Capitolo 31

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Non appena mi svegliai tra le braccia di Derek, tutte le emozioni provate il giorno prima mi si piazzarono nuovamente sullo stomaco.
Mi alzai stancamente e andai a cercare il bagno. Mi guardai allo specchio: a parte le borse sotto gli occhi e i capelli disordinati, il mio viso sembrava stesse recuperando il suo normale colore. Alzai la maglietta e tolsi il cerotto di protezione dei punti: dei fili neri entravano ed uscivano in modo ordinato e preciso dal taglio che si stava lentamente rimarginando.
Mi pettinai e rinfrescai, così da non farmi trovare non appena Derek si fosse svegliato.
Uscii dal bagno e incappai in Alec. Aveva dei pantaloni comodi che finivano stretti intorno alla cavaglia e non portava niente sopra.
- Dormito con Derek stanotte?-, chiese incuriosito.
- Non è la prima volta...
Per un istante il suo sguardo si rabbuiò.
- È mai possibile vederti ogni tanto con la maglietta, santo cielo?!
- Buona giornata, Ross-. Mi fece l'occhiolino e rientrò nella sua stanza.

Ritornai sotto le coperte e, dato che Derek sembrava non volesse svegliarsi, guardai il cellulare. Rilessi più e più volte il messaggio di June, ma non volevo ascoltare quello che voleva dirmi Miller, almeno per il momento.
Derek si svegliò a causa della luce dello schermo puntato nei suoi occhi.
- Scusami-, sussurrai.
Lui in risposta mi diede un bacio sulle labbra. Restammo per una decina di minuti accoccolati l'uno tra le braccia dell'altra scambiandoci tenere carezze.
- Roxanne, credo dovresti ascoltare quello che ha da dirti Miller o come cavolo si chiama. Mi voltai dall'altra barte del letto e mi avvinghiai al cuscino.
- Si chiama Mason Blackwood.
- È tutto qui quello che hai da dire?-, domandò perplesso Derek, spostandomi una ciocca di capelli dal viso.
- Ho paura di aver sempre saputo ciò che mi dirà. A volte mi succedono cose strane, inspiegabili...
Sembrava non riuscisse a capirmi. Come poteva comprendermi se neanche io sapevo come fare?
- Portami da lui.

Era una fredda mattina di Novembre. L'indomani sarebbe stato il giorno del Ringraziamento e gli ignari cittadini di Oldwood brulicavano nelle strade in cerca di addobbi, zucche e tacchini.
Mia madre adorava quella festa, pensate che i preparativi cominciavano la settimana prima. Solitamente io e lei andavamo in giro per supermercati a cercare il prescelto, per poi portarlo a casa con noi. Lei cominciava a creare il ripieno e le varie salse per il giorno della prima. La casa si riempiva sempre del profumo delle più svariate spezie e quando papà tornava dal lavoro, assaggiava di nascosto ognuna delle prelibatezze appena preparate.
Ma quell'anno tutto era cambiato...

Derek parcheggiò davanti a casa di Miller e spense il motore.
- Se vuoi entro con te.
- No, devo farlo da sola.
Mi diede un bacio sulla fronte e scesi dall'auto.
Il vento sferzavava impetuoso tra i miei capelli. La temperatura era talmente bassa che si era creata una patina bianca sul terreno. Le foglie cadevano a zig zag sul vialetto, creando delle montagnette variopinte. Miller non lo rastrellava da parecchi giorni.
Bussai alla porta in legno bianca. Pochi istanti dopo un uomo, che assomigliava a Daniel, mi aprì la porta.
I vestiti erano stropicciati e puzzavano di sigaro, il volto era ricoperto da una barba incolta che cresceva ribelle in vari punti del viso e il fiato puzzava di alcol.
Sembrava sorpreso nel vedermi davanti alla sua porta. Una flebile fiamma si riaccese nei suoi occhi.
Mi fece accomodare in casa; era completamente al buio. L'uomo buttò della legna da ardere nel camino e poi accese il fuoco. La stanza fu invasa da un luce rossa che rimbalzò su tutte le superfici creando sulle pareti dei giochi di luce.
Mi sedetti infreddolita sulla poltrona più vicina alla fonte di calore. Le mani smisero di tremare e cominciai a sentirmi meglio.
Lui si avvicinò alla finestra che dava sul bosco e cominciò a contemplare il movimento del mondo: gli alberi che si piegano al vento, la danza finale delle foglie morte e la condensazione che scivolava sul vetro freddo.
Ingollò l'alcol che rimaneva nel suo bicchiere e finalmente mi guardò.
- Credevo avessi smesso di bere e fumare.
- Il lupo perde il pelo ma non il vizio-, disse versandosi un altro po' di liquido ramato nel bicchiere di cristallo.
- Hai un ottimo fiuto-, asserì.
- Anche uno col raffreddore sentirebbe il puzzo che emana.
Un sorriso gli apparve sul volto, come se il mio commento acido gli avesse fatto ricordare qualcosa di buffo.
- Anche lei era impudente. In questo le somigli molto...
Quelle parole mi crearono un vuoto nello stomaco.
- Selene è...?
- Sì, è tua madre.
Estrasse dagli abiti consunti la vecchia fotografia scattata con la Polaroid. Assomigliavo in tutto e per tutto a lei: il taglio degli occhi, il nasino a punta, le labbra piene, ma nella sua espressione allegra c'era qualcosa che non mi apparteneva. Guardai Miller e la sua bocca si piegò in un sorriso sbilenco simile al mio.
- Sono pronta-, dissi risoluta, cacciando indietro le lacrime.
- È curioso come Selene faccia riferimento alla dea della luna-, affermò sorridendo distrattamente
- Una cosa che le ripetevo sempre era che quel nome non le apparteneva. Le dicevo che la luna è simbolo di pace e tranquillità e lei era tutto fuorché calma; era selvaggia, indomita e piena di vita. Selene mi rispondeva che per lei la luna scacciava l'oscurità con la sua luce seppur così tenue. Mi metteva sempre a tacere.
Sembrava stesse prendendo tempo.
- Perché mi avete abbandonata?-. Venni al sodo. Miller guardò le fiammelle danzanti sui ceppi ardenti.
- Forse dovrei raccontarti tutta la storia...
Si morse il labbro in cerca delle parole.
- Ti ricordi della ragazzina che mi risparmiò dallo sterminio della mia famiglia?
- Sì-, commentai incerta.
- A quel tempo non sapevo ancora che sarebbe stata la donna della mia vita.
- Mia madre era una cacciatrice?!-, domandai incredula, ma non mi rispose e cominciò a raccontare.
- Dopo gli avvenimenti di quella terribile notte, il mio processo di trasformazione si attivò e cominciai a vivere come un animale nei boschi della Louisiana. Ero un'eremita che si cibava per lo più di hamburger avanzati e scoiattoli-. Fece una smorfia, come se il solo ricordo gli provocava la nausea.
- Un giorno mi imbattei in una battuta di caccia di quegli infimi esseri. Stavano braccando un giovane licantropo che doveva essersi smarrito. Li osservai e attesi finché non li ebbi a tiro e con un balzo li atterrai salvando il lupo. Uccisi i due ragazzi con facilità, dovevano aver avuto poca esperienza, ma dietro di me sentii un'arco tendersi fino allo scoccare della freccia. Tua madre mi colpì la spalla con un dardo in punta d'argento-. Mi mostrò la cicratice in rilievo sulla sua spalla.
- Lei si avvicinò lentamente, sapeva che mi aveva reciso un tendine e che non sarei riuscito a rialzarmi presto. Poi la guardai negli occhi e la riconobbi, così smisi di ribellarmi e ritornai alla mia forma umana dopo molti anni. Desideravo morire da umano-, ammise.
- Mi stava per piantare il suo coltello da caccia nel petto, quando finalmente mi vide-. La sua espressione cambiò repentinamente, ma non riuscii a decifrarla.
- Sembrava che i nostri destini fossero collegati da un filo sottilissimo che ci portava a rincontrarci a distanza di anni.
Si passò distrattamente il bicchiere tra le mani, poi si avvicinò al camino e si perse tra le fiamme.
- Lei caricò sul loro mezzo i suoi compagni deceduti e scappò via, ma dopo qualche mese trovai le sue tracce in Mississippi. Avevo seguito il suo odore fino ad una vecchia città non lontana da Jackson e, lì, appresi una terribile verità: era la figlia del generale Silver. Quell'uomo era molto pericoloso, avevo sentito molte storie su di lui. Era il capo di un gruppo militare organizzato che trucidava i sovrannaturali-.
Non sapevo cosa pensare...
Non solo mio padre licantropo aveva un fratello psicopatico e un padre folle, ora alla lista si aggiungeva un nonno genocida.
Fantastico! Ed io che pensavo che mia nonna fosse strana perché collezionava animali impagliati.
- Desideravo fuggire, andarmene, dimenticarla, ma avevo bisogno di chiederle perché mi avesse risparmiato.
Così la osservai nel bosco mentre si allenava; l'atterrai, ma lei non mosse un muscolo. Ci guardammo intensamente, come se ci potessimo capire nonostante le nostre differenze. Le feci la domanda...
- Lei cosa rispose?-, domandai incuriosita.
- Mi disse che per una volta voleva fare la cosa giusta-, rispose toccandosi nervosamente i capelli spettinati.
- Non so cosa successe in quell'istante tra noi due, ma era scattato qualcosa; cominciammo a vederci di nascosto e a parlare delle nostre patetiche vite e dei nostri più reconditi desideri. Poi fra di noi nacque un sentimento più forte dell'amicizia-, si fermò per un istante e mi guardò negli occhi.
- Ero davvero felice, quando mi disse che era incinta di te. Ma eravamo giovani e stupidi. Non avevamo pensato alle conseguenze delle nostre azioni-. Strinse forte il pugno e le nocche diventarono bianche pallide...
- Quando ci rendemmo conto che a causa della nostra insana attrazione ti avevamo messa in pericolo, decidemmo di fuggire.
- Perché ero in pericolo?-, domandai incerta.
- Licantropi e cacciatori sono in conflitto dall'alba dei tempi e tu rappresenti il cambiamento. Le vecchie teste odiano il progresso...
- Il generale Silver ci braccò come animali per mesi, ma gli eravamo sempre un passo avanti grazie alla mente geniale di tua madre. Riuscimmo a fuggire per nove lunghi mesi, ma ci trovarono quando tua madre ti partorì. Eri così piccola e lei altrettanto debole...-. La voce gli si spezzò in due.
- Cosa successe?-, domandai trepidante.
- Non sono sicuro che tua madre mi abbia mai veramente amato, credo che mi volesse davvero bene, ma non lo chiamerei amore. Ma quando lei ti guardò negli occhi vidi che avrebbe fatto qualsiasi cosa per te. Mi disse che dovevo portarti via e assicurarmi che avessi la vita normale che lei avrebbe sempre voluto, poi si addentrò nel bosco e un centinaio di spari echeggiarono nel silenzio tombale di quella calda serata estiva. Poi tutto cessò.
Fece una lunga pausa, sentivo che per lui era difficile continuare.
Si inginocchiò barcollante e mi prese il viso tra le mani.
- Avrei voluto tanto crescerti, bambina mia, ma capii che non era possibile farlo senza metterti in pericolo. Così per mesi studiai dei dossier di persone che cercavano un bambino da adottare e quando trovai i Ford, capii che erano perfetti per essere i tuoi genitori. Non solo perché sembravano delle brave persone, ma anche perché si erano appena trasferiti ad Oldwood...
- Non capisco cosa c'entra...
Sembrava che ogni secondo passasse, per lui diventava sempre più difficoltoso esprimersi. Si allontanò da me e si avvicinò nuovamente alla finestra e guardò all'esterno, come se qualcuno potesse suggerigli le risposte da qualche parte nel bosco.
- Non sapevamo cosa saresti diventata, ma se avessi preso da me il branco ti avrebbe accolto con sé!
- No-, dissi più a me stessa che a lui.
- No-, ripetei incalzante, - stai mentendo!-.
- Roxanne...
- Io non sono un licantropo, sono umana! Non mi sono mai trasformata!-. Stavo praticamente gridando.
- Quando Roman ti ha definito un unicum, intendeva dire che tu sei l'unica della tua specie. Sei un ibrido.
- Quindi non solo sono figlia di due genitori con una famiglia da rinchiudere in un manicomio e buttare via la chiave, ma adesso dovrei essere l'incrocio tra due razze?! Questo non lo accetto!-. Mi alzai in piedi, presi la mia borsa e marciai fino all'ingresso.
- Roxanne, lo so che è difficile da credere, ma ormai dovresti sapere che non tutto ciò che è impossibile da comprendere non è reale...
Mi voltai verso di lui arrabbiata.
- Lascia che concluda il racconto e poi potrai benissimo andartene e decidere di non volermi vedere mai più.
Roteai gli occhi in segno di rassegnazione e mi sedetti nuovamente sulla poltrona. Presi l'attizzatoio e disposi la brace in modo tale che fiammeggiasse, poi riposi lo strumento al suo posto e mi lasciai sprofondare nel divano inerme.
- Molti credono che i cacciatori siano umani, ma non è così!-. Sembrava che lo scienziato in lui fosse riemerso.
- Fin dall'antichità le specie si sono evolute per adattarsi e sopravvivire. Con la scoperta del sovrannaturale, l'uomo, ha creduto di essere stato spodestato dalla cima della catena alimentare, ma l'uomo riesce a far tremare anche la creatura più oscura con il loro odio verso la vita e il proprio pianeta. Così con il moltiplicarsi delle creature della notte, hanno cominciato ad evolversi in super predatori e inizialmente controllavano e gestivano il nostro proliferare, finché con il susseguirsi delle generazioni, l'interesse per la nostra eliminazione totale si è intensificato. Tu sei il frutto di queste due specie in continua lotta per la sopravvivenza. Il motivo per cui Roman ti vuole è che tu sei il nuovo super predatore! Non so come sia stato possibile, ma il tuo Dna è riuscito a sintetizzare entrambi i geni
Tu sei l'unica che ha in sé entrambe le potenzialità delle due specie. Roxanne, sei una Predatrice!-.

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