Dopo essermi sotterrata per la figuraccia con la madre del mio ragazzo, mi sistemai il mio vestitino, avvisai i miei che non sarei tornata per la cena e scesi le scale, ritrovandomi nuovamente nel favoloso ingresso. Derek mi prese per mano e mi portò nel salotto. Un costosissimo divano in vera pelle occupava il centro della stanza affiancato da due poltrone nel medesimo tessuto. Alcune riviste e libri intellettuali erano posti in modo ordinato sul tavolino da caffè. Sopra al caminetto acceso si trovava un grande quadro che raffigurava il profilo di un uomo dallo sguardo solenne. Aveva lunghi baffi, una barbetta ispida, sopracciglia folte e bionde cenere come Alec, ma l'uomo assomigliava molto di più al sindaco Oldwood. Ai piedi del camino c'era un grandissimo tappeto persiano ricamato da motivi florealo; non potevo neanche immaginare quanto potesse valere.
Sul divano erano seduti Alec e il signor Oldwood intenti a conversare. Quando sentirono i miei tacchi sul parquet si zittirono all'istante.
Si alzarono educatamente e vennero a salutarmi.
- È un piacere conoscerla, signorina Ford.
- Il piacere è tutto mio, sindaco Oldwood.
- Si accomodi pure, mia cara.
La sua cordialità aveva un nonsoché di falso, forse perché qualche settimana prima voleva uccidere mio padre e buttare me in pasto ai suoi lupi. Rimase a guardarmi da capo a piedi per molto tempo, mettendomi molto a disagio. Sembrava che stesse cercando ogni piccola imperfezione del mio corpo ed ebbi la netta sensazione che tentasse di carpire il mio odore. Poi vidi che i suoi occhi si fermarono all'altezza del mio collo soffermandosi sulla collana.
- Che ciondolo curioso-. Vidi che Derek e Alec si scambiarono degli sguardi preoccupati.
- Bellissimo quadro.
- Trova?
- Deve essere Phineas Oldwood, colui che costruì la città. Le assomiglia molto.
- Ha un buon occhio.
- Cos'altro sa degli Oldwood?- Ero confusa. Non capivo sel si stesse riferendo a qualche aneddoto su Phineas Oldwood o se fossi stata a conoscenza del loro segreto, così risposi nel modo più vago possibile: scossi semplicemente la testa.
- I giovani d'oggi, dovresti informarti di più sulle tue origini.
- Lei ha assolutamente ragione, cercherò un libro in biblioteca appena possibile.
- Mia cara, posso raccontartela io la storia dei miei avi. Chi meglio di un Oldwood può narrarla.
- Mi farebbe piacere ascoltarla.
- Gli Oldwood erano un grande clan che prosperava in Inghilterra, erano invidiati da tutta Europa per la loro bellezza e ricchezza. Ma un giorno, inaspettatamente, quei mostri entrarono nelle loro case e bruciarono tutto. I sopravvissuti vennero cacciati come se fossero delle prede insignificanti-. Il suo tono divenne solenne ed accusatorio.
- Chi dava loro la caccia?
- I cosiddetti Cacciatori, coloro che perseguivano l'ideale che noi fossimo dei demoni e che dovessimo essere estirpati come erbaccia. Così, i pochi che rimasero in vita partirono per l'America e sbarcarono in Massachusetts. Quando trovarono il posto ideale, un luogo isolato e circondato dalla natura così da poter rimanere attaccati alle loro radici, il mio antenato Phineas cominciò la costruzione di questa casa, per assicurare un futuro alle future generazioni.
Mia cara, so esattamente che lei è a conoscenza del nostro segreto-. Gli occhi cominciarono a brillare di un rosso magenta.
- Io non...- guardai Derek che si era alzato in piedi di scatto.
- Non mi menta, signorina Ford. Il motivo per cui le ho raccontato la storia è per metterla in guardia-. Si avvicinò al mio viso e i suoi denti si allungarono a dismisura e la voce divenne da profonda a gutturale.
- I Cacciatori esistono ancora e non aspettano altro che un pretesto per attaccarci, se lei dovesse parlare di noi a qualcuno non solo metterebbe a rischio tutti noi licantropi ma anche suo padre e la sua amica, perciò capirà che ho bisogno della sua parola. Deve assicurarmi che non proferirà parola con nessuno, altrimenti sarò costretto ad intervenire e metterla a tacere io stesso. Mi sono spiegato?
Annuii terrorizzata.
Gli occhi di Derek diventarono fluorescenti e i suoi denti da licantropo spuntarono. Cominciò a ringhiare, ma con un gesto della mano, il suo patrigno, lo fece inginocchiare e Derek cominciò a uggiolare.
- Non dirò niente, lo g-giuro-. Mi osservò per qualche secondo e poi si alzò.
- La cena è pronta, non vorremo farla raffreddare- disse scomparendo in sala da pranzo insieme ad Alec, mentre io mi buttai in ginocchio per vedere come stesse Derek.
Lo aiutai ad alzarsi.
- Che cosa ti ha fatto!
- Tranquilla, sto bene davvero.
- Non voglio stare qui, ho paura.
- Non devi averla, non ti farà del male a meno che tu non minacci la sicurezza del branco.
Mi accompagnò al mio posto, ma non riuscivo ancora a smettere di tremare.
La tavola era piena di ottimo cibo, ma la fame ormai mi era passata. In quel momento avevo solo la nausea, nonostante tutto tentai di mangiare qualcosa cucinato dalla madre di Derek.
- Tutto davvero buono, signora Moon.
- Sarò la signora Moon ancora per poco, chiamami Aurora.
La madre di Derek sembrava gentile, aveva anche lei i capelli corvini come suo figlio, ma gli occhi doveva averli presi dal padre perché quelli di Aurora erano nocciola. Era davvero una bella donna, capivo perché il signor Oldwood se n'era innamorato.
Alec per tutto il tempo aveva tenuto la bocca chiusa e la schiena dritta. Sembrava un soldatino.
Pensai a come fosse crescere con un padre così autoritario e con una famiglia dai nobili lignaggi. Doveva essere spossante portarsi dietro quel carico per tutta la vita.
Siccome tutti stavano zitti, Aurora cominciò a pormi delle domande.
- Da quanto vi frequentate?
- Circa un mese-. Derek mi strinse la mano sotto al tavolo per farmi capire che mi sarebbe stato accanto.
- Non comprendo ancora perché tu abbia lasciato quella bella ragazza di Victoria Black-, disse il sindaco riferendosi ad Alec.
- Perché ho capito di non averla mai amata.
- Ho saputo che tra poco vi sposerete-. Tentai di cambiar discorso.
- Tra qualche mese faremo la cena di prova e tu sei ovviamente invitata-. Vidi il signor Oldwood trapassare con i suoi occhi la sua futura sposa ma lei non gli diede peso.
La cena mi sembrò interminabile, continuammo a parlare del più e del meno, poi finalmente il padre di Alec ci congedò.
Mi salutarono tutti cordialmente, compreso il sindaco, come se non mi avesse minacciato davanti a tutti di morte. Andammo in macchina e ci sedemmo stanchi sui sedili.
- È stata davvero una pessima idea-, commentò Derek.
- Cosa ti ha fatto quando ti sei prostrato a terra?
- Noi licantropi riusciamo ad utilizzare il linguaggio animale. La nostra specie è in grado di comunicare quasi telepaticamente, come qualsiasi altro animale. I cani, ad esempio, non abbaiano in continuazione per comunicare, utilizzano gesti e movimenti per farlo. Quando ha fatto quel gesto con la mano ha usato la sua influenza da capo branco per sottomettermi.
- Sono così potenti i poteri da lupo alfa?
- Ha i sensi molto più acuti dei nostri. Credo che abbia percepito il tuo odore e lo abbia riconnesso con quella fatidica notte nel bosco. Roxanne devi perdonarmi, sono stato un incoscente.
- Prima o poi lo avrebbe scoperto lo stesso.
Derek stava accarezzando nervosamente il volante nero della sua auto. Lo abbracciai e lui si lasciò confortare tra le mie braccia.
- Prometto di non svelare a nessuno il vostro segreto.
- So che non lo farai, per questo motivo non te l'ho mai chiesto. Tu fai sempre la cosa giusta anche se ti può mettere in difficoltà.
Lo baciai sulle sue calde e carnose labbra.
- Adesso ti porto a casa.
Guidò fino a casa mia, ma non riuscivo a lasciarlo andare.
- Ti ha fatto male?
- Roxanne, io non ho lo stesso concetto di dolore che hai tu. Devi ricordarti sempre che noi siamo licantropi e quindi il lupo che è dentro di noi gioca con artigli e zanne, ma non per questo ciò che facciamo è definito cattivo; è solamente diverso.
- Ok...
- Cosa frulla ancora in quella meravigliosa testolina?
- Che poteri speciali avete?
- Non siamo super eroi-, rispose scherzosamente.
- Dai, hai capito. Ho visto come vi sono cresciuti i denti.
- Quando il nostro battito cardiaco aumenta velocemente, a volte perdiamo il controllo del nostro corpo umano. Solitamente la prima parte di noi che si traforma sono gli occhi, poi denti e artigli e infine tutto il resto fino ad arrivare alla trasformazione completa.
- Ma se ti trasformassi adesso, mi riconosceresti o mi attaccheresti?
- L'unico momento che la nostra mente umana comincia a vacillare è durante la luna piena. Più le lune passano e più riusciamo a rimanere attaccati alla nostra umanità. Quando ci trasformiamo la prima volta l'istinto e la fame sono ciò che ci animano.
Non riuscivo a confessargli che avrei voluto vederlo trasformarsi.
- Fammi vedere gli occhi-. Lui aggrottò la fronte in segno di confusione.
- Voglio vedere i tuoi veri occhi.
- Roxanne...
- Per favore.
Chiuse le palpebre lentamente e quando le riaprì gli occhi erano del colore della luna.
- Sono bellissimi.
- Perché non hai paura di noi?
- Io ho paura, ma non di te. So che non mi faresti mai del male. Mi fido di te.
Mi accarezzò il viso con una mano e poi la portò dietro la nuca. Mi baciò intensamente sulle labbra come mai aveva fatto prima.
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The Wolf's Hour
WerewolfPrimo capitolo della trilogia Hybrid. Compiti in classe, contrasti con i genitori, cotte adolescenziali, erano questi i problemi che Roxanne Ford, una semplice ragazza di sedici anni, doveva affrontare quotidianamente. Insomma, una vita tranquilla i...