6 We both love Simple Plan

1.8K 43 0
                                    

6 We both love Simple Plan

Le ore prima della ricreazione passarono molto velocemente.

Durante la ricreazione decisi di andare in classe di Giulia, per vedere come stava.

- scusate - dissi una volta arrivata davanti la sua classe. - c'è Giulia? - tutti, e quando dico tutti intendo proprio tutti, sgranarono gli occhi. - c-che c’è? - chiesi titubante.

- sei una sua amica? - chiese un ragazzo molto alto, forse due metri. Annuii. - wow, Giulia ha un’amica! -

- che c’è di strano? -

- lei è un’asociale. Non ha amici. - rispose una ragazza che sarà stata la metà del ragazzo di prima. - Comunque sta al bagno qui di fronte. Ci va sempre, anche se nessuno ha capito ancora il perché. -

- grazie mille. -

Mi precipitai al bagno. ‘Se si fosse già tagliata? Se si stesse tagliando in questo momento?’ Non potevo permetterglielo. Dovevo farla guarire da quella dipendenza.

Spalancai la porta, e la trovai seduta a terra con le gambe al petto in lacrime. Ma non aveva niente di affilato in mano, solo un foglio. Alzò lo sguardo e mi vide. Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lei. Notai che quel foglio era una foto, la foto di una bambina che avrà avuto si e no sei anni. Assomigliava molto a Giulia.

- cosa è successo? - le chiesi. Prese un respiro profondo, per poi guardarmi negli occhi. Provò a smettere di piangere, ma non ci riuscì. I suoi occhi erano spenti, più spenti dell’altra volta. Indicò la foto.

- m-mia sorella…è…m-morta… - sussurrò. Poi ripiegò la testa sulle ginocchia e diede via libera alle lacrime.

Non sapevo cosa dirle. Forse qualcuno avrebbe optato per un: “mi dispiace”. Ma cosa se ne faceva di un “mi dispiace”? Niente di niente. Avrei solo rigirato il coltello nella piaga. E sicuramente non le avrebbe riportato la sorella.

- come si chiamava? - chiesi un po’ titubante.

- Gioia. Le si addiceva proprio il nome, sempre così felice. Io vivevo ancora per lei, grazie a lei. Ora non so che fare, nulla ha più senso! -

- tranquilla, ci sono qui io. - alzò lo sguardo e mi sorrise.

- perché ti preoccupi per me quando hai già i tuoi problemi? -

- non lo so, voglio aiutarti. Forse lo faccio proprio per non pensare alle mie difficoltà. -

- sai, quando me lo hanno detto, ho avuto la tentazione di prendere la lametta del rasoio di mio padre. Ero a casa da sola, niente avrebbe potuto fermarmi. Quando però l’ho presa ho ripensato a quello che mi avevi detto: “non odiarti, anche se pensi il contrario non meriti di soffrire.” E sai cosa ho fatto? - scossi la testa. - ho posato la lametta. - le sorrisi.

- sono molto fiera di te. -

- grazie. - in quel momento suonò la campanella.

- scusami, ma ora devo proprio andare. Non credo di poter usare a vita la scusa del dolore alla schiena con i professori. - ‘e con Federico…’

- va bene. Ci vediamo in giro. -

- sicuro! Ciao. - uscii dal bagno e mi diressi verso la mia classe. Fortunatamente la professoressa o il professore che doveva venire non era ancora arrivato.

Dopo dieci minuti di anarchia totale, arrivò una bidella.

- ragazzi, non c’è il professore. Dovete andare giù in aula magna. -

Delle urla di gioia si levarono dalla classe.

Scendemmo giù in aula magna come dei bufali. Federico mi stava vicino, e come al solito mi portò lo zaino.

Aspettando la felicitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora