11. Keeryahel

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Il  marchio sul suo petto era come offuscato. Sembrava sfuocato, come visto attraverso un vetro smerigliato.

Si era svegliata dopo l'udienza al Consiglio nel bel mezzo della foresta, con la soffusa luce dorata tutto intorno a lei, senza sapere cosa fosse successo. Jahrien le aveva riassunto in due parole gli avvenimenti, il sigillo di Anishel, il viaggio verso la Sorgente degli Specchi, dove risiedeva l'ultimo retaggio della magia delle Fate, la decisione di Keeryahel di accompagnarli.

La ragazza, sommersa da tutte quelle novità, aveva sentito una strana paura risalire dentro di sé.

Aveva accettato da tempo la maledizione e tutto quello che comportava. Aveva imparato a ignorare quella sensazione di malinconia che spuntava nei suoi pensieri nei momenti meno opportuni, quando era stanca e le barriere della mente meno forti. Aveva persino, alla fine, quasi fatto pace con se stessa, si era rassegnata.

E ora le dicevano che presto il marchio l'avrebbe consumata fino a renderla un corpo vuoto mosso dalla magia? Non poteva sopportarlo.

Jahrien le aveva spiegato che la magia dei Demoni era tutta così, oscura, sempre pronta a sopraffare chi la evocava, immensamente potente ma piena di tranelli. Ma lei quella magia non l'aveva scelta. Le era stata imposta così tanto tempo prima che nemmeno ricordava una vita senza il marchio nero sulla pelle.

Non era giusto. Lei non aveva cercato quella magia, né il potere che le dava. Avrebbe fatto volentieri a meno di entrambi, eppure le toccava sopportare un peso che non aveva mai voluto.

Un peso che ora rischiava di soffocarla con il suo buio.

Due settimane dopo l'udienza in consiglio, Myrindar era sveglia, con la spada a fianco, guardando verso sud, un puntino di braci ormai spente nella sterminata pianura che era l'Impero. Avevano passato il confine quella mattina, ed era stato difficile visto che era strettamente sorvegliato. Ma grazie a una magia di Keeryahel, erano riusciti a passare inosservati. L'incantesimo però costava molte energie, e l'Elfa non poteva mantenerlo a lungo, così, appena varcato il confine e fuori dalla portata dai soldati, dovettero abbandonare la protezione della magia elfica.

In realtà, la pianura era esattamente la stessa in un regno e nell'altro: l'unico cambiamento rilevante dopo aver superato il confine fu la preoccupazione costante di essere individuati. In fondo, erano in territorio nemico; due Cavalieri Erranti dell'Esercito libero e un'Elfa, che galoppavano attraverso le praterie verso sud come se fossero inseguiti dalla morte. Era ovvio che avrebbero attirato l'attenzione, lo sapevano. Ma non potevano fare altro. Non sapevano quanto a lungo sarebbe resistito il sigillo di Anishel, e per raggiungere la Sorgente degli Specchi avrebbero impiegato quasi un mese a cavallo, almeno secondo Keeryahel.

Era il turno di Myrindar di stare di guardia. Probabilmente non avrebbe dormito comunque, troppi pensieri vorticavano nella sua mente, il loro rumore e le loro grida le impedivano di addormentarsi. Cercava solo di non farsi trascinare troppo dalla loro corrente, e restare presente a sé, per cogliere eventuali segnali di pericolo.

Il cielo era coperto, quella notte. Luna e stelle erano nascoste da un sottile velo di nubi che scorreva veloce, sospinto dal respiro dei forti venti di quota. Al livello della terra, il vento era solo una indisciplinata brezza che annodava i capelli della ragazza e si ostinava a tentare di spegnere il piccolo fuoco accanto a cui si era raggomitolata. L'erba alta si piegava e risollevava seguendo la follia di quelle raffiche irragionevoli, prima in una direzione, poi nell'altra. In lontananza, le ombre e luci che disegnavano sagome di piccoli villaggi abbarbicati sull'orizzonte buio. Keeryahel e Jahrien erano due figure scure alla sua sinistra, oltre il fuocherello morente; da una delle due coperte spuntava una treccia castana praticamente sciolta, e Myrindar si sorprese a sorridere, con un lieve velo di tristezza negli occhi.

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