Capitolo 26

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Era passata un'altra settimana senza alcun tipo di incidente. Megan sembrava mi evitasse a scuola, come quasi tutti i miei compagni del resto. Per loro continuavo ad essere la "calamita di calamità". Declan non si faceva vedere da parecchi giorni a scuola, cominciavo a preoccuparmi per lui, anche se mi odiava, rimaneva pur sempre mio amico. Derek ed io ci eravamo piacevolmente riavvicinati ed Alec era praticamente diventato il mio migliore amico. June e Tyler erano tornati ufficialmente insieme, ma June aveva chiesto al suo ragazzo di chiedermi scusa per come si era comportato e lui con capo chino mi porse le sue scuse. Tutto sembrava essere tornato alla normalità, eppure non riuscivo a rilassarmi. Continuavo a rimanere in allerta.
Mio padre e mia madre sarebbero stati fuori casa nel weekend e mi avevano dato il permesso di invitare qualche amica a casa. Non appena annunciai la notizia a June quella mattina, si sparse la voce in tutta la scuola che a casa mia si sarebbe tenuta una festa quel fine settimana.
- June, ma che ti è saltato in mente?
- È ora che tu dia la tua prima festa.
- Sai che le odio...
- Devi imparare a socializzare.
- Io so parlare con le altre persone, ma non lo faccio di proposito.
Emise un suono gutturale.
- Ti aiuto io a comprare tutto.
Stavolta fui io a fare quel verso.
Mi prese a braccetto e andammo insieme a lezione di inglese.
La signorina Becket si sedette sulla cattedra, accavallò le gambe con grazia e ci guardò uno ad uno.
- Oggi introdurremo un nuovo autore che è stato importantissimo non solo per i suoi tempi, ma anche per noi, perché ha reso possibile farci capire come fosse degradante la vita della classe medio-bassa nell'epoca vitttoriana.
- Qualcuno sa di chi sto parlando?
Osservò la classe, che tratteneva il respiro e si guardava in torno sperando non venisse chiamata.
- Oggi cominceremo a parlare della biografia di Charles Dickens.
Tutti tirarono fuori carta e penna e cominciarono a prendere appunti su ciò che diceva l'insegnante.
Stavo per completare la frase quando sentii una fitta al cuore come se qualcosa lo avesse stretto in una morsa letale.
Mi misi una mano al petto e andai alla cattedra della professoressa.
- P-posso andare in bagno?
Con un gesto della mano mi diede il permesso di uscire.
Cominciai a correre nei corridoi della scuola, finché arrivai allo spogliatoio delle ragazze.
Mi tolsi la maglietta e vidi che le striature nere si erano intensificate e si erano unite vicino al cuore creando una sorta di rombo. Erano pulsanti e sembravano dotate di vita propria; stavo per svenire, quando Megan mi vide e tentò di sostenermi, ma cademmo lo stesso.
Cominciai a scalciare dal dolore. La mia vista si annebbiò poco a poco.
- Roxanne, focalizzati sulla mia voce.
Il mio boccheggiare sovrastava le sue parole.
- Chiudi gli occhi e respira.
Feci come mi chiese; il mio corpo tremava in cerca di ossigeno.
- Concentrati solamente sulla mia voce-, ripeté.
Le lacrime sfuggirò dal mio controllo, il dolore si era propagato ovunque.
Mi prese tra le sue braccia e mi accarezzò i capelli con delicatezza.
- Pensa a qualcosa che ti rilassa, qualcuno che ti vuole bene.
Cercai nel mio cervello qualcosa che mi facesse stare bene, ma era difficile in quel momento. Poi come una flebile luce nella tormenta, si fece avanti timido un ricordo.
Successe molti anni fa, ero molto grassa all'epoca e questo ragazzino mi prendeva sempre in giro per il mio peso e tornavo a casa sempre in lacrime. Un giorno una bambina gracilina mi prese la mano e mi disse che anche lei la prendevano in giro perché era più magra degli altri. Da quel momento non mi sentii più sola e trovai una grande amica.
Mi sentii meglio, il cuore cominciò a contrarsi normalmente e i polmoni si liberarono.
- Come hai..?
- Ho tentato di distrarti e non farti pensare a ciò che ti stava accadendo.
Mi tolsi la maglietta. Le strane nervature sembravano essere tornate quelle di prima.
Guardai Megan, sembrava arrossita.
Mi ricomposi e mi sedetti sulla panca di legno.
- Come facevi a sapere che mi sarebbe passato?
- Quando morirono i miei genitori, mi succedeva spesso di soffrire di attacchi di panico.
- Grazie-, sussurrai.
- Roxanne...
- Perché mi eviti?
- Io non...
- Tutte le volte che mi incroci nel corridoio cambi strada.
- Pensavo mi odiassi.
- Perché?
- Per quella stupida cosa che abbiamo fatto a casa tua.
- Io... non incolpo te per quello che è successo.
Non poteva essere colpa sua se non era a conoscenza del mondo sovrannaturale, mentre io sapevo benissimo a cosa andavo incontro. Perciò tentai di spiegarle ciò che provavo tralasciando lupi mannari, licantropi e succube.
- Mi sono sentita male, ma di certo non è colpa tua.
Sembrava si sentisse ancora in colpa per un motivo che andava oltre noi due.
- Grazie di essere mia amica-, confessò tremando.
- Non riesco a interagire con gli altri da quando i miei sono morti. Ho paura che la gente intorno a me muoia a causa mia e quando ho visto contorcerti sul pavimento mi si è raggelato il sangue, pensavo stesse succedendo un'altra volta.
- Perché dici così?
Il silenzio riempì la stanza, ma dentro la testa di Megan doveva esserci un uragano di pensieri ed emozioni che desideravano uscire da tempo.
Si asciugò una lacrima con la manica del maglione e fece un respiro tremante.
- Era un inverno freddo. Io e i miei genitori eravamo andati a trovare mio nonna a Salem. Volevo tornare a casa a tutti i costi perché non volevo mancare alla mia partita di calcio, neanche fossi stata una campionessa. I miei genitori decisero di guidare tutta la notte per arrivare in tempo per il match, ma c'era così tanta neve che non videro quell'animale che spuntò improvvisamente sulla strada. Sterzarono all'improvviso, ma a causa del ghiaccio cademmo in un fossato.
- Sopravvissi solo io.
La abbracciai forte, una lacrima mi rigò le guance.
- Se non fosse stato per il mio egoismo, saremmo partiti di giorno e ora avrei ancora i miei genitori.
- Non ti devi dare la colpa per quello che è succeso.
- Non dovresti dartela neanche tu per Lucas, eppure continueremo a farlo.
- Ora ti porto in infermeria.
- N-non posso andare in infermeria!
Se l'infermiera avesse visto il mio corpo avrebbe fatto troppe domande.
- Portami da Tyrone.
Una ruga gli comparve sulla fronte.
Sembrò non piacerle l'idea.

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