34 You are my happiness

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34 You are my happiness

- che ne pensi di venire a casa mia? - chiesi a Federico, quando uscimmo da scuola.

- non lo so, non vorrei disturbare. - disse, prendendomi la mano.

- non disturbi. - lo rassicurai. Senza nemmeno accorgersene lo stavo trascinando verso la fermata dell’autobus che dovevo prendere io.

- va bene. - gli sorrisi. Poi mi avvicinai a lui e lo baciai. Lui prese come al solito il mio zaino, poi passò la sua mano intorno alle mie spalle, avvicinandomi a se. Fortunatamente lì non avevo ferite.

Dopo poco arrivò l’autobus, e velocemente tornammo a casa. Aprii la porta e notai che era chiusa a chiave.

- non c’è mia madre. - dissi posando le chiavi sul tavolinetto all’ingresso. Presi Federico per mano e lo portai in camera mia. Gli feci posare gli zaini e poi riscendemmo giù, in cucina. Presi una pentola e iniziai a riempirla d’acqua.

- la pasta ti va bene? - domandai. Federico annuì, mentre prendeva i piatti dal cassetto. Era venuto a casa mia così tante volte che sapeva perfettamente dove si trovasse ogni cosa. Quando la pentola fu piena, la misi sul fornello, accendendo il gas.

Aprii il frigo, con l’intenzione di prendere del sugo, ma notai che non c’era.

- non c’è il sugo. - dissi a Federico. - a me in bianco non piace. Lo andiamo a comprare? - chiesi.

- vado io, tu rimani qua, così controlli l’acqua. -

- mmm… va bene. Vado a prendere i soldi. - stavo per andare, ma mi prese delicatamente per la vita, avvicinandomi a se.

- dove credi di andare? Pago io, altrimenti non sarei un gentiluomo. - mormorò al mio orecchio, per poi darmi dei baci lungo il collo. Rabbrividii.

- e se volessi fare la gentildonna? - riuscii a mormorare.

- non te lo permetterei. - mi fece girare e mi diede un bacio a fior di labbra. - vado. -

- aspetta! - lo fermai. - prendi le chiavi. - dissi porgendogliele. - credo che andrò a farmi una doccia. - lui annuì prendendole. Mi diede un altro bacio e uscì.

Andai al bagno e mi feci una doccia calda. Ero così felice che non sentivo nemmeno il dolore che l’acqua mi procurava quando entrava a contatto con la mia pelle. Forse, solo forse, veramente nulla sarebbe andato storto. Ma con la fortuna che mi ritrovavo, quando le cose andavano per il verso giusto, succedeva qualcosa di spiacevole.

Ed era quello che sarebbe successo anche quel giorno.

Uscii dalla doccia sorridendo, poi mi cambiai molto velocemente.

Una volta fuori dal bagno, suonarono alla porta.

- Federico, ma secondo te, perché ti ho dato le chiavi? - esclamai mentre aprivo la porta. Ma sulla uscio non c'era Federico. Tentai di chiudere Matteo fuori, ma era più forte di me e riuscì ad entrare.

- andiamo Camilla, perché mi tratti così? -

- cosa vuoi Matteo? - chiesi acida, allontanandomi da lui.

- mmm...fammici pensare. - si accarezzò il mento con fare pensoso. - ci sono! - mi fissò intensamente. - te. - sbarrai gli occhi. In pochi secondi me lo ritrovai vicinissimo. Mi prese per i fianchi i mi avvicinò ancora di più a se poggiandomi delicatamente al muro del salone. - te l'ho detto uno dei primi giorni di scuola che sei bellissima. E ieri che se voglio una cosa la ottengo, sempre. - iniziò ad accarezzarmi tutto­ il corpo, mentre io tremavo. Provai a staccarmi, ma mi tirò uno schiaffo in pieno viso.

Aspettando la felicitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora