Avere Michael accanto lo aveva sicuramente cambiato, perché ora anche lui tendeva a vedere il bicchiere mezzo pieno piuttosto che quello mezzo vuoto. Trovava più senso nella vita che conduceva, trovava sicurezze in cose che prima sapeva non gli avrebbero dato conforto e perfino la scuola non andava così male.
Aveva da poco cominciato il terzo anno, durante l'estate aveva chiesto a Giulia di uscire e Michael era tornato anche questa volta dalla sua estate inglese.
Sua madre era saltata di gioia quando Federico le aveva detto che si era innamorato di Giulia. Lei adorava quella famiglia e di conseguenza anche la ragazza. Quando Federico la portò a casa e la presentò come la sua ragazza, sua madre preparò una torta. Forse era esagerata, ma era bello vedere sua madre così felice per lui.
Anche Michael era felice per lui, continuava a ripeterglielo, era solo un po' triste di non poter più passare ogni pomeriggio insieme. Poi, forse perché si sentiva solo o perché si era veramente innamorato, anche lui si trovò un ragazzo. Uno del suo stesso anno, di un altro istituto, un gay non dichiarato. Lo stesso ragazzo con cui aveva passato una notte di passione dopo il concerto dei Rolling Stones. Si erano sentiti un po' dopo quella notte ma solo a fine estate avevano riallacciato i rapporti. A Federico non piaceva molto, soprattutto perché voleva tenere la loro relazione nascosta, ma se Michael era felice, lo era anche lui.
"Questo sabato sera che fai?" chiese Michael un pomeriggio. Era inverno, il Natale era ormai dimenticato alle loro spalle e loro erano ancora una volta nell'appartamento di Michael a studiare per le nuove verifiche.
"Vado a cena da Giulia, è il compleanno di sua mamma e mi hanno invitato".
"Ah, okay" fu l'unica risposta che ricevette da Michael, il quale riprese subito a studiare. Federico non fece passare per inosservato quel tono.
"Stai bene Mik? Sei strano ultimamente".
"Sto bene. L'ultimo anno è difficile".
La conversazione si chiuse lì e un'ora dopo Federico si ritrovò quasi sbattuto fuori da un Michael che aveva improvvisamente ricordato un impegno con André, il suo ragazzo. Federico cercò di non prendersela troppo, probabilmente era solo stressato per la maturità, perché credeva che se avesse avuto problemi con il suo ragazzo, glielo avrebbe detto.Due settimane dopo ricevette una chiamata alquanto allarmante nel cuore della notte.
Prima di prendere il cellulare guardò l'ora. Le 3:29. Cominciò subito a mandare maledizioni al pazzo che chiamava a quell'insana ora notturna.
"Pronto?" sussurrò, il tono già arrabbiato che rimbombava sotto le coperte.
"F-Fede?".
Bastò quello a svegliarlo. Si sedette in un secondo, occhi spalancati e il cuore a mille. Era Michael, aveva la voce spezzata e poteva sentirlo piangere.
"Mika! Che succede? Stai bene?".
"N-no. Sono a c-casa. Io...lui...".
Non finì la frase e qui Federico capì. Cominciò a vestirsi freneticamente.
"Mik, respira. Cos'è successo?".
"Io...oh, God, I need you, please. Puoi venire?".
"Dieci minuti e sono da te. Ti squillo quando sono sotto".
Mise una tuta pesante e un maglione di lana, prese le chiavi della bici e di casa e prima di uscire si bloccò. Pensò per un secondo e quel secondo gli bastò per tornare al piano superiore e svegliare la madre.
"Ma'...mamma, sveglia..." sussurrò il ragazzo. Deborah si sveglio quasi subito e guardò preoccupata il figlio.
"Federico...che succede? Stai male?".
"No io no, ma Michael sì. Mi ha appena chiamato, vado da lui".
"Che è successo? Vengo con te, devi portarlo in ospedale?". Stava quasi per scendere dal letto ma Federico la fermò. Non era un segreto che Michael vivesse da solo e Deborah cominciò ad agitarsi.
"No, no mamma, non credo sia ferito, se no avrebbe chiamato l'ospedale, no?". La madre non sembrava convinta, così s'inventò una scusa. In fondo lui voleva solo avvisarla, non farla venire. "So che ha problemi a casa, mi sa che è successo qualcosa e ha bisogno di un amico. Quando arrivo da lui ti scrivo se serve aiuto".
La madre lo lasciò andare e Federico prese la bici e sfrecciò dall'amico. Non sapeva veramente cosa aspettarsi, se un Michael veramente ferito in fin di vita, o uno appena lasciato dal suo ragazzo. La sua voce al telefono, però, prospettava qualcosa di serio.
Arrivò da Michael, squillò e il portone si aprì. Saltò i gradini tre alla volta per arrivare all'ultimo piano il prima possibile. L'ascensore era rumoroso e lento, lui doveva raggiungerlo subito.
Appena entrò nell'appartamento si ritrovò un Michael disperato, sanguinante e in lacrime tra le braccia.
"Mik...Mik, guardami, ti prego. Mika. Michael". Federico riuscì a fargli alzare la testa nascosta nel suo abbraccio e lì vide il suo mondo crollare. Aveva il visto ricoperto di lividi, sangue che fuoriusciva dalla bocca e i suoi vestiti raccontavano solo la medesima storia. Qualcuno lo aveva picchiato.
"Dio, Michael. Chiamo mia mamma, ti portiamo in ospedale" disse tirando fuori il cellulare. Michael lo fermò, in preda al panico, e le sue lacrime aumentarono.
"No, no, no, please don't. Io sto bene, no ferito grave. Ho solo...ho bisogno di te".
"Come fai a sapere che stai bene? Potresti avere costole rotte, una commozione cerebrale!".
"No, no, sono s-sicuro. Ti prego. Voglio solo stare qui, con te".
Federico lo guardò un'altra volta, ancora più attentamente, prima di annuire. Non sembrava star così male da aver bisogno di un ospedale, o almeno lo sperava. Disse a Michael che avrebbe solo avvisato la madre che stava bene e poi potevano parlare.
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Amore che vieni, amore che vai
FanfictionIn un mondo alternativo dove Federico conosce un certo Michael alle superiori, dove Michael fa scoprire nuove emozioni a Federico, dove imparano a diventare Mika e Fedez. Midez!AU WARNING: questa fanfiction è piena di angst. Forse anche troppo. Chie...