24. // una realtà intrecciata a lenzuola vissute

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Sapeva che sarebbe stato difficile, si era preparato a quello e Michael lo aveva preparato a quello. Forse più che preparato lo aveva tartassato di domande, continuava a chiedergli se fosse veramente sicuro e quando lui si sentì meno impaurito del mondo fuori da quell'appartamento, fece il suo coming-out personale; cominciò ad andare in giro per la città con Michael stretto alla sua mano. Era difficile, perché gli sguardi c'erano e la sua indole innata per l'ansia non lo aiutava, ma poi Michael gli sussurrava qualcosa di dolce o gli mostrava qualche strano vestito in vetrina e lì non poteva non sentirsi felice di avere quella persona accanto. La paura sarebbe andata via, prima o poi.
I suoi amici lo emarginarono un po' e Federico notò che questo non lo ferì più di tanto, forse perché la maggior parte erano solo colleghi di lavoro – lavoro che aveva intenzione di lasciare, comunque.
Quei pochi amici che aveva ancora, come Alessandro, la presero bene. Forse un po' troppo.
"Eravate un po' troppo amici in effetti. Devo dire che i miei dubbi ce li avevo, ma pensavo me lo avresti detto" aveva detto Alessandro quella volta che Federico aveva deciso di dirgli tutto.
"Avevo paura".
"Che ti giudicassi? Sapevo di Michael e mi è sempre piaciuta come persona".
"Non tanto per quello. Non ero pronto a lasciarmi andare forse. Io ci ho messo anni ad ammetterlo a me stesso".
"Vuoi dire che per tutto questo tempo non sapevi di essere gay?".
"No! Non quello. Ci ho messi anni ad ammettere il fatto che amassi Michael più di Giulia. È stato...non lo so, è stato tutto così complicato. Comunque sono bi, non gay".
"Bi, gay, etero,  a me non importa, Fede. Se adesso sei felice, veramente felice dico, allora va tutto bene". Federico sorrise quando l'amico gli strinse la spalla. Alessandro capiva sempre.
Trasformò la stretta in una pacca sulla spalla e con poca grazia aggiunse "Andavi a fartelo nei bagni della scuola, non è vero?". Federico quasi si strozzò col caffè, e il suo arrossire fece capire ad Alessandro che ci aveva azzeccato in pieno.

Sua madre non cambiò idea. Dopo circa tre mesi Stefano andò a trovarli nell'appartamento che ormai era diventato loro. Federico era agitato, spaventato, ma quando fece entrare suo padre si sentì quasi calmo.
"Accomodati" disse Federico portandolo in cucina. Stefano si prese il suo tempo, lanciando un occhio in giro per vedere la sua nuova realtà.
In soggiorno poteva vedere il computer di Michael e accanto le cuffiette di Federico ancora attaccate all'iPod. Sul divano vi era una maglia dimenticata e accanto alla porta giacche solo maschili. Andando verso la cucina intravide una stanza aperta e buttando un occhio dentro vide che era la camera da letto. Le lenzuola erano disfatte, poteva quasi vedere i comodini pieni di effetti personali e forse fu quello a fargli capire che suo figlio aveva davvero una relazione con un altro uomo. Stefano sentì uno strano subbuglio nello stomaco ma questo non lo fermò dal raggiungere il figlio in cucina. Michael era appoggiato al bancone della cucina e davanti aveva una teiera e tre tazze fumanti. Stefano sorrise. Era proprio inglese.
"Ciao Michael" disse sorridendo e Michael ricambiò il saluto con un altro sorriso. Si sedettero e parlarono del più e del meno, ma per poco. Federico andò subito al dunque.
"Mamma come sta?" chiese. Stefano sospirò e si grattò un braccio, cosa che faceva ogni volta che non sapeva come dire una brutta verità. "Papà, sii sincero. Anche se fa male, ti prego".
"Non sta bene" cominciò. "Non va più in parrocchia perché ormai tutti sanno di voi, ne parlano anche le riviste italiane, soprattutto quelle a cui mamma è abbonata. Non sta reagendo bene".
Federico si immaginò una pila di riviste nel camino, immerse dalle fiamme e dal pianto della madre. Forse era drammatica come immagine ma era convinto che fosse abbastanza vicino alla realtà.
"Qualcuno della parrocchia è andato a trovarla?".
"Sì, qualcuno le dice che guarirai, altri che non è colpa sua".
Michael allungò una mano e strinse quella di Federico, perché quelle parole non erano di certo facili da accettare.
"Non è colpa sua".
"Ma lei lo pensa, Federico. Pensa di aver sbagliato perché questo non rientra nella nostra normalità".
"Perché la società ci ha fatto credere che questo non sia normale!".
"E voi come fate a sapere che questo è normale?". Quella domanda non se l'aspettavano, nessuno dei due, perché pensavano che lui capisse, che fosse almeno un po' dalla loro parte.
"Perché è amore" rispose Michael quando vide Federico troppo spiazzato per rispondere. "Tu come fai a sapere che quello che provi per Deborah è amore?".
Stefano sorrise e lo indusse a continuare, perché in quel momento non sapeva come rispondere.
"Tu sei cresciuto sapendo che avresti amato una donna, io sono cresciuto sapendo che avrei amato un uomo. È qualcosa dentro di noi, non si può spiegare. Alcuni crescono sapendo che potranno amare sia uomo che donna, come Federico. È amore il nostro, così come il vostro".
Federico strinse la presa sulla sua mano e non pensava di potersi innamorare ancora di più di quell'uomo, eppure era appena successo.
"Forse potrei ripeterlo a Deborah" disse Stefano. "Ma quando comincio non vuole ascoltare".
"Voi come state?" chiese Federico perché più della paura di aver perso la madre, aveva paura di essere la causa di un possibile divorzio. Sapeva che si amavano ma forse avendo il padre dalla sua parte, la madre lo avrebbe respinto e quello non se lo sarebbe mai perdonato.
"Quando provo a parlarle mi respinge, ma è normale. Cerca comunque conforto in me, anche se sa che non la penso esattamente come lei. Non preoccuparti, stiamo bene". Quasi sembrò che il padre avesse letto i suoi pensieri, anche perché gli sorrise a fine frase.
Stefano si fermò a parlare per una buona mezz'ora, poi decise di tornare a casa.
"Potrei ripassare nei prossimi giorni, se non vi dispiace" disse sul ciglio della porta. Federico sorrise e annuì.
"Ci farebbe piacere, papà" rispose.
"Non vi prometto niente ma cercherò di tornare" rispose. Michael si avvicinò a Federico e gli cinse la vita con un braccio. A Stefano non sfuggì quel gesto e notò anche che non riuscì a trattenere un sorriso. Li salutò con la mano prima di scendere le scale. Federico chiuse la porta e in qualche modo si sentì più leggero. Michael lo prese per i fianchi e lo fece girare, appoggiando la fronte sulla sua.
"Stai bene?" chiese.
Federico portò le sue braccia attorno al suo collo e gli stampò un dolce bacio sulle labbra.
"Sì. Va tutto bene".

Amore che vieni, amore che vaiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora