17. Scarlett

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Mi stavo odiando da morire in quel momento. Mi stavo odiando per aver accettato di andare ad un'uscita a quattro con Elisabeth e Adam. E James. Mi stavo odiando per essermi seduta accanto a lui. Mi stavo odiando per non aver protestato di più. Ma, soprattutto, mi stavo odiando perché una parte di me era ansiosa di provare com'era baciarlo.
Per questo ci doveva essere una sola spiegazione: ero impazzita. Completamente impazzita. Da ricovero.
I suoi occhi blu si spostarono su di me e sembravano decisamente sorpresi. Fece per dire qualcosa, probabilmente un altro tentativo di fermare quella follia, ma non gli diedi tempo di farlo: mi allungai verso di lui e premetti le labbra sulle sue stando attenta a mantenerle ben strette.
Lo sentii sussultare, sorpreso, ma non si ritrasse. Eppure speravo che almeno lui avesse un briciolo di buon senso che lo portasse a fermare tutto quello. Invece anche lui sembrava troppo confuso per fare qualcosa di costruttivo.
Nonostante tutto, stava andando abbastanza bene, per modo di dire: ci stavamo limitando ad un semplice bacio a stampo, di quelli che non valgono nulla, quelli che consideri importanti quando hai dieci anni ma che poi cominci a trovare quasi ridicoli anche se li ricordi comunque con una certa nostalgia.
Poi uno di noi due ebbe la brillante idea di provare a schiudere le labbra dell'altro, che non si fece problemi ad assecondarlo. Così mi ritrovai a baciarlo sul serio, con la sua bocca che si modellava sulla mia e il suo respiro che era diventato anche mio, che era diventato nostro. L'idea di condividere qualcosa con lui mi mandò ancora più in confusione, tanto che per un attimo gli lasciai prendere il controllo: fino a quel momento avevo fatto di tutto per mantenermi distaccata, per non farmi coinvolgere e per non far trasparire nessuna emozione.
Adesso invece mi ritrovai a dover soffocare sia una specie di calore che mi stava nascendo all'altezza dello stomaco sia il desiderio di infilargli le dita tra i capelli per tirarlo più vicino a me. Sembrava che fosse lo stesso anche per lui, però, perché sentii la sua mano scivolare verso la mia finché le nostre dita non si sfiorarono. Grazie al cielo si fermò lì, probabilmente perché si rese conto che ci stavamo cacciando entrambi in un guaio enorme: c'erano buone possibilità che Beth ci uccidesse visto che sembravamo, e devo ammettere che lo eravamo davvero, piuttosto presi da quel dannatissimo bacio che non sarebbe mai dovuto esistere.
Non ci avevo prestato molta attenzione, ma mi sembrava di ricordare che i baci che si erano dati gli altri fossero durati molto meno del nostro. E questo voleva dire che stavamo combinando un grossissimo guaio proprio di fronte a Beth e James. In effetti, ci stavamo rovinando con le nostre mani, ma nessuno di noi due sembrava intenzionato a fare qualcosa per risolvere quella scomodissima questione.
Quando, dopo quella che mi sembrò un'eternità, mi allontanai da lui, rimanemmo a guardarci negli occhi per qualche secondo, come se fossimo stati troppo coinvolti per rompere quel contatto visivo o anche solo per guardarci intorno e capire quanti danni avevamo fatto.
Adam aveva le labbra appena arrossate, ed ero certa che anche le mie fossero così. Un altro segnale del fatto che avevamo esagerato. Sentii a malapena l'applauso che fecero gli amici mezzi andati di Cindy, ma sembrò avere un effetto diverso su di lui: sbatté le palpebre e distolse lo sguardo riportandolo sul tavolo.
Mi affrettai a fare lo stesso sentendomi quasi colpevole. E, in effetti, un po' lo ero.

Qualcuno si decise, finalmente, a mettere fine a quello stupido gioco e andare a ballare. Sinceramente, avrei preferito nascondermi in bagno e sperare di sprofondare, ma dovetti accantonare quel piano.
Elisabeth aveva bevuto un bel po' dopo il mio bacio con Adam, come se avesse voluto pensare ad altro. Non potevo darle torto, però continuavo a pensare che avrebbe combinato un casino. Anche Adam aveva bevuto e questa volta non si era mantenuto molto sul leggero, il che raddoppiava il rischio che si creassero situazioni di tensione.
Sorprendendomi, James mi prese per mano e abbozzò un piccolo sorriso. «Ti va di ballare?»
Da qualche parte trovai il coraggio di guardarlo negli occhi. «Sul serio?»
Si strinse nelle spalle. «Sì. Insomma, perché no?»
Scossi appena la testa sentendo un sorriso incerto farsi strada sul mio viso. «Hai ragione. Andiamo.»
Trovammo, per puro miracolo, un angolo libero sulla pista da ballo. Con una sicurezza che non potei fare a meno di trovare un pochino strana per lui, James mi tirò verso di sé e posò le mani sui miei fianchi. Come aveva fatto Adam. Cercando di non pensare a quello che era successo al compleanno di Selena, misi le mie sulle sue spalle e provai a fare un sorriso degno di questo nome.
«Allora... Come va?» Chiese James osservandomi.
«Uh... Bene.» Riposi esitante. «Tu?»
«È okay.» Replicò con voce misurata.
«Senti... Per quello che è successo prima, ecco... Io non volevo, voglio dire...» Cominciai. Era più difficile del previsto mettere insieme una frase sensata che non mi facesse passare per la sadica di turno.
«Non dobbiamo parlarne.» Disse lui. «Cioè, non c'è niente di cui parlare. Sarebbe potuto succedere a me. In fondo, era solo un gioco.»
"Già... Solo un gioco...", pensai poco convinta. «Mi fa piacere che la pensi così. Credevo di aver combinato un casino.»
«Ma no.» Ribatté con un sorriso. «Insomma, mi sembra stupido farne una tragedia. Non è niente di così importante, giusto?»
Annuii anche se non ero sicura che sarebbe stato così facile. Mentre io e James ci muovevamo lentamente fingendo di seguire la musica, mi guardai intorno distrattamente cercando di sfuggire da quell'insistente vocina nella mia mente che sembrava decisa a farmi venire i sensi di colpa.
Dovevo ammettere che quando c'era stato Adam così vicino a me, non ero riuscita a pensare ad altro, a distogliere l'attenzione da lui e dalle sue parole. Probabilmente perché l'istinto mi diceva di tenere alta la guardia, di non lasciargli prendere il controllo della situazione. Con James era diverso, con lui non mi serviva stare sempre in tensione perché lui non aveva idea di cosa fossi davvero, non sapeva che dentro di me si nascondeva qualcosa di pericoloso.
Rimasi quasi a bocca aperta quando vidi Adam ed Elisabeth, stretti l'uno all'altra, appena dietro me e James. Avevano entrambi gli occhi chiusi e si stavano baciando in un modo decisamente poco discreto. Le mani di lui scivolavano sulla schiena di Beth seguendo la spina dorsale dall'alto verso il basso e viceversa; le dita di lei, invece, giocherellavano con il colletto della sua camicia, gli sfioravano il collo, si infilavano tra i suoi capelli...
Mi costrinsi a distogliere lo sguardo mentre risentivo le labbra di Adam sulle mie, la sensazione di averlo così vicino eppure così lontano.
«Va tutto bene?» Domandò James guardandomi con aria preoccupata.
Annuii sperando di essere credibile. «Sì, c-certo.»
Lui aggrottò le fronte, poco convinto, e si lanciò un'occhiata alle spalle: evidentemente aveva notato che c'era qualcosa dietro di lui.
Quando tornò a voltarsi verso di me, aveva le labbra strette e sembrava in imbarazzo. «Fanno sul serio, eh?»
Feci cennò di sì senza guardarlo. «Già. Molto sul serio.»
"Perché non riesco a fare a meno di pensare che andrà male?", mi chiesi combattuta: sarei dovuta essere felice per Beth e per come stava procedendo la sua relazione; invece continuavo ad avere un brutto presentimento non solo su di lei, ma anche su di me.
Forse stavo diventando un po' paranoica con tutto quello stress dovuto all'insistenza di Adam nel volermi conoscere e ai brutti voti in matematica. Sì, doveva essere così: insomma, non ero mica una veggente, come potevo anche solo pensare che la storia tra Beth ed Adam sarebbe stato un disastro? E poi, loro due sembravano andare così d'accordo, Beth era innamorata persa e lui... beh, lui non pareva coinvolto fino a quel punto, però c'era comunque attrazione. Ma sarebbe bastata a mantenere in piedi una relazione?

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