24. Le cose precipitano

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Dal mare spirava un vento infido che sembrava infiltrarsi sotto i vestiti, gravido di umidità, filtrando oltre mantelli, tuniche, corsetti e camicie. Nym a quell'ora del mattino era già sveglia: uomini e donne, nelle piazze, cominciavano ad approntare le loro bancarelle per il mercato; le massaie già si avviavano ai lavatoi per non sprecare le calde ore centrali della giornata; le guardie alle porte della città azionavano i meccanismi per sollevare le massicce grate.

Il sole ancora non si era mostrato sopra le pianure, anche se un lieve chiarore sbiadiva il blu sereno del cielo già da diversi minuti. Myrindar, avvolta strettamente nel suo mantello nero, seguiva Jahrien e Dane, pochi passi più avanti, affiancata da Keeryahel. Il giovane di Tadun non aveva voluto sentire ragioni: aveva detto che nulla lo tratteneva là; era andato a Nym a salutare un vecchio amico e sarebbe dovuto partire il giorno seguente per uno dei villaggi delle pianure, dove aveva trovato lavoro come garzone di un fabbro, ma non aveva mai sopportato quel lavoro, e ora che aveva l'occasione per vendicare ciò che era successo alla sua famiglia nessuno l'avrebbe trattenuto. A nulla erano valsi i tentativi di Jahrien di convincerlo a restare a Nym, al sicuro, così alla fine il Cavaliere Errante si era arreso.

Il porto di Nym era molto grande, rispetto alla città: vi erano attraccate navi di ogni dimensione, persino un veliero sottile dall'aria minacciosa che Myrindar era rimasta a fissare a bocca aperta. Sull'albero sventolava una bandiera azzurra su cui al centro si avvolgeva un drago nero con una spada tra le zampe. Jahrien aveva notato il suo interesse, e le aveva rivelato il significato di quello stemma: corsari. Marinai ingaggiati dai reami liberi per sabotare Dokhet. La ragazza aveva subito distolto lo sguardo, intimidita, ma non prima di aver notato il baluginare delle spade e delle asce appese alle cinture di quei marinai.

Un colpo di tosse la riportò alla realtà. Di fronte a loro stava un uomo rinsecchito, con una folta coda di capelli grigi che si adagiava sulla sua spalla, e il volto segnato dagli anni e imbrunito dal sole. Indossava una semplice giubba grigia e pantaloni larghi infilati negli stivali come gli abitanti di Nym; alla cintura faceva bella mostra di sé una spada dall'elsa disadorna e funzionale e la lama spessa appena ricurva sulla punta.

«Siete voi i ragazzi delle Isole, giusto?» esordì aspro. La sua parlata aveva una cadenza curiosa, diversa sia dall'accento leggermente strascicato di Amikar sia dalle consonanti forti di Yndira.

Myrindar non sapeva cosa Torg avesse detto di loro, così si limitò ad annuire. Jahrien tese la mano all'uomo.

«Lei deve essere Rohaniah.»

Lui la strinse senza troppe cerimonie, poi indicò una delle navi attraccate.

«Partiamo appena sorge il sole per sfruttare la marea. Voi salite e vedete di non intralciare nessuno. Sia chiaro che io non sono per niente d'accordo, per cui non fatemi cambiare idea.»

Nessuno dei ragazzi osò attardarsi o protestare. Quello che dobbiamo fare è troppo importante perché un marinaio scocciato ci fermi, pensò Myrindar. La ragazza posò lo sguardo sulla nave che le era stata indicata.

Era un piccolo veliero probabilmente impeciato di fresco - si sentiva ancora un lieve odore provenire dal suo scafo - su cui svettavano due alberi dotati di vele quadrate, al momento ammainate. La bandiera di Nym sventolava in alto, mentre sul lato si poteva leggere alla scarsa luce la scritta "Drago Bianco" dipinta sulla fiancata. Sulla prua infatti si avvinghiava la scultura lignea di un drago con le fauci spalancate in un ruggito.

Myrindar si stava avvicinando alla nave quando una voce nota interruppe le sue considerazioni. Si voltò e constatò sbalordita che non era stata un'allucinazione: Torg, una spada ricurva al fianco e una sacca sulla spalla, stava parlando con Rohaniah, e non appena finì, si diresse verso di loro.

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