Capitolo 9

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Quella mattina mi risvegliai nel pieno delle mie forze, infatti nessun mostro aveva infestato i miei sogni quella notte. Andai in cucina e trovai mio padre immerso nella lettura.
- Buongiorno!-, gli diedi un abbraccio affettuoso.
- Buongiorno-, rispose con un sorriso spento.
- Ti senti bene?
- Solo un po' stanco, devo ancora riprendermi-, rispose con affanno.
- June è arrivata, scappo.
Presi lo zaino e uscii.
June mi aspettava in macchina, stava messaggiando nell'attesa.
Entrai in macchina e mi salutò con un enorme sorriso.
- Dopodomani sarà Halloween, non sei eccitata?-, domandò con entusiasmo.
June andava matta per la festa di Halloween, non per la festa in sé, ma perché credeva realmente che quel giorno il velo tra i vivi e i morti fosse così sottile da poterlo rompere e che gli spiriti dei defunti tornassero per sistemare le loro questioni in sospeso; mentre a me piaceva perché mi dava il pretesto di dar luogo ad una maratona di film horror.
- Cosa facciamo quest'anno?
- Siamo ufficialmente invitate alla festa più "in" dell'anno-, fece un sorriso smagliante -quella organizzata dagli Oldwood!
- Sarà il solito prestesto per le ragazze di vestirsi in abiti succinti e per i ragazzi di provarci con loro senza ritegno.
- Esatto e noi ci saremo!
La guardai in malo modo.
- Smettila di fare l'asociale e vieni a quella dannatissima festa con me.
Alzai gli occhi e mi arresi.
- Sarà fantastico!
Arrivammo a scuola.
La salutai e andai a lezione di biologia.
Il professore di biologia era molto particolare; infatti portava sempre delle scarpe rosse lucide, pantaloni di velluto marroni e una giacca antica, nel cui taschino si trovava un orologio d'oro con inciso le sue iniziali J.S che stavano per John Stuart. Aveva un grosso naso a punta e piccoli occhi verdi, come se una lente d'ingrandimento fosse stata posta sul suo viso e ne avesse ingrandito o rimpicciolito delle parti.
Sulla cattedra si trovava un bellisssimo fiore viola acceso che attirò la mia attenzione.
- Bene ragazzi, sapete cos'è?-, domandò all'intera classe.
- Un fiore!-, rispose il buffone della classe, tutti si misero a ridere.
- Esatto signor Thomas, ma chiedevo il nome della suddetta pianta. Qualcuno lo sa?
Una mano incerta si levò in alto.
- Sì signorina...-, indugiò.
- Clark, Megan Clark.
- La conosce?-, chiese il professore indicando il fiore.
- È strozzalupo.
- Esattamente, signorina Clark. Più precisamente il suo nome scientifico è Aconitum Napellus. La pianta è conosciuta per la sua alta tossicità.
L'ingestione accidentale di aconito provoca numerosi disturbi gravi e può causare la morte di chi la assume.
Alzai la mano e il professore mi fece segno di parlare.
- Perché si chiama anche strozzalupo?- domandai.
- Il nome comune Strozzalupo deriva dal fatto che alcuni popoli antichi la usavano per avvelenare i lupi e le volpi, ma si credeva anche servisse a neutralizzare i lupi mannari.
- Auuuuuuu!-, qualcuno fece un ululato dal fondo della classe e delle risate si levarono in coro.
Guardai dietro di me e indugiai sulla ragazza che aveva risposto correttamente alla domanda del professore. Era una ragazza dal viso particolare: aveva zigomi alti tempestati da lentiggini e la mascella serrata. Lunghi capelli rossi le incorniciavano il viso selvaggiamente, gli occhi erano tizzoni spenti temprati dalle lacrime.
Si accorse che la stavo fissando, allora mi girai di colpo per l'imbarazzo.
- Va bene ragazzi, ora torniamo al lavoro.
La lezione continuò il suo corso. Ora ne volevo sapere di più sullo strozzalupo.
Era vero che era pericoloso per i lupi mannari?
Guardai quella pianta che si trovava immobile sulla cattedra, come era possibile che qualcosa di così perfetto fosse così tossico?
Presi il cellulare e mandai di fretta un messaggio che diceva: Ho bisogno di risposte.
Il resto della giornata continuò serenamente senza nulla di eclatante.
A mensa vidi la ragazza dai capelli rossi prendere il suo pranzo e andarsene dalla mensa. Non sapevo il perché ma volevo vedere dove stesse andando, c'era qualcosa in lei che catturava la mia attenzione. Uscii dalla mensa, ma trovai davanti Derek.
- Dove vai così di fretta?-, mi fece il suo solito sorriso dolce.
- Ti stavo cercando-, mentii, però quando pronunciai quelle parole non uscirono come una bugia, infatti volevo veramente stare con lui.
- Mi hai trovato!
Mi prese per mano e una sensazione piacevole si propagò in tutto il corpo. Guardai nella direzione in cui era sparita la ragazza, indugiai per qualche secondo e mi sedetti insieme a lui.
Vidi che mi stava fissando come se mi volesse dire qualcosa ma non ci riuscisse.
- Che c'è?- chiesi timida.
Insprirò profondamente e poi buttò fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni.
- Tra noi è tutto ok?-, era davvero nervoso, doveva averci pensato molto in quella settimana. Solo ora notai la tensione nella sua voce.
Lo guardai negli occhi: erano come un mare in tempesta, mentre le sue labbra erano lisce ed invitanti. Quando lo guardavo non riuscivo a vedere niente di pericoloso in lui. Era soltanto un ragazzo con un oscuro segreto e decisi di volerlo condivedere con lui.
Gli misi una mano sulla nuca e la accarezzai lentamente, fremevo dal desiderio delle sue labbra, ma non volevo baciarlo davanti a tutti, così dissi semplicemente:
- come se non fosse mai successo.
Il sorriso riapparve sul suo volto e mi accorsi che un macigno sul mio cuore si era sollevato, era come se, accettare la sua natura, mi avesse liberato da un peso insostenibile.
Finita la pausa pranzo lo salutai e andai nell'aula 111. Non c'era nessuno che conoscevo, perciò mi concentrai e cominciai a studiare per l'imminente compito di inglese. Mi era sempre piaciuto leggere perciò studiavo volentieri i grandi scrittori inglesi. La nostra professoressa ci aveva dato da leggere un'opera a scelta di Shakespeare e io avevo scelto Amleto. Era davvero avvincente, c'era tutto: odio, amore, vendetta, tradimenti e il sovrannaturale.
L'ora terminò, arrivai al punto e chiusi il libro e mi affrettai ad uscire. Guardai il telefono e vidi un messaggio, c'era un indirizzo.

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