20. Trame e partenze

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Il caos regnava sovrano nel locale striminzito. Il baccano imperversava feroce e amalgamato in un unico sottofondo, non rendendo più distinguibili le canzonacce stonate degli ubriachi dai racconti di romanzesche imprese, e dagli strepiti delle cameriere che dovevano destreggiarsi tra mani callose e sedie sgangherate trasportando tre boccali per braccio.

La stanza non era molto ampia ma era fin troppo affollata. Le pareti un tempo bianche ora erano ingrigite dal fumo che dilagava onnipresente, persino il basso soffitto di legno ormai era annerito, completamente impregnato di aria malsana. Le lampade rischiaravano l'ambiente con una calda luce dorata che si infiltrava nella nebbia delle pipe, insieme alle fiammelle delle candele gocciolanti posate sui tavoli.

Anser si districò tra il marasma di arti umani e gambe di tavoli fino al bancone. Una volta quel legno componeva parte della paratia di una nave; nonostante lo spessore del fumo che vi aleggiava intorno, ancora conservava un sentore di salsedine e vernice, sentore di libertà. Il ragazzo afferrò uno sgabello da poco più in là, strattonandolo da sotto il braccio abbandonato di un ubriaco stravaccato sul tavolo; ordinò all'oste della birra e si sedette cupo.

«Cos'è quest'aria di tempesta, Anser?» lo apostrofò una voce alla sua sinistra, cercando di sovrastare la confusione infuriante.

«La solita aria, Moran» rispose lui scoccando un'occhiata all'altro ragazzo. Quello sorrise, enfatizzando la cicatrice che gli attraversava il viso abbronzato, poi chiese all'oste un boccale di birra per fare compagnia all'amico.

«Temeh?»

«Temeh» confermò Anser, la voce colma d'astio.

Moran sospirò. Indefinitamente dietro di loro esplose il suono di collisioni e cocci di vetro. L'oste, un omone massiccio ma appesantito dalla cinquantina d'anni che gli pesavano sulle ampie spalle, minacciò e imprecò.

«Come ha fatto a scoprirlo, stavolta?» ringhiò Anser, sbattendo il boccale sul banco dopo aver preso un lungo sorso. «Non faccio in tempo a insultarlo che lo viene a sapere, mi manda a chiamare e si diverte a sfottermi.»

Moran allungò il braccio e strinse la spalla dell'amico. «Sono tutti con te, Anser» riprese, abbassando il tono tanto che il giovane dovette avvicinarsi per percepire le sue parole.

«Che cosa significa?» chiese all'amico, sollevando un sopracciglio.

«Oh, non posso credere che tu non l'abbia notato!» esclamò. «Non lo sopportano più nemmeno i suoi stessi uomini. Già era malvisto dopo l'uccisione di tuo padre, ora è sempre peggio... e non solo con te. Fa il bello e il cattivo tempo, pretende di essere riverito e di comandare sopra tutto e tutti. Sta perdendo l'appoggio di molti, te lo assicuro. Al porto non parlano d'altro... solo i suoi mastini gli sono ancora fedeli.»

Moran lavorava al porto, aveva molte più occasioni di lui di incontrare persone e ascoltare opinioni. E poi era il suo più caro amico, Anser si fidava di lui più che di se stesso. Nonostante questo, però, gli risultò difficile credere davvero alle parole del ragazzo. Dovette ripetersele nella mente, più e più volte, finché quasi non persero significato.

Sono tutti con te, Anser.

Moran sorrise ancora, una smorfia sghemba sul volto scuro. «Sei il figlio di Torg. Sono tutti pronti a esultare della tua vendetta.»


***


Avevano vinto la battaglia. Antya aveva ben svolto il suo dovere di baluardo: sfruttando il dedalo pressoché inestricabile di cunicoli sotterranei e gli stretti e tortuosi vicoli dei quartieri più poveri, i soldati dalle divise rosse e oro avevano potuto dividere, isolare e scompaginare i loro nemici abbigliati di grigio.

Aleestrya [Completa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora