1 A new life, because I need happiness

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1 A new life, because I need happiness

Camminavo tranquillamente tra le strade del mio quartiere, quando vidi in lontananza mia madre.

Decisi di andarle incontro e di aiutarla a portare le buste della spesa che aveva in mano.

Camminavo, ma non camminavo.

Parlavo, ma non parlavo.

Respiravo, ma non respiravo.

Poi un colpo allo stomaco.

Caddi a terra, dolorante.

Non vedevo più mia madre, solo un uomo davanti a me.

Iniziò a picchiarmi a sangue. Cercai invano di coprire il mio fragile corpo che riceveva colpi su colpi.

Chiusi gli occhi, per evitare di far vedere a quell’uomo le mie lacrime.

- ci si rivede! - sentita la sua voce capii chi era. - sai, non è stato carino da parte tua spedirmi in prigione. Dopotutto, ci divertivamo. - aprii gli occhi e vidi che si era abbassato per guardarmi in faccia. Si mise a ridere, mentre mi sferrava un pugno in pieno volto.

Poi si alzò e iniziò a cercare qualcosa dentro la sua giacca. Esclamò quando ebbe trovato ciò  he cercava.

Tirò così fuori una pistola.

- no, non è stato affatto carino. Ma, come vedi, ora sono fuori. Non mi fermerai più, piccola mocciosa! -

Iniziai a tremare come una foglia.

Era finita, non avrei potuto fare niente per impedire la mia morte.

- di le tue ultime preghiere. - ‘addio mamma. Addio papà. Vi voglio bene.’ - non hai niente da dire? Bene, sarà più facile ucciderti! - scoppiò di nuovo a ridere.

Mi puntò la pistola al petto, leggermente spostato verso sinistra.

Poi silenzio.

Non sentivo più niente, se non un dolore straziante al petto.

Iniziai a vedere tutto sfocato, non distinguevo più nulla…

 

 

Come al solito mi svegliai sudata.

Continuavo fare sempre lo stesso incubo.

Nella mia piccola stanza entravano i primi raggi di luce, che mi avrebbero comunque impedito di dormire oltre. Rimasi un po' allungata, avevo troppo sonno.

'Forza Camilla, ce la puoi fare.' mi dissi, cercando invano di convincermi.

Scesi giù in cucina, dove mia madre stava preparando la colazione.

- tesoro, sei già sveglia? - annuii, mentre mi sedevo su una sedia. - dormito bene? -

- no, ho rifatto lo stesso incubo. - le dissi storcendo il naso.

- ricordati cosa ha detto la signora Corsi (la mia psicologa),  passerà, devi solo aspettare. Ora prendi la medicina e mangia. - vi starete chiedendo che medicina. Beh, una medicina che serve a rimarginare più in fretta le ferite.

Quello schifo di persona, oltre a infliggermi violenze sessuali, mi picchiava. Avevo ferite enormi su tutto il corpo. Le più grandi erano sulla pancia e sulla schiena. In quei punti coprivano tutta la superficie libera. Le cicatrici sarebbero rimaste, per il momento dovevo far guarire la mia pelle dove c’erano ferite ancora “fresche”. Lo dovevo a me stessa. Dover vedere tutti i giorni quelle ferite mi faceva stare uno schifo.

Aspettando la felicitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora