17 I still remember how it all changed

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17 I still remember how it all changed

Il giorno dopo mi svegliai più stanca del solito.

Non avevo quasi la forza di alzarmi.

Era domenica, sarei potuta rimanere allungata a letto tutto il giorno, ma poi mi ricordai che quella mattina sarei dovuta uscire, così mi alzai e, dopo aver preso il cambio, mi diressi verso il bagno.

Non sprecai nemmeno una manciata di secondi per vedere il mio corpo, mi faceva troppo ribrezzo.

Una volta cambiata andai in cucina, dove c'era mia madre intenta a prepararmi la colazione.

- mamma, io esco. - le comunicai, schioccandole un bacio sulla guancia.

- dove vai? Con chi vai? - chiese preoccupata. Decisi di sparare il primo luogo e il primo nome di una compagna di classe che mi passarono per la mente.

- vado con Sara al parco. - che poi, perché avevo detto proprio Sara? Mi stava antipatica!

- okay. - mia madre sembrava convinta. - in questo periodo esci spesso, non è che trascuri un po' lo studio? - chiese.

- no. - mentii.

- mmmm... Vabbè. Vieni, è pronta la colazione. -

- non ho fame e poi vado di fretta. Ci vediamo dopo. -

- ma... - non le diedi il tempo di finire la frase che avevo già chiuso la porta di casa alle mie spalle.

Non potevo sprecare altro tempo.

Ero già in ritardo.

Questa volta non avrebbe sorvolato.

Era già la terza volta di seguito.

Ci sarebbe andato giù pesante e lo sapevo fin troppo bene.

Con un peso al cuore, mi diressi verso la casa. La casa dove avevo firmato la mia condanna a morte.

Di fronte a quella casa c'era un parco.

E lì lo vidi, più bello che mai. Mi dava le spalle, per fortuna. Se mi avesse visto, non avrei saputo come affrontarlo. Eppure, solo vedere i suoi capelli mossi dal vento mi fece perdere un battito.

Dio, come era bello.

Lo amavo.

Si, ormai era chiaro come il sole.

Non era più una semplice cotta di un'adolescente, lo amavo veramente.

E lui?

Mi amava?

Decisi di non darmi una risposta, non volevo soffrire di più, ed entrai in casa...

****

Uscii da lì solo due ore dopo, distrutta fisicamente e moralmente.

Ma lui era ancora lì.

Che fare?

Ignorarlo.

Si, era la cosa migliore da fare per il momento.

Superai il parco e mi incamminai verso casa.

- Camilla! - ecco, mi aveva visto. Mi voltai, fingendo stupore nel vederlo e gli sorrisi.

Aspettando la felicitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora