Mi risvegliai poco dopo con una fitta lancinante all'addome. Il sangue faceva aderire dolorosamente il mio vestito alla ferita e ad ogni mia contrazione, sentivo penetrare la stoffa dentro alla carne viva e, combinata col freddo di quella terribile notte, era un'angosciante agonia.
Non riuscivo ad aprire gli occhi, non avevo abbastanza forze per farlo, perché le stavo concentrando tutte per non svenire di nuovo.
Sotto i miei lamenti si distinsero due voci familiari.
- Mi trasformerò e vi trasporterò nella foresta, fino ad arrivare al mio ambulatorio-, spiegò l'uomo
- Cosa devo fare?-, chiese la ragazza.
- Devi caricarla su di me e assicurarti di tenerla il più ferma possibile, altrimenti la ferita peggiorerà e perderà troppo sangue.
Sentii il familiare rumore di mutazione dei licantropi. Un ululato disperato si levò in cielo, poi qualcuno mi prese in braccio e mi tenne stretta a sé.
Sentivò l'aria gelida sferzarmi sulla schiena come un dardo rovente.
Aprii gli occhi, ma da quel poco che riuscii a vedere, stavo sfrecciando su un lupo dal pelo color sabbia. Dietro di noi vedovo gli alberi piegati su sé stessi, come se al nostro passaggio, si inginocchiassero per mostrare la loro compassione nei miei confronti. Voltai il viso e vidi dei lunghi capelli biondi svolazzare nel vento.
Il grosso lupo balzò su un vecchio tronco e atterrò magistralmente sul terreno umido.
Il salto mi strappò la ferita, sentii il sangue colormi sulle cosce. Il dolore era tale che svenni nuovamente.Ero nella mia classe di letteratura inglese alla Oldwood High School. L'insegnante stava spiegando di nuovo Shakespeare, così guardai fuori dalla finestra per passare un po' il tempo.
- Roxanne! Roxanne!-, chiamò la professoressa.
- Io...
- Come al solito non ascoltavi! Ora vieni davanti a tutti ed esponici l'Amleto.
- Io...
- Sai sempre e solo pensare a te stessa, non è così?! Almeno disegna il diagramma dei personaggi, fai qualcosa!-, strillò.
Presi nervosamente il gessetto e lo poggiai sulla lavagna. Sembrava che il mio cervello non volesse ricordare le risposte per farmi un dispetto. All'improvviso la mia mano cominciò a muoversi e a disegnare dei cerchi e delle curve. Mi allontanai con ogni mia forza di volontà dal triskel che la mia mano aveva tracciato senza il mio consenso.
Il disegnò cominciò a muoversi e divenne in rilievo. Dai riccioli cominciarono a sgorgare sangue e membra umane. Il mio stomaco non resse e vomitai.
Delle risate dietro di me, mi fecero scattare. Tutti i miei compagni avevano il collo semitagliato e un occhio mancante. La mia docente cominciò a ridere a crepapelle fino a spaccare la sua pelle di porcellana e a mostrare le sue vere sembianze. Eris mi guardava famelica.
- È inutile che scappi, il tuo destino è già scritto!
Gridò talmente forte che i vetri si infransero.
Aprii la porta e corsi nel corridoio, ma sembrava che quella sostanza liquida seguisse la mia scia.
Andai a sbattere contro Derek.
- Dobbiamo andarcene!
Mi strattonò per il braccio e corremmo insieme verso la sala mensa.
Era completamente buia. Avevo un brutto presentimento. Sentii dietro di me il lucchetto della porta chiudersi.
- D-Derek... c-che succede?
Vidi nell'ombra aprirsi un centinaio di occhi gialli e uno rosso avvicinarsi a me.
Io mi spiaccicai contro la porta sprangata.
- Cosa vuoi da me?
- La tua vita.
Mi saltò addosso.Finalmente mi risvegliai da quell'incubo interminabile.
- Roxanne.
La voce calda e genuina di Derek mi destò completamente dal sogno.
Non appena mi risvegliai, trovai le sue labbra sulle mie. Quel baciò mi provocò un gemito di dolore. La mandibola mi faceva ancora male per il colpo infertomi dal mio carnefice. Tentai di alzarmi ma fu un supplizio e quindi mi arresi.
- Roxanne devi rimanere sdraiata.
Cominciai a sentire una fitta allo stomaco e il dolore aumentò del cento per cento. La fronte mi si imperlò di sudore e le lacrime cominciarono a scendere fino ad inumidirmi il collo.
- Vado a chiamare qualcuno.
Gli presi il braccio in segno di protesta, non volevo rimanere di nuovo sola.
- Torno subito.
Mi baciò teneramente la mano e se ne andò.
Mi guardai attorno e notai di essere nella stanza di Miller. I miei sensi sembravano aver acquisito nuovamente la loro funzionalità sovrannaturale. Percepivo la pelle del mio corpo sfregarsi contro le lenzuola morbide di cotone ogni volta che respiravo. Alzai lentamente la coperta e notai di essere in intimo; dovevano avermi tolto il vestito per medicarmi, ma arrossii lo stesso. La ferita era coperta da un grosso cerotto bianco. Morivo dalla curiosità di vedere cosa mi fosse capitato. Stavo per togliere la protezione, quando delle persone entrarono tutte insieme nella stanza. Derek aveva portato con sé non solo il dottore, ma tutte le persone che amavo.
I miei genitori vennero ad abbracciarmi, mia madre piangeva come una fontana, mentre mio padre era rigido e non diceva nulla, ma era ovvio che fosse felice che fossi viva.
- Ci hai fatto preoccupare da morire-, piagnucolò mia madre.
- Mi spiace mamma, non ve lo meritavate.
Pronunciate quelle parole singhiozzò ancora più forte.
- La mia bambina!
Mio padre la accompagnò nel corridoio e la lasciò piangere tra le sue braccia.
- Sei orribile-, disse June.
- Uno straccio-, sottoscrisse Alec.
- Grazie-, commentai acida.
- Da quanto sono qui?-, domandai mentre mi stiracchiai i muscoli della schiena e sbadigliai per la stanchezza.
Tutti quanti si guardarono.
- Due giorni.
- Due giorni?!-, feci eco.
- I funerali sono già stati celebrati-, sussurrò June, mentre una lacrima gli rigò il viso.
In quel momento tutto mi tornò alla mente e mi sentivo amaramente in colpa per essermi scordata della morte di Declan e degli altri due ragazzi.
Guardai Miller che fino a quel momento era stato silenziosamente in disparte.
- Dov'eravate tutti? Sono riusciti a svolgere il rito indisturbati!
- Siamo stati attaccati, decine e decine di uomini lupo ci hanno colto di sorpresa nel bosco. Ci attendevano...
Solo in quel momento notai i graffi e i morsi sui loro corpi.
- Grazie di avermi salvata-, dissi, riferendomi a June.
- Mi spiace dirlo, ma non sono stata io a salvarti...
- E allora chi?
Victoria entrò arrogantemente nella camera da letto nel suo completino Gucci.
- Tu?-, domandai colpita.
- Ho solo risposto per prima al richiamo, non ti montare la testa-, disse tornando in sé stessa.
- Richiamo?
Con il suo dito curato e perfettamente smaltato mi indicò la collanina.
- Allora funziona!
Emise un suono gutturale.
- Perché ci avete messo così tanto ad arrivare?
- Forse ti serve un'altra sberla per rinfrescarti le idee! Non hai ascoltato il tuo ragazzo? Eravamo leggermente occupati a salvare il nostro branco e gli stupidi alla tua altrettanto stupida festa. Sono accorsa appena sono riuscita a liberarmi da una di quelle orrende bestie umanoidi... senza offesa-, disse, rivolgendo un sorrisetto malizioso a June, che rispose con un'alzata degli occhi.
- Ma cosa è successo quella notte?- se lo stavano chiedendo tutti e anche io desideravo saperlo.
- Vorrei scoprirlo anche io-, risposi lanciando un'occhiata a Miller, se quello era il suo nome.
Avevo così tante domande che mi frullavano nella testa che desideravano uscire fuori.
- Roxanne, ora riposati-, disse prontamente Daniel.
- Devo sapere.
- Tutto a suo tempo.
- Mi sono rotta le scatole dei tuoi sotterfugi!
Tutti mi guardarono con gli occhi spalancati, sembravano sorpresi dalla mia reazione. Significava che il dottore aveva tenuto la bocca chiusa sulla faccenda.
- Te lo prometto, risponderò ad ogni tua domanda. Adesso riposati che hai bisogno di guarire.
Tutti lasciarono la stanza, Victoria era l'ultima della fila.
- Victoria!
- Cosa vuoi?
- Grazie.
Si girò facendo svolazzare i suoi capelli setosi all'aria e ancheggiò soddisfatta fuori dalla porta.
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The Wolf's Hour
WerewolfPrimo capitolo della trilogia Hybrid. Compiti in classe, contrasti con i genitori, cotte adolescenziali, erano questi i problemi che Roxanne Ford, una semplice ragazza di sedici anni, doveva affrontare quotidianamente. Insomma, una vita tranquilla i...