Mi risvegliai di soprassalto. Mi toccai d'impulso il petto in cerca del foro di proiettile, ma era stato solo un brutto incubo.
Misi a fuoco la stanza e vidi un ragazzo rannicchiato sulla poltrona che si trovava poco distante dal mio letto.
- Hey, dormigliona- prese la poltrona e si accomodò proprio accanto a me e mi prese la mano. Il tocco era caldo e gentile e mi trasmise sicurezza.
Ci guardammo a lungo in silenzio, ma non c'era nessun acccenno di imbarazzo, non c'era bisogno di dire nulla in quel momento. All'improvviso entrò il dottor Miller che indugiò lo sguardo sulle nostre mani, poi fulminò Derek con lo sguardo che lasciò la presa immediatamente. Sentivo la mancanza del suo tocco. Il dottore notò il mio sguardo e si ricompose con la sua maschera impenetrabile.
- Roxanne, lo sceriffo vorrebbe porti alcune domande-, feci un cenno di consenso ed entrò con prepotenza nella stanza. Lo sceriffo era il padre di Victoria Black e come si dice: "tale padre, tale figlio". Mi guardò come se stesse guardando dello sterco di mucca, arricciò il naso e incurvò la bocca come se ne potesse sentire pergino l'odore. Il signor Black chiese a Derek e al dottore di andarsene dalla stanza perché erano in corso delle indagini. Derek e il dottor Miller uscirono e mi lasciarono sola con quell'uomo.
- Raccontami tutto ciò che ti ricordi- disse in tono brusco.
Raccontai tutta la vicenda dal principio: come due notti prima avevo sentito un grido provenire dal bosco e di come seguii le tracce di sangue che mi avevano portato al corpo di quell'uomo.
Appena accennai al cadavere vidi la confusione nello sguardo dello sceriffo.
- Quale corpo? Non abbiamo trovato nessuno nel bosco.
- Deve credermi, ci sono caduta sopra!Magari dei residui di sangue sono rimasti sui miei vestiti!
- Non siamo su CSI, siamo nella vita reale. Mi servono delle prove, perciò mi deve descrivere il morto e dove lo ha trovato.
Tentai di dare una descrizione dettagliata ma i ricordi erano annebbiati, come se mancavano dei tasselli per completare il puzzle. Eppure ero sicura di averlo già incontrato...
Lo sceriffo, dopo aver ottenuto tutte le dichiarazioni che gli servivano, se ne andò inquieto.
Derek e il dottor Miller rientrarono nella stanza.
- Sei libera di tornare a casa, Roxanne, vuoi che vada ad avvisare tua madre?
- Non si disturbi, la cercherò io.Derek si sedette accanto a me e mi guardó per un lungo periodo, mentre si mordeva quelle splendide labbra, come se volesse dirmi qualcosa.
- Sputa il rospo Moon.
Si mise una mano tra i capelli e poi parlò.
- Sei davvero coraggiosa e stupida.
Rimasi perplessa.
- Se dovessi fare delle stupidaggini o se volessi solo parlare, chiamami.
Segnò delle cifre su un tovagliolino di carta che si trovava sul comodino, poi lo piegò in tanti piccoli triangolini e me lo posò in mano.
Mi accarezzó il braccio delicatamentee poi se ne andò.
Presi le stampelle che si trovavano vicino al letto e mi diressi verso l'ascensore per poi cercare la stanza di mio padre. Intravidi mia madre dalla porta socchiusa della stanza, stava piangendo.
Sentivo bisbigliare qualcosa, ma non capivo, così bussai e aprii la porta.
Mia madre tentó di non dare a vedere che stesse piangendo, ma i suoi occhi gonfi di lacrime la tradivano.
Andai al capezzale del suo letto e vidi mio padre che si rigirava nel letto e parlava nel sonno.
- Cosa dice?
- Niente di comprensibile.
Mi avvicinai alla bocca per sentire meglio cosa stesse dicendo, ma tutto d'un tratto il mormorio cessò.
Mi avvicinai ancor di più e all'improvviso urlò: "occhi rossi" e mi strinse forte le braccia, non riuscivo a liberarmi dalla sua morsa. Mia madre corse fuori a chiamare gli infermieri che diedero qualcosa a mio padre per renderlo inoffensivo. Lasciò la presa e prima di riaddormentarsi disse nuovamente quelle parole.
Rimasi scossa, forse anche mio padre era stato attaccato dallo stesso uomo misterioso.
Mia mamma era spaventata ma decise comunque di accompagnarmi a casa. Lungo tutto il tragitto non feci altro che pensare alle parole dette poco prima da mio padre.
Andai direttamente in camera mia; non avevo fame, anzi, avevo la nausea. Mi gettai sul letto a pancia in su e guardai fuori dalla finestra.
Era scuro fuori, la luna era oscurata da una coltre fitta di nubi; gocce di pioggia picchiettavano sul vetro e cadenzavano un'armonia malinconica.
Sentii un miagolio insistente dietro la porta chiusa. Il sorriso mi riapparve sul viso.
- Miao-, dissi, lei mi rispose a tono.
Accarezzai il folto pelo grigio di Koshka, la mia gatta. Subito cominciò a fare le fusa in modo ipnotizzante.
Guardai nella tasca e vidi il tovagliolino con sopra il numero di Derek. Registrai il suo numero sul telefono.
Andai in bagno e mi guardai allo specchio, non riuscivo a riconoscermi, avevo gli occhi gonfi, la pelle pallida dalla stanchezza e dei piccoli graffi che mi segnavano il viso. Decisi di farmi una doccia rigenerante, ne avevo veramente bisogno. L'acqua calda scorreva incessante sulla mia pelle che riacquistava un certo rossore. Una piacevole nube di vapore aromatizzata al biancospino riempiva la stanza. Mi fermai davanti allo specchio e vidi un'ombra dietro di me, pulii dallo specchio le gocce di vapore e vidi una figura insaguinata alle mie spalle, il volto martoriato. Mi girai spaventata ma lo sconosciuto scomparve in un battito di ciglia. Cominciai a preoccuparmi per la mia lucidità, forse avevo delle allucinazioni da stress post traumatico.
Mi misi a letto e mi coprii col piumone e finalmente le palpebre pesanti si chiusero e caddi in un sonno profondo.
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The Wolf's Hour
WerewolfPrimo capitolo della trilogia Hybrid. Compiti in classe, contrasti con i genitori, cotte adolescenziali, erano questi i problemi che Roxanne Ford, una semplice ragazza di sedici anni, doveva affrontare quotidianamente. Insomma, una vita tranquilla i...