19-Light Eyes.

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'..C'è un bene bianco che sta sul fondo..
Un bene che non mi prendo..
É come un vuoto che sfonda il cuore..
É un modo per non dire..
Ma sono giorni lenti che non passano..
Ma sono notti brevi che tagliano..
Mi sogno le parole che sono belle..
Ma sono le bugie sotto la pelle..
Il resto non lo so neanch'io..
Il resto non lo so nemmeno io..
Ma ghiaccio e acqua..
Ghiaccio e acqua mi bastano..
Ma ghiaccio e acqua..
Ghiaccio e acqua mi cullano..
Dove non sei, come un abbraccio lungo e gelido che brucia..
Però nell'acqua il ghiaccio mi dimentico...
Più non mi vedi più mi nascondo..
Finchè mi mangia il mondo..
Per te diventerò invisibile così saró..
Sarò come mi vuoi..
Così non sarà colpa mia..
Così non sarà solo colpa mia..
Ma ghiaccio e acqua..
Ghiaccio e acqua mi bastano..'

Alcune scie di luci filtravano dall'ampia finestra segno che il mattino era già alle porte, uno strano profumo la costrinse a storcere il naso un paio di volte, così si rigiró nel letto per riuscire a prendere di nuovo sonno.
Si sentiva stanchissima e almeno dormendo sarebbe riuscita a far alleviare quel mal di testa lancinante che la stava tormentando.

Nulla, proprio non riusciva a dormire, quel profumo la stordiva fortemente e alla fine provó ad aprire gli occhi lentamente.
Sbatté piano le palpebre e con una lentezza estenuante si tiró su a sedere.

In un primo momento sbadiglió e stava per alzarsi come ormai tutti i giorni, allungó la mano verso la sua sveglia per vedere che ora fosse ma quest'ultima non c'era.
Si voltó a guardare e vide un comodino che non era suo, scattó con gli occhi per tutta la stanza e sobbalzó nel vedere una camera che non era la sua.

Era comodamente seduta su di un letto enorme, l'ampia stanza era occupata da un maestoso armadio a quattro ante pieno di specchi, i due comodini grigi accanto a letto erano di legno puro, la grande finestra permetteva alla luce di illuminare la stanza e il grande specchio che regnava sul mobile pregiato dove accanto se ne stava una poltrona in pelle nera, le mostró il suo riflesso.

Dov'era? E come ci era arrivata lì?
Stava andando letteralmente nel panico ed il mal di testa non l'aiutava per niente.
Poi un sorriso, un meraviglioso sorriso le balenó in mente costringendola ad imbambolarsi e fissare un punto indefinito della stanza.

Randy..
Ricordava solo di esser andata in un locale con Saraya e che questo locale si era rivelato pieno di atleti e divas, compreso lui.
Aveva bevuto un goccio del suo liquido trasparente, non sapeva nemmeno cosa fosse e poi quella vipera le aveva chiesto di ballare per lui.
..'Balla per me, sweet'..
Dopo quella frase sussurrata al suo orecchio con voce tremendamente roca non ricordava nulla più, il buio.

Immediatamente si controlló e tiró un sospiro di sollievo nel vedere che indossava ancora i suoi vestiti, quelli della sera precedente.

«Tranquilla.» la voce così roca e divertita di lui la fece sobbalzare. «Non ti ho fatto nulla, te lo ripeto... Mi servi sveglia per quello.» entró in stanza con il suo solito ghigno e la sua solita disinvoltura.

La mora si voltó verso di lui e subito ne rimase ammaliata, la vipera con non curanza era entrato in camera con solo un asciugamano in vita.

Com'era possibile che tanta bellezza fosse concentrata in un solo ed unico essere umano?
Com'era possibile che non trovava altro aggettivo da affibiargli oltre a 'perfetto'?

Le dava le spalle e lei poté osservare la maestosità dell'imponente tatuaggio che copriva le sue possenti spalle. Quel gioco di linee che quasi finiviano col formare un cuore, quella schiena così piena di cicatrici e lividi dovuti ai troppi match disputati in dieci anni di carriera.
Scostó le coperte e non badó al brivido che le percorse la schiena al contatto con il freddo pavimento anzi, se ne fregó e avanzó verso di lui intimorita ma sicura di volersi avvicinare.

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