~ EXTRA: Estratto da "Oltre le nebbie del tempo" ~

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Salve a tutti ^^

Oggi volevo proporvi qualcosa di diverso. Aleestrya ormai è completa, ma i miei progetti non si sono fermati qui e, in particolare, non vedevo l'ora di parlarvi di questo! **

"Oltre le nebbie del tempo" è un progetto parallelo che ho portato avanti assieme a HimenoshirotsukiMaddieLys e Nemainn. È una raccolta di ventidue racconti fantasy e fantascientifici, ognuno corredato da un'illustrazione, a tema Arcani Maggiori, il cui ricavato andrà interamente devoluto a Fondazione Telethon per sostenere la ricerca.

Io ho partecipato a questa raccolta con sei racconti e sono fiera di poter dire che il progetto è finalmente diventato realtà! <3 Per festeggiare l'uscita, ho deciso di postare qui un estratto, l'incipit di uno dei miei racconti. Spero che vi piaccia!

Vi lascio i link alla pagina Facebook del progetto e alla pagina di Amazon del libro nel primo commento. Fatemi sapere cosa ne pensate! <3

~ Vy


***

X

D'oro e di porpora, ovvero la Fortuna


Anno 557 dopo la Grande Battaglia, estate, giorno ventesimo

Thorye-Nill, capitale del regno di Vorlithinn


«Mio signore?»

Vynnelor sussultò e si riscosse, sollevando lo sguardo dall'enorme arrosto grondante sugo al centro della tavola.

Sua moglie lo scrutava, con un sorriso appena accennato sulle labbra. «Vi sentite bene?»

«Sì, sto bene.» Distolse lo sguardo.

Le ancelle avevano dipinto di blu il contorno degli occhi di Thirel, rendendoli ancora più inquisitori. «Avete fissato il calice di vino per interi minuti.»

Un brivido scosse la sua schiena.

Thirel allungò la mano ingioiellata sul tavolo – anelli d'oro, rubini e lapislazzuli su una pelle d'ebano – e strinse la sua. «Siete certo di stare bene? Siete gelido.»

Il giovane prese un respiro profondo, ma l'odore di chiodi di garofano che saliva dal cibo gli procurò una fitta allo stomaco. «Non c'è nulla di cui preoccuparsi, mia regina. Davvero.»

Lei assottigliò gli occhi e aggrottò la fronte. «Chiamo un guaritore.»

«Per l'ennesima volta, mia signora, non mi serve alcunché. Sono solo stanco.»

Thirel tese le labbra in un sorriso condiscendente. «Siate ragionevole. Non potete permettervi il mal d'estate in questo...»

Vynnelor scattò in piedi. L'intera tavolata lo imitò e nella sala cadde un silenzio sgomento. I musici continuarono a suonare, ma l'allegra ballata, sommata all'odore della carne, della salsa allo zenzero e del vino, lo soverchiò.

Deglutì. «Se mi perdonate, mia signora... sono certo che una boccata d'aria fresca non potrà farmi che bene.»

Thirel non rispose, ma strinse le labbra e i muscoli della mandibola guizzarono sotto la pelle. Vynnelor tremò, alla prospettiva di affrontare il suo scontento, una volta terminata la festa, ma al momento non aveva importanza. Voleva solo uscire da lì. «Prego, signori. Tornate pure a sedervi, la festa non è finita.» Forzò un sorriso e fece cenno agli ospiti ingioiellati di riprendere i loro posti. Attese che obbedissero, persino Thirel, che fu l'ultima ad accomodarsi. Solo allora si voltò e si diresse verso la porta.

Una delle guardie avanzò di un passo per seguirlo, ma lui le fece cenno di restare al suo posto. La donna esitò e Vynnelor temette di essere contraddetto persino da una dei suoi sottoposti, ma quella gli fece il saluto e tornò nell'ombra.

Spinse il battente e la ventata salmastra che gli accarezzò il viso gli parve meravigliosa.

Era esausto. Avrebbe dormito per giorni interi, se ne avesse avuto l'occasione; ma era il re e non poteva permetterselo. Uscì, chiudendosi alle spalle il portone e quella stupida festa che lo rendeva ancora più stanco.

Era il suo trentesimo compleanno, eppure si sentiva decrepito.

La musica giungeva a sprazzi, mentre scendeva lungo i gradini che portavano al giardino, attutita dalla porta chiusa. Il suono della risacca, invece, si faceva sempre più forte. Vynnelor scivolò con la mano sulla balaustra di marmo bianco, scrutando il labirinto di siepi tagliate squadrate e le file di palme che si stagliavano contro il muro di cinta.

Sospirò. La solitudine era la medicina di cui aveva bisogno; lontano dai consigli di guerra, dal peso delle decisioni, dalla corte, dalle maglie strette con cui sua moglie pretendeva di controllare la sua vita. Sarebbe durato poco, ma aveva bisogno di un momento di pace; ormai quasi non ricordava più il suono del silenzio.

La brezza che spirava verso il mare era tiepida, il terreno emanava ancora il caldo torrido della giornata appena finita. Prese un respiro profondo. L'estate, finora, aveva infuriato come se gli arselyani e i loro numi rinnegati avessero maledetto di persona la sua terra. I nemici si affastellavano ai confini del regno; le loro incursioni si facevano sempre più feroci e imprevedibili e limettevano in difficoltà, come mai era successo da che lui e i generali ricordassero. Ormai non potevano fare altro che limitare i danni e incassare; le truppe erano stremate e scoraggiate quanto loro. L'unica mossa saggia pareva arroccarsi nelle posizioni più sicure e aspettare che la tempesta si placasse, ma ogni sconfitta gli pesava addosso e alimentava quella stanchezza mortale che ormai sembrava accompagnarlo in ogni momento.

Eppure doveva esserci qualcosa che potesse fare, per i Numi! Dopo secoli e secoli di guerra tra Vorlithinn e Arselya, proprio lui doveva essere il re che avrebbe causato la rovina del suo popolo?

Il giovane prese il vialetto che si snodava attraverso le aiuole, costeggiato da un muretto basso su cui si abbarbicavano campanule lilla. La ghiaia scrocchiava sotto le suole dei suoi stivali lucidi e la polvere scendeva sulle punte fino a imbiancarle, mentre a ogni passo cresceva il chiocciare della grande fontana, sagomata come uno dei serpenti che abitavano il mare del nord.

Avvicinandosi, Vynnelor credette di cogliere un altro suono. Durò un istante, tanto che si chiese se non l'avesse immaginato; ma a quel punto riapparve, soffuso e distante, come se provenisse da un sogno, e Vynnelor si bloccò sul posto e rimase ad ascoltare.

Una voce femminile cantava una ballata.

Non era nulla di particolare, i musici l'avevano suonata alla festa poco prima, eppure, per un momento, ne restò incantato.

Vynnelor scosse la testa per scacciare i pensieri. Chiunque fosse la donna, era evidente lo facesse per sé: mangiava qualche parola, mormorava il testo come sovrappensiero, non si curava di stonare o cantare la strofa sbagliata. Non sarebbe stato cortese da parte sua origliare, tantomeno rivelarsi.

D'altra parte, però, la curiosità lo lacerava. Voleva conoscere la donna che preferiva starsene in giardino da sola piuttosto che a una festa; la sentiva affine.

Scorse con la mano lungo il perimetro della fontana, diretto verso l'aiuola da cui proveniva la melodia. Il suo cuore accelerò i battiti; Vynnelor oltrepassò la siepe.

La voce, infine, disegnò un corpo.

La giovane, prona sull'erba, si reggeva sollevata da terra sui gomiti. L'ampia gonna porpora e le innumerevoli sottovesti di seta candida si spargevano come petali di un fiore sgualcito e dalle pieghe emergevano due gambe sottili e scure come la notte, che ondeggiavano appena nell'aria a ritmo della canzone. Una cascata di neri capelli scendeva sulle spalle e sulla schiena, scivolando fino ad accarezzare il prato, e la ragazza passava le mani tra le ciocche, sciogliendo le trecce e liberando i boccoli lucenti. Un paio di scarpette infiocchettate giaceva abbandonato due passi più in là, accanto a una mantellina di pizzo.

Lei terminò la strofa e sollevò lo sguardo. Vynnelor sussultò e fece un passo indietro, mentre un gemito le sfuggiva dalle labbra.

Aleestrya [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora