Capitolo 42

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L'adrenalina della battaglia doveva essere passata perché ogni minima ferita si era riaperta. Il petto cominciò a sanguinare di nuovo e gli artigli e le zanne erano spariti.
Ero ricoperta di sangue. L'odore ferroso era nauseabondo, mentre i vestiti appiccicati al mio corpo mi provocavano dei violenti brividi.
Mi guardai attorno e vidi che tutti si tenevano alla larga da me, tranne mio padre che mi corse in contro e mi abbracciò forte. Cominciò a piangere dalla felicità.
«La mia bambina». Continuava a ripetere istericamente. Lo abbracciai con tutta la forza che mi era rimasta. Il suo odore familiare mi rincuorò e cominciai a rilassarmi.
«Dobbiamo portarti all'ospedale immediatamente». A quelle parole ricordai che Mason si trovava ancora a terra non molto lontano da dove mi trovavo.
Corsi verso di lui inseguita da mio padre. Verificai il battito, era molto debole ma c'era. Mi sentii sollevata.
«S-sei viva...», disse con voce flebile.
«Anche tu», mormorai con la voce spezzata e le lacrime agli occhi.
«È....?». Guardai verso il cadavere di Roman a qualche centinaia di metri di distanza.
«Sì, è morto. Mi spiace... era comunque tuo fratello.»
«Quello non era mio fratello. Mio fratello morì tanti anni fa in un incendio.
Capii che era così che voleva ricordarselo.
Lui studiò il mio viso, perplesso.
«Cosa c'è?». Tentò di rialzarsi ma non fece che peggiorare la sua ferita.
«Devi stare fermo», disse mio padre.
Il suo viso era contrito dal dolore e gli occhi lacrimavano per lo sforzo. Durante quella notte sembrava invecchiato di dieci anni: gli occhi pesti erano infossati nel cranio e aveva delle profonde borse sotto gli occhi che mostravano le emozioni e la stanchezza che aveva provato quella notte. La barba ispida e brizzolata era macchiata di sangue ignoto. Il suo corpo nudo alla vista mostrava tutte le fragilità dell'essere tornato umano

Il mio sguardo fu attirato su un'altra scena. Molti del branco erano in cerca dei cadaveri dei loro familiari.
La prima che notai fu June, che stava piangendo sul corpo di qualcuno e Derek la consolava.
Non riuscivo a lasciare Miller da solo, perciò chiesi a mio padre di occuparsene. Lui insisteva che doveva stare al mio fianco, ma alla fine accettò con rammarico.
June non appena mi vide, scoppiò in lacrime e mi abbracciò disperatamente. Derek aspettò che June mi lasciasse e mi baciò come mai aveva fatto.
«Sei viva!». I suoi occhi erano talmente irritati per il pianto che non aveva più lacrime da versare.
Ci baciammo di nuovo, come per testare che tutto quello era un orribile incubo, ma invece era la cruda realtà.
Appena le nostre labbra si staccarono, guardai il corpo riverso a terra. Era Tyler. Aveva la mandibola scomposta innaturalmente e gli occhi vitrei ancora sbarrati per il dolore.
Mi tolsi quello che rimaneva della mia camicia e la poggiai delicatamente sul viso del suo ragazzo.
«Mi dispiace. Nessuno doveva morire...»
A quelle parole June ricominciò a singhiozzare.
Improvvisamente un lupo dal manto ghiaccio arrivò trafelato dove ormai rimanevano solo corpi in decomposizione, feriti e mannari svenuti per la conclusione della prima trasformazione.
Il lupo maestoso si trasformò in Alec e appena mi vide, mi corse incontro e mi strinse in un forte abbraccio. Solo in quel momento mi resi conto che era completamente nudo. Forse loro erano talmente abituati alla nudità che non se ne accorgevano quasi più, ma io ero ancora una novizia sulla questione. Ricambiai l'abbraccio in imbarazzo. Sentivo le guance diventare paonazze e le punte delle orecchie andare a fuoco. Sembrava non volesse lasciarmi andare. Poi sembrò tornare in sé.
«Durante la lotta mi sono scontrato con Black, ma è riuscito a sfuggirmi. Non potremo mai sapere se tornerà oppure no, l'unica cosa che potremo fare è guardarci per sempre le spalle.»
Venne interrotto dal risvegliarsi dei lupi mannari dell'ex branco di Roman. D'un tratto percepii come dei fili di energia che partivano da me e arrivavano ad ognuno dei cuori di quei pochi mannari rimasti e viceversa. Era un profondo legame di energia che ci univa e che ci avrebbe unito per sempre.
Emisi un potente ruggito proveniente dalla parte più istintiva di me.
I mannari ammutolirono.
«Io ho ucciso il vostro capobranco in una battaglia leale», dissi indicando il corpo esanime del loro ex leader.
«Ora io sono l'alfa!». Un mormorio di sottofondo, che comprendeva tutti gli spettatori, si levò caotico nella radura crepuscolare.
«Voi siete stati creati contro la vostra volontà. Siete stati generati da un mostro che vi ha fatto a sua immagine e somiglianza. Ma io non sono una schiavista, sono qui per porvi davanti a una scelta: rimanere e fare parte del branco oppure andarvene ma non potrete fare più ritorno. Mio padre fu il primo a rompere il silenzio, attraversando la radura e inchinandosi nella neve davanti a me, seguito quasi immediatamente da June.
«Io non ho mai desiderato essere questo», disse una giovane donna prima di sparire per sempre nella fitta vegetazione boschiva.
«Anche io», disse un uomo dall'aspetto malaticcio. Altri li seguirono, mentre i restanti guardavano la scena come ibernati. Poi avvenne qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Elia, l'uomo che mi aveva picchiata e che era alla mercé della succuba, camminò verso di me con passo energico. Si fermò a pochi metri di distanza e si batté il cuore con un pugno emettendo un suono nasale, infine si inchinò davanti a me.
I suoi occhi parlavano più dei gesti. Vedevo il rammarico per ciò che aveva compiuto quella notte. Mi inginocchiai davanti a lui e posi una mano sulla sua spalla coperta da un maori intricato.
«Io ti perdono». A quel gesto molti altri si unirono intorno a me e si inginocchiarono in segno di devozione, riconoscendo la mia autorità. Capii che molti avevano paura di essere uccisi o abbandonati al loro destino per le azioni che avevano compiuto quella terribile notte, ma io avevo visto la verità grazie alla prima luna di June e mio padre. I mannari non erano in grado di ribellarsi al volere del proprio alfa. Erano dei killer inconsapevoli.
«Ora branco gioite alla luna, perché adesso siamo una famiglia!».
Tutti quanti si misero a ululare per la gioia. Mi avvicinai ad elia, così che potesse sentire le mie parole.
«Libera mia madre e portala all'ospedale». Lui grugnì in segno di consenso. Si alzò e, nonostante la sua mole, saettò via.
«Tu e tu», indicai due mannare gemelle. Sembravano intimorite da me.
«Come vi chiamate?».
«Amara», disse la ragazza col taglio corto e i capelli biondi.
«Beatrice», disse intimorita l'altra con una fluente chioma bruna.
«Chiamate la polizia e l'ambulanza». Non appena capirono che era il loro primo incarico nel branco, sembrarono sollevate e lievemente eccitate per essere state scelte.

Mancava poco al cambio della guardia tra la luna e il sole. A est le luci calde dell'aurora affondavano le loro dita luminose sul piccolo borgo di Oldwood. La luna cominciava a perdere la sua tonalità cremisi e sparire come un lontano ricordo nel cielo sempre più roseo.

Quanto era stata assurda quella notte. Io, una ragazzina di un piccolo sobborgo del Massachusetts, ero un'ibrida che era stata uccisa dal proprio zio. Ero tornata dal limbo per rimettere le cose a posto ed ero finita in uno scontro sanguinoso in cui in palio c'era la mia vita. Avevo vinto. I miei poteri di ibrida si erano manifestati per la prima volta e per ora non sentivo il bisogno di uccidere nessuno. Era forse una vecchia storia per spaventare i giovani lupi? Eppure un presentimento nel mio cuore mi faceva dubitare di me stessa.
Ora avevo un branco e io ne ero l'alfa. Era un grosso peso da portare sulle spalle. Sarei stata un bravo capobranco o mi sarei fatta corrompere dal potere come Roman?
Solo il tempo lo avrebbe detto.

Sentii mio padre urlare il mio nome.
Mi voltai e vidi Erin nella sua vera forma nascere dalle ombre proiettate dagli alberi. Il suo ghigno malvagio e i suoi occhi completamente neri infossati nel cranio erano puntati su di me. I suoi artigli di rapace si trasformarono in una lucente lama nera.
«Lo avevo detto che in un modo o nell'altro saresti morta stanotte.»
E poi tutto accadde in un battito di ciglia. Con tutta la sua forza puntò il mio stomaco, ma mio padre si mise in mezzo e prima che potessi fare qualcosa la lama lo trapassò da parte a parte. Barcollò e cadde tra le mie braccia. Il viso della succuba esprimeva rabbia e orrore.
Avrebbe pagato per ciò che aveva fatto. Una furia familiare, aumentò i miei sensi, ma anche i miei sentimenti. Doveva morire. Presi il pugnale che era ancora a terra vicino Roman e la rincorsi. Vidi il suo corpo sparire nelle profondità del regno oscuro. Affondai il pugnale in quella pozza di oscurità. Dovevo averla ferita, perché del liquido nero, gocciolava dal pugnale.
Ritornai da mio padre. Accolsi la sua testa sul mio grembo. Le sirene della polizia e dell'ambulanza erano vicino.
«Resisti, ti prego!». Le lacrime cominciarono a scivolare sul mio viso e caddero calde sul suo troppo pallido.
«Miller!», urlai. Miller si trascinò faticosamente accanto a noi.
«Perché non sta guarendo?». Mi disperai.
«Il plenilunio è passato. Non possiamo fare più niente...».
«Papà, ti prego! Non mi lasciare!», singhiozzai. Il suo viso era imperlato di sudore e le labbra erano bagnate del suo sangue. Con una mano teneva la mano sulla profonda ferita e l'altra la pose sul mio viso.
«Promettimi che la proteggerai», disse a Mason.
«Te lo prometto.»
«No, no!». Cominciavo a vaneggiare dalla disperazione.
«F-figlia mia... di a tua madre che sono morto... proteggendoti...».
Le sirene erano vicinissime.
«Vedrai andrà tutto bene, ce la farai».
La sua mano scivolò lentamente dal mio viso e cadde inerme nella neve. I suoi occhi, ancora su di me, divennero piatti.
Mi accasciai su di lui e piansi tutte le mie lacrime.
I paramedici e la polizia arrivarono poco dopo.

Il giorno in cui mio padre morì per salvarmi,l'alba aveva tinto coi suoi raggi dorati il cielo roseo. Gli abeti proiettavano una tenue ombra sulla neve tinta a macchia di leopardo di rosso. Gli uccellini ripresero il loro canto invernale e le creature del sottobosco sonnecchiavano placidamente nelle loro tane sicure. Il mondo continuava a girare sapere che io avevo perso parte del mio e non sarei stata più la stessa.    

E anche questo capitolo si è concluso *ovazioni*. Ditemi cosa ne pensate di Ross alfa e la morte di suo padre. Ho bisogno di sapere se è stata struggente/triste e credibile.
SPERO che il capitolo vi sia piaciuto e, se è così, lasciate una STELLINA!

P.s manca solo l'epilogo #straansia

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