23 Please, don't leave me alone

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23 Please, don’t leave me alone

Verso le sette Federico mi riaccompagnò a casa.

- ci vediamo domani. - disse sulla porta, per poi darmi un bacio sulla guancia.

- a domani. - lo guardai allontanarsi, poi entrai in casa.

Mia madre mi venne incontro.

- tesoro, come è andata? - le sorrisi.

- dannatamente bene. - risposi sospirando.

- mmmm… -

- mmmm, cosa? - chiesi, senza abbandonare il mio sorriso.

- mmmm niente. -

- d’accordo. Vado in camera mia. -

Salii i gradini velocemente e entrai in camera mia. Trovai Micky vicino alla scrivania, così lo presi e mi buttai, per quanto mi fosse possibile, sul letto. Mi misi ad accarezzarlo delicatamente mentre lui iniziava a fare le fusa.

- sono così felice, niente ora potrebbe andare storto. - mormorai.

Ma mi sbagliavo. Oh, se mi sbagliavo.

Rimasi per un po’ sul mio letto continuando ad accarezzare il mio gattino, poi, quando mia madre mi chiamò, scesi a mangiare.

- ciao papà! - dissi, quando entrando in camera da pranzo lo vidi.

- ciao cara. Come è andata la giornata? - gli sorrisi.

- splendidamente. A te? -

- ah, come al solito. Sbaglio o la nostra piccolina è veramente felice? - disse poi, rivolgendosi a mia madre.

- eh già. - sospirò lei.

Mi sedetti a tavola sempre sorridendo, e solo in quel momento mi resi conto che la televisione era acceso. C’era il telegiornale.

E lì, lo vidi.

Era lui, non c’erano dubbi.

Lo avrei riconosciuto sempre e ovunque.

Quella barba un po’ abbozzata, gli occhi verdi e i capelli neri. E poi quel suo maledetto sorriso, meglio definito come ghigno.

- …circa due mesi fa, quest’uomo venne arrestato per violenze sessuali e maltrattamenti  ricorrenti nei confronti di una ragazza sedicenne… -

- forse è meglio se spegniamo. - disse mio padre. Ma gli feci cenno di no con la mano, volevo sapere.

- …oggi, dal carcere, ci è arrivata notizia che è evaso. Vi terremmo… -

Non sentii più nulla, quello mi era bastato.

Il mio cuore si fermò.

Tutta l’allegria che avevo avuto fino a quel momento scomparve, lasciando il posto alla dolore.

Poi, il mio cuore riprese a battere, più veloce di prima.

Il mio respiro si fece pesante, sentii un dolore al petto.

Mi portai una mano al cuore, nel tentativo di farlo rallentare, ma niente. Sembrava voler uscire dal mio petto.

Il mio sguardo era perso nel vuoto.

I miei genitori mi stavano dicendo qualcosa, ma non li sentivo. Pensavo solo a ciò che avevo appena sentito.

Come aveva fatto quel mostro a scappare?

Quello doveva essere un carcere di massima sicurezza, diamine!

Non potevano lasciarsi scappare i detenuti così.

Aspettando la felicitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora