Capitolo 2

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Il bosco, che una volta era il mio mondo, ora mi metteva paura. Era circondato da una coltre di nebbia umida che mi bagnava la pelle e i vestiti. L'odore forte di muschio mi penetrava nelle narici. La foschia mi rendeva difficile procedere ad un ritmo sostenuto, dovevo fermarmi in continuazione per non inciampare in qualche radice. Era buio e la poca luce che filtrava dalle fronde degli alberi creava una strana atmosfera. Sembrava di stare ad uno spettaccolo di ombre cinesi, dove i giochi di luce creavano strane forme bitorzolute. Camminai, camminai a lungo, ma in quelle condizioni il bosco sembrava tutto uguale, mi sembrava di girare in tondo da ore. Sentii spezzarsi un rametto dietro di me. Mi girai verso il rumore.
- Chi c'è?- domandai.
Sentii lo stesso rumore a pochi passi da me. Indietreggiai di tre passi nella direzione opposta.
All'improvviso vidi una figura avvolta dalla nebbia, non vedevo nulla tranne un occhio rosso fluorescente trapassare con violenza la coltre di nebbia. Il mio cuore martellava all'impazzata nel petto e le gambe si irrigidirono dalla paura. Cercai di fare dei lunghi respiri per calmarmi ma l'ombra continuava ad avanzare e io non riuscivo a muovervi.
Qualcosa nel mio cervello scattó, forse era l'adrenalina, ma cominciai a correre più veloce che potevo verso il nulla. Non stava solo al passo, mi stava raggiungendo. Era sempre più vicino, sempre di più; potevo sentire il calore del suo alito e l'occhio ardente di odio su di me. Poi più nulla...
Mi voltai e non vidi nessuno dietro di me, ero da sola nella foresta. Mi rigirai e vidi l'occhio solitario emergere nell'oscurità ad un palmo dal mio viso, poi qualcosa di duro mi colpì violentemente dietro la nuca e persi i sensi.

Mi risvegliai. Sembrava che un tir mi avesse investita, le ossa mi dolevano e la testa martellava ferocemente sulle tempie. La nebbia si era abbassata quel tanto da farmi capire che ero stata trascinata nel cuore del bosco.
Guardai il cielo e dalle fronde potevo vedere la luna alta nella notte, ciò significava che dovevo essere rimasta svenuta per parecchie ore. Dovevo aver camminato per una decina di metri quando sentii un odore fetido provenire qualche metro più avanti. Da quello che potevo intravedere c'era un'inclinazione del terreno. Scesi giù aggrappandomi saldamente alle radici degli alberi ma i piedi continuavano a scivolare per il terreno umido. La terra franò e caddi su qualcosa di morbido. L'odore si manifestò e capii che era il fetore di un corpo in putrefazione. Cercai di capire su cosa fossi atterrata, poi vidi un corpo martoriato da lacerazioni. Urlai ma il grido mi si spezzó in gola, l'aria si arrestó nei polmoni e le lacrime fuoriuscirono dai miei occhi. Tentai di capire se fosse mio padre ma le lacrime e la foschia mi impedivano di decifrare quel volto.
Mi accartocciai a riccio e piansi.
Un forte vento soffió sul bosco e portò via la nebbia. Ora potevo vedere chiaramente il corpo inanimato dell'uomo. I vestiti erano laceri e zuppi di sangue coagulato, dovevano essere passate molte ore da quando era stato ucciso. Il volto era piegato in una smorfia di dolore e gli occhi vitrei mi guardavano pietosi. Mi sembrava familiare, ma non riuscii ad identificarlo. Ero certa però che non fosse mio padre, ma la notizia non mi calmó affatto, perché se mio padre fosse incappato nel corpo e chi o cosa avesse ucciso quell'uomo fosse ancora in giro poteva averlo aggredito e poteva uccidire anche me.
Ripensandoci adesso, dovevo chiamare la polizia prima di fare questa scampagnata...
Tentai di alzarmi, ma la caviglia me lo impediva, forse me l'ero slogata cadendo dalla collinetta. Mi alzai tentando di non appoggiare il piede, ma era impossibile scalare quel terreno che continuava a franare con una caviglia malandata.
Percepii che qualcosa dietro di me si stava muovendo.
Un brivido mi percorse la schiena.
- C-chi c'è?-, dissi tremante.
- Chi sei, rispondimi!-, urlai a gran voce.
Una figura uscì dall'ombra e si avvicinó, chiusi gli occhi sperando che fosse un sogno e che quando li avessi riaperti fosse tutto scomparso e che mi sarei risvegliata nel letto, ridendo di questo intricato incubo. Ma i passi continuavano verso la mia direzione e io non mi risvegliavo. Aprii gli occhi e vidi un uomo dai vestiti zuppi di sangue che si trascinava nella mia direzione, i capelli erano un miscuglio di nodi, terra e foglie e il volto sporco era quasi irriconoscibile, ma sotto tutta quella lordura, trovai il viso di mio padre. Sembrava invecchiato all'improvviso di una ventina di anni. Mi alzai facendo attenzione alla caviglia e zoppicai verso di lui, lo strinsi forte a me.
- Cosa ti è successo?-, dissi tra le lacrime.
- Ce la fai a camminare?-, la voce era stanca, sembrava quella di un'altra persona.
- Credo di sì- mi cinse il fianco con un braccio e mi aiutò a camminare.
Zoppicammo a lungo per il bosco. Lo guardai in viso e vidi che era sicuro di quale fosse la strada più corta per sbucare fuori dal bosco e arrivare a casa.
Dopo una decina di minuti eravamo fuori. La sirena della polizia colorava la notte di blu e rosso, dei poliziotti erano sull'uscio della porta che parlavano con mia madre, sembrava disperata.
Quando mia madre si accorse di noi, il suo volto acquistò diverse espressioni che potevo tranquillamente decifrare: gioia, paura, rabbia e felicità.
Scansó con forza i due poliziotti, si precipitò da noi due e pianse nel nostro abbraccio.
Poco dopo un'ambulanza arrivò davanti a casa nostra, ci diedero delle coperte per tenerci al caldo e ci caricarono sopra di essa. Mia madre teneva la mano di mio padre e gli sussurrava qualcosa. Non riuscivo a sentire alcun suono, sembrava che il mondo si fosse insonorizzato. Guardai di nuovo i miei genitori e mi addormentati esausta.

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