Il sole spandeva ovunque i suoi raggi d'oro e fuoco in un glorioso tramonto. Nuvole sfilacciate ardevano nel cielo estivo ormai viola e arancione; il mare era una distesa nera e blu spezzata dai bronzei raggi del sole riflessi dalle onde.
La scogliera bianca, limite ovest dell'isola, era spazzata dal vento che veniva verso il mare. Un ragazzo era seduto sull'orlo del precipizio, i lunghi capelli all'aria; fissava il mare combattere incessante contro la roccia quasi cento metri più sotto, mentre il sole scendeva sempre più sull'orizzonte.
Amava quel luogo. Amava il vento, e i colori del cielo estivo, che al crepuscolo passava dall'azzurro al rosa dorato al viola al blu, e infine diventava nero mentre le stelle si accendevano una a una. E anche la solitudine, finalmente, dopo un'intensa giornata di lavoro.
Quel giorno gli era toccato il turno di guardia. Lui odiava fare la guardia, e naturalmente Temeh lo sapeva. Ogni volta che poteva, gli affibbiava più turni possibile. Quel giorno aveva dovuto stare per l'intero pomeriggio di vedetta sulla torre di segnalazione a est. Lui amava muoversi, correre, combattere; esplorare l'isola e cacciare. Ma Temeh lo odiava, ed era sempre così.
Veniva sempre lì, sulla scogliera, quando era nervoso. Quel panorama aveva il potere di calmarlo. Si sorprendeva a riflettere, a immaginare: chissà cosa c'era al di là del mare. Avrebbe tanto voluto andarci... avrebbe tanto voluto scappare, andarsene da quella maledetta isola, essere libero da Temeh. Anche i Regni lo incuriosivano, sapeva che era da là che veniva, e voleva vederli.
Ma non poteva andarsene. Non prima di aver compiuto la sua missione.
Non prima di aver vendicato suo padre.
«Anser! Dove diamine sei, dannato moccioso!»
La voce portata dal vento gli accese una rabbia di fuoco nell'anima. Si alzò in piedi, voltandosi verso la voce, verso il villaggio.
«Smettila di chiamarmi così, ho quasi vent'anni!»
«E sei codardo più di un bambino di dieci! Dove ti sei nascosto a piangere, stavolta?»
La risata di Temeh echeggiò maligna e crudele. Anser dovette trattenersi dal rispondere a tono, o correre da lui con la spada sguainata. Non era il momento. Doveva aspettare.
Doveva essere sicuro di avere molti degli uomini di Temeh dalla sua parte, prima di affrontarlo, o l'avrebbero ammazzato all'istante.
Così strinse i pugni e ingoiò l'orgoglio, un'altra volta.
***
«Fammi vedere il marchio.»
Keeryahel fissava Myrindar negli occhi, seria e perentoria. La ragazza però esitava. Sapeva che l'Elfa lo faceva per lei, che voleva aiutarla a capire. Ma non voleva slacciare il corsetto e vedere, al centro del petto, invece che la pelle pallida e bianca che aveva sempre sognato il ragno e il teschio, come sempre nella sua vita.
Non l'avrebbe sopportato.
Le avevano offerto la speranza, e ora lei non poteva tornare come prima, se la speranza si fosse rivelata vana.
«Myrindar, è importante.»
La ragazza infine sospirò e annuì. Abbassò il corsetto, quel poco che bastava per vedere una macchia nera sulla pelle. Poi i suoi occhi si riempirono di lacrime.
Scoppiò a piangere come una bambina, le gambe strette al petto, mentre la disperazione la assaliva. Keeryahel le stava dicendo qualcosa, ma non le importava. Era stato tutto inutile.
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Aleestrya [Completa]
FantasyMyrindar ha diciassette anni e un marchio nero sul petto. Una maledizione che l'accompagna da sempre, che le dà il potere di uccidere con il solo tocco. Salvata dal Cavaliere Errante Jahrien dai bassifondi di una città sconvolta dalla guerra, Myrind...