3. Torce, incubi, ombre

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Il fuocherello ardeva vivo in un cerchio di pietre, e il suo suono leggero e crepitante copriva gli altri rumori del bosco notturno. Era ormai il quarto giorno che Mya era nascosta lì, nel punto più fitto della foresta che circondava Tadun, sulle pendici delle montagne. Non si era potuta muovere, non aveva potuto avvicinarsi al villaggio nemmeno per far sapere alla sua famiglia che stava bene. I cavalieri si erano accampati a una cinquantina di metri dal paese e non si erano mossi. Lo vedeva, da là, il loro accampamento: un cerchio di tende grigie circondante un fuoco da campo, e sentinelle ammantate lungo il perimetro. Ogni giorno due di loro uscivano e andavano in paese, e tornavano solo dopo il tramonto.

Mya non sapeva perché, e forse nemmeno voleva saperlo.

Forse non avrebbe dovuto accendere un fuoco con il buio, non era stata una mossa saggia. Gli alberi non erano così fitti da celarne la luce; dal villaggio non l'avrebbero individuata, ma sarebbe bastato che uno dei cavalieri si inoltrasse nella foresta per un quarto d'ora per notare la sua posizione.

Era stata costretta ad accendere quel fuoco per un motivo molto semplice: aveva finito le provviste che si era portata e aveva dovuto cacciare.

Quella situazione la rendeva nervosa. Non sapere cosa stava accadendo le metteva un'ansia costante e fastidiosa. Già un paio di volte aveva rischiato e si era spostata sulla sommità dell'altura dietro cui era nascosta per sbirciare cautamente Tadun, ed entrambe le volte non era riuscita a ottenere informazioni. Voleva dannatamente sapere cosa volessero i cavalieri, perché fossero ancora lì e che cosa diamine c'entrasse lei in tutta quella faccenda.

Quando aveva sentito Jodie parlare dell'arrivo dei cavalieri, il terrore cieco che l'aveva svegliata dal sogno era esploso dentro di lei. Aveva sentito che doveva andarsene e che doveva farlo subito, e senza ragionare aveva seguito quell'istinto. Forse era stata troppo precipitosa, ma la verità era che in quel momento non era stata in grado di pensare, e ora si pentiva della propria scelta. Le dispiaceva davvero tanto per Dane, che aveva voluto essere suo amico. Era andata via in quella maniera, senza guardarlo negli occhi, inventando una scusa... si sentiva tremendamente in colpa. Però sembrava più che felice di poter restare da solo con Jodie. Mya era stanca di ingannare se stessa, aveva notato benissimo come si era illuminato quando l'aveva vista. E non sapeva il perché di tanta amarezza quando ripensava a quel pomeriggio. Jodie era bellissima, non era strana come lei e soprattutto non era maledetta: era giusto che i ragazzi preferissero lei.

Ma che cosa stava pensando?

Era una stupida.

Quando la carne della lepre che aveva catturato quel pomeriggio fu cotta del tutto, Mya, anche se malvolentieri, spense il fuoco. La notte faceva ancora freddo, e lei aveva solo il mantello e la coperta che aveva preso al volo da casa prima di andarsene, ma non poteva permettersi di lasciare acceso un fuoco più di quanto non fosse necessario. Si rassegnò a un'altra scomoda notte di freddi incubi. Si strinse nella coperta e chiuse gli occhi, costringendo i pensieri al silenzio.

Ma, nonostante tutta la sua buona volontà, restò sveglia ancora a lungo a rimuginare, prima di riuscire ad addormentarsi.

***

Rumore di passi. Lievi, si interrompevano spesso. Una persona sola, che non voleva essere scoperta.

Mya era già sveglia e vigile. Si era alzata, aveva ficcato la coperta nella bisaccia in fretta ed era pronta per scappare. Aveva cancellato le tracce del focolare la sera prima. Solo una persona molto esperta avrebbe notato che lì era passato qualcuno.

Aspettò che la persona riprendesse a camminare per muoversi al ritmo dei suoi passi. Certo, lei era capace di essere silenziosa come un'ombra, ma così era sicura che chiunque si stesse avvicinando non avrebbe sentito i suoi passi, coperti dal rumore dei propri.

Aleestrya [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora