4 I feel bad every day because of him

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4 I feel bad every day because of him

‘perchè esiste la scuola? Nessuno la sopporto, è completamente inutile!’ i pensieri sulla scuola di prima mattina trovavano sempre uno spazio nella mia mente.

Mi alzai dal letto e mi avviai, strisciando i piedi, verso la cucina.

Sentii l’acqua della doccia scorrere, segno che mia madre si stava lavando.

Presi una tazza e la misi sul tavolo. Poi presi del latte e lo versai nella tazza quanto ne bastava per creare un leggero velo sul fondo. Feci girare la tazza in modo che le pareti si bagnassero di latte.

Poi presi alcune briciole dal pacco di biscotti che c’era sul tavolo e le gettai nella tazza. ‘et voilà! Ho fatto anche colazione! Anzi, manca ancora una cosa!’ presi un cucchiaino, lo misi in bocca e dopo lo poggiai dentro la tazza. ‘perfetto!’

L’acqua della doccia scorreva ancora, sicuramente mia madre non avrebbe sospettato di nulla.

Andai in camera mia e presi i vestiti.

Poi andai al bagno, dal quale mia madre era appena uscita, e mi cambiai.

Dover vedere quelle ferite mi fece star male.

Giulia aveva ragione: “le cicatrici rimarranno, e ogni volta che le vedrai ricorderai tutto. Sentirai dentro un dolore quasi impossibile da sopportare per quanto grande.”

Perché?

Perché quell’uomo mi aveva picchiata?

Perché mi aveva procurato ferite così grandi?

Perché dovevo vederle tutti i giorni quando mi guardavo allo specchio?

Perché dovevo arrivare ad odiare il mio fragile corpo per quanto era lacerato?

Tutte domande a cui non avevo una risposta.

Sapevo solo che quell’uomo non era un uomo.

Era un essere spregevole, che non aveva nessun diritto di rovinarmi la vita per sempre.

Non aveva nessun diritto di privarmi della mia purezza.

Sentii qualcosa bagnarmi la mano che era poggiata sullo stomaco.

Solo allora mi resi conto di star piangendo.

Mi sedetti a terra e lasciai che le lacrime scendessero libere.

Ero sola, nessuno avrebbe visto la mia debolezza.

Sentii una fitta al petto, leggermente spostata verso sinistra.

Stavo male ogni giorno a causa sua.

Quasi non riuscivo ad andare avanti per il macigno che stanziava nel mio cuore.

Mi faceva sentire uno schifo.

Mi faceva sentire un giocattolo usato e poi gettato.

Perché era quello che quell’essere faceva.

Mi usava e poi mi gettava all’angolo della strada.

Riuscivo a malapena a camminare, le forze mi mancavano e spesso mi capitava di addormentarmi sul marciapiede.

Tutto era scomparso, tranne le ferite, che mi ricordavano la mia sofferenza.

Volevo solo un po’ di felicità, chiedevo troppo?

Forse si, perché quella felicità tanto ambita non arrivava mai, c’era sempre qualcosa che rovinava tutto.

Io continuavo a sperare, anche se lei non c’era sapevo che prima o poi sarebbe arrivata.

Sapevo che avrebbe portato un po’ di luce nella mia semplice vita.

Forse era già arrivata quella luce.

Forse dovevo solo aprire il cuore e farla entrare.

Aspettando la felicitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora