10 She is important to me

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10 She is important to me

FEDERICO

Quella ragazza mi mandava in tilt.

Se avevo lei vicino non riuscivo più a connettere.

Avevo fatto anche la figura del perfetto deficiente, quello che si scorda pure di avere un impegno.

Ma a me sinceramente di quell’uscita non importava.

Sarei voluto rimanere lì, vicino a Camilla per sempre.

Il modo con cui spiegava era fantastico, avevo capito tutto perfettamente.

Ma alla fine non mi importava nemmeno quello.

Era fantastico vederla scostare i capelli biondi che delicati le ricadevano sulla guancia.

Vederla sorridere mi faceva perdere almeno un battito.

Quando girandosi verso di me, perché mi ero incantato a guardarla, incontrava il mio sguardo, lo distoglieva in imbarazzo, mi faceva sorridere.

E quando si mordicchiava il labbro inferiore non riuscivo a non pensare di volerla prendere tra le mie braccia e baciarla.

Ormai era chiaro e tondo: mi piaceva. Eccome se mi piaceva!

Me lo aveva ripetuto anche Simone svariate volte: “amico mio, ti sei preso una bella sbandata per quella là!”

E tutte le volte che lo riprendevo perché la chiamava “quella là” mi diceva che quella era la conferma.

Ed era vero. Mi piaceva veramente.

Non riuscivo a stare senza di lei.

Quando si allontanava sentivo dentro di me come un vuoto.

Non mi era mai successo di provare queste sensazioni.

Ero stato con tante ragazze, ma nessuna mi aveva fatto sentire in quel modo.

Nessuna mi toglieva il fiato ogni volta che sorrideva.

Nessuna mi faceva battere il cuore all’impazzata appena la vedevo.

A nessuna mi ero affezionata così tanto in così poco tempo.

Lei era speciale.

Era diversa.

Era importante per me.

Era diventata il mio tutto.

Il suo sorriso debole, spesso finto per nascondere il dolore, era il mio ossigeno.

Mi serviva per andare avanti.

Cosa mi stava facendo Camilla?

Non lo capivo, ma mi stava cambiando…

****

Tornai a casa da quella noiosissima cena verso l’una.

Ma non avevo ancora sonno. Così presi il mio mp3 e misi una canzone dei Simple Plan.

No matter what I do

I can't make you feel better

If only I could find the answer

To help me understand

Qualsiasi cosa facevo non riuscivo a farla parlare. Teneva tutto dentro e soffriva. Avrei tanto voluto farla stare meglio…

Sometimes I wish I could save you

And there's so many things that I want you to know

Volevo salvarla, salvarla da quella situazione di totale tristezza che l’opprimeva. Le avrei voluto ripetere un milione di volte che di me si poteva fidare e che l’avrei aiutata qualsiasi cosa fosse successa.

I want you to know that

If you fall, stumble down

I'll pick you up off the ground

If you lose faith in you

I'll give you strength to pull through

Tell me you won't give up

Cause I'll be waiting if you fall

You know I'll be there for you

‘Io ci sarò per lei. L’aiuterò nei momenti di difficoltà. L’aiuterò a superare quel dolore che l’affligge. Se cadrà io starò lì per aiutarla a rialzarsi, più forte di prima. Se perderà la fiducia in se stessa, la aiuterò a ritrovarla. Cercherò di far svanire tutta la sua insicurezza  che la sminuisce. Non voglio più vederla triste. Voglio solo farla sorridere. Riuscirò prima o poi a far smettere ai nostri compagni di classe di insultarla, perché una ragazza come lei non merita di ricevere così tante offese.’

Con tutti questi pensieri in mente mi addormentai, sorridendo come un ebete.

****

Il giorno dopo mi svegliai senza la minima voglia di andare a scuola.

Si ben chiaro, a me non va mai di andare a scuola, ma quel giorno non mi andava particolarmente. Avrei voluto dormire di più di cinque povere ore!

Mi girai dall’altra parte del letto, dando le spalle a mia madre che provava a farmi alzare.

- Federico, forza! Non farmi arrabbiare e alzati! -

- non mi va… -

- devi andare a scuola! Guarda che se non ci vai ti tolgo la PSP! - appena pronunciò quelle parole, scattai in piedi. Io, senza PSP, non vivo! - bravo, così ti voglio. Ora vai a fare colazione. -

Scesi le scale e andai in cucina. Lì trovai mio fratello, intento a mangiare dei cereali.

- hey Giacomo! - alzò lo sguardo dalla tazza e mi guardò sorridendo.

- fratellino, ben svegliato! Cosa ti porta qui a quest’ora? -

- la minaccia di non poter più avere la PSP. - borbottai.

- eh, quando avevo la tua età… -

- e non parlare così, mi ricordi tanto un vecchietto! Ti ricordo che comunque hai solo tre anni in più di me, non venti! - scoppiammo a ridere.

- va bene, va bene. Volevo solo dirti che la mamma usa sempre questa minaccia, la usava anche con me. -

- sai che me ne frega! - esclamai mettendo in bocca un cucchiaio di cereali. ‘chissà se a Camilla piacciono…’

- scusami! Oggi siamo nervosetti, eh? - lo fulminai con lo sguardo. - allora, chi è la ragazza? -

Per poco non mi fece strozzare con i cereali. Li sputacchiai tutti sulla tovaglia, senza curarmi del fatto che mia madre l’aveva appena messa.

- c-cosa?! -

- oh, andiamo, c’è una ragazza, si vede! Da quando è incominciata la scuola hai sempre la testa tra le nuvole e sei nervoso. Tu non sei MAI nervoso. Lo sei solo se non sai come comportarti con qualcuno. Anzi, qualcuna. - calcò particolarmente la “a”.

- va bene, c’è una ragazza. Ma non saprai di più. - e così dicendo mi alzai, lasciando Giacomo a bocca aperta.

Andai in camera mia e prendendo la prima maglietta e il primo paio di jeans che trovai, mi diressi verso il bagno, dove mi feci una doccia fredda.

In una mezz’oretta ero pronto e, senza aspettare mio fratello, uscii e andai a scuola.

Aspettando la felicitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora