se ne intendeva sul serio, e non stetti zitta un solo minuto per tutto il viaggio in macchina, terrorizzata che scendesse il silenzio fra noi o, peggio ancora, che ci mettessimo a parlare di Katy.
Venticinque minuti dopo, quando ormai avevo esaurito tutto sull'argomento, Jack stava entrando in un parcheggio pubblico.
"Sei diversa questa sera".
"Joelle si annoiava, e così si è divertita a vestirmi e truccarmi".
"Come va con lei?".
"Meglio". L'ascensore spalancó le porte, stavo per entrare quando Jack mi prese il braccio. "Ecco... è già qualcosa avere i genitori a casa".
"Stai bene vestita così".
Stai bene.
Beh, per me poteva anche andare: come pretendere di più da uno che aveva Katy tra le mani?
"Grazie, anche tu stai bene".
Scoppió in una fragorosa risata.
Mangiammo al Ball. Studiai il menù, cambiando idea mille volte, poi fissai Jack.
"Cosa stai guardando?".
"La stessa cosa che sta guardando quel ragazzo laggiù".
Seguii il suo sguardo e vidi un ragazzo che mi stava fissando, e che subito mi sorrise.
Arrossii, e di nuovo Jack si mise a ridacchiare, toccandomi la mano.
"Forse non dovresti farlo".
"Cosa?".
Mi sentii stupida. Magari l'aveva fatto senza pensarci. Ma la sua mano sfioró di nuovo la mia.
"Questo".
"Pensavo di dovermi esercitare. Dopo tutto l'ultima volta che siamo usciti insieme..."
"Amici senza secondi fini..."
"Certo" disse, sorridendo. "Mi hai dato un sacco di consigli utilissimi, e mi sono messo in testa di diventare l'Amante Perfetto. Così adesso mi alleno. Non posso? ".
"Come no. Adesso ordiniamo, per favore".
Tutte le volte che Jack cercava di allenarsi, come diceva lui, io chiamavo il cameriere. Così, dopo una serie interminabile di aperitivi e di antipasti, il cameriere decide che toccava a me pagare, e mi consegnò il conto. Ma Jack me lo sfiló di mano.
"Ehi, tocca a me!" dissi. "Mi sono addormentata per prima".
"Tocca a me lo stesso" e mi mise un'altra volta la sua mano sulla mia. "Mi stai aiutando con Katy, te lo devo".
"E tu mi stai aiutando con Luke".
Ci guardammo in faccia, e poi dividemmo il conto a metà.
"Sei sicura che non vuoi che io parli con Luke?" mi chiese una volta fuori. Mi fissava con uno sguardo che non gli conoscevo e pensai che probabilmente aveva capito benissimo che Luke era uscito di scena già da un bel pezzo.
"Grazie, ma ci penserò io".
Non potete immaginare che emozione salire le rampe che portano ad un campo da gioco, con il brusio della folla in sottofondo, per poi sbucare all'aperto, con il manto d'erba che brilla e risplende compatta. Ogni volta questa visione mi toglie il respiro.
"Quando ero piccola avevo due sogni: diventare una principessa, o giocare con gli Oriole".
Il suo sorriso mi mandò in estasi.
"E adesso, cosa sogni?" mi chiese.
Distolsi lo sguardo, e mi sedetti. "Niente, niente di cui valga la pena parlare, comunque".
Si sedette e mi mise un braccio attorno le spalle.
"Stai continuando ad allenarti?".
"No, ti sono solo amico".
Mi strinse, ma fu questione di un attimo. Lasciò scivolare il braccio, poi l'arbitro fischió l'inizio della partita. Era stupendo essere lì, fra la folla, con Jack seduto accanto a me. Parlammo di basket, dei bambini, di Joelle, e poi dei bozzetti che Jack stava realizzando, della scuola che aveva frequentato in Pennsylvania.
Improvvisamente mi chiese:
"Qual è il posto migliore per baciare una ragazza?".
Sgranai gli occhi.
"Vuoi dire, a parte le labbra?"
Jack si mise a ridere. "Intendo dire il posto più romantico: la cima di una collina, vicino all'acqua, in mezzo ad un incrocio?".
"Oh!".
I suoi occhi mi sorridevano. "Ma rispondi prima alla tua domanda".
Invece mi misi a pestare i piedi e a cantare a squarciagola Grazie a Dio sono un ragazzo di campagna, che in quel momento stavano sparando a tutto volume dagli altoparlanti.
"Dimmi dove".
"Il collo".
"Perché?".
Una signora grassissima fasciata in un paio di pantacollant arancioni si giró verso di noi. Probabilmente la risposta interessava anche a lei.
"Non lo so. Il bacio sulla fronte è per i bambini, quello sulla guancia riguarda i parenti, quello sulla mano è totalmente fuori moda, mentre un bacio sul collo...Il collo è così indifeso!"
"Bene, ed il luogo? Il luogo più romantico?".
"Immagino che Katy risponderebbe vicino all'acqua; la sua piscina, il porto, magari una fontana".
"E tu, cosa rispondi?".
Esitai un attimo. "Non chiederlo a me, non sono la persona adatta. E se fossi in te, dimenticherei all'istante la mia teoria sui baci sul collo. In amore sono una frana".
"Come, non sei più l'esperta in materia?" mi stava prendendo in giro.
"Temo proprio di no".
"E quando l'hai capito?" domandó, curioso.
"Da molto".
I tifosi iniziarono a scatenarsi intorno a noi, e fui ben lieta dell'interruzione.
"Bene, è stata una partita bellissima" commentai quando emergemmo dallo stadio. "Grazie. Se so riuscissimo a trovare la macchina..."
"Facciamo una passeggiata fino al porto" propose.
Che non mi andava, lo avrebbe capito anche un cieco.
"Dai, Cristal! Altrimenti cosa gli raccontiamo a Katy? Insomma, non è questo lo scopo della nostra serata?"
"Sì, certo".
"Ho la netta sensazione che una partita di basket non possa competere con la straordinaria, sconvolgente passione che si sprigiona dai tuoi appuntamenti con Katy" ridacchiai.
Purtroppo era così.
"Ma una lunga passeggiata, nei pressi dell'acqua, come tu suggerisci..."
Raggiungemmo il porto e ci mettemmo a camminare sul molo che costeggiava l'acquario. Poi tornammo indietro, verso la zona dei caffè, quindi di nuovo sul molo.
Conoscevo il luogo, c'ero stata mille volte, ma quella sera tutto era così diverso. Camminammo lentamente, poi ci fermammo a guardare la città al di là dell'acqua. Gli edifici erano rettangoli di luci scintillanti, e un'immensa luna d'argento navigava sopra di loro. Numerose barche erano ancorate nel porto, e le onde ci portavano, ovattate, voci estive.
Nessuno dei due parlava, e mi chiedevo cosa provasse lui in quel momento. Poi accade un fatto strano. Lo sentii così vicino, che mi voltai e mi trovai davanti i suoi occhi blu. Jack abbassò la testa, la sua guancia quasi a sfiorare la mia, la sua bocca a pochi centimetri dalla mia. Le sue labbra ad un soffio dalle mie...
"Un atleta indifeso. Non smetti mai di allenarti" dissi.
"Come vado allenatore?"
"Sei preparato. Preparatissimo. E io voglio andare a casa".
Sembrò sorpreso. "Sul serio?".
"Sul serio".
Mi guardò confuso, le mani appoggiate sui fianchi. "Come vuoi" sussurrò.
Tornammo sui nostri passi. Ai miei occhi, ora la città non sciltillava più: l'incanto si era spezzato. Un pensiero orribile aveva cominciato a farsi strada nella mia mente: Jack stava prendendosi gioco di me e di Katy, due in un colpo solo, mica male! Un vero dritto, il mio diabolico amico. Probabilmente lo sapeva benissimo che ero cotta di lui. Aveva deciso di farmi pagare le volte che lo avevo ignorato o trattato con durezza. E questi pensieri facevano un male dannato.
Bene, è ora di crescere, mi dissi. Fa male anche a Joelle pensare che il padre del suo bambino non sia poi quell'individuo meraviglioso che lei aveva immaginato.
Il viaggio a casa fu interminabile. Pochi isolati prima di arrivare ci fermammo in un piccolo viale alberato.
"Non conosco ancora quali sono le vie buie qui attorno".
"Beh, dopo che mi hai accompagnata fatti un giro di ricognizione".
Mi guardò, e poi ripartí spingendo sull'acceleratore. Finalmente arrivammo a casa. Io mi precipitai fuori dalla macchina, ma lui mi seguì.
Mi ero sempre lamentata di quante luci ci fossero di fronte a casa mia. Ma questa volta ne fui contenta.
"Buona notte" gli dissi, e stavo per dargli un casto bacio sulla guancia, ben lontano dalla bocca, quando le luci si spensero. Tutte le luci del vialetto, del giardino, del portico.
Mi sentii gelare, persi l'equilibrio, e nel buio mi avvicinai a lui. Allora sentii le sue braccia circondarmi, e cominciò a stringermi a sé. Stava per baciarmi, e io non riuscivo a pensare neanche a u a battuta spiritosa per fermarlo. E, ancora peggio, non avevo nessuna voglia di fermarlo.
Lentamente abbassò la testa, ma la sua bocca non toccò la mia. Pensai che avesse cambiato idea. E poi sentii le sue labbra sul collo. Sentii un lungo, caldo bacio, dolce come una notte d'estate.
"Ciao, Cristal" disse, e mi lasciò tremante sulla soglia di casa.

Una calda estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora