Capitolo 5

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Quella mattina ero raggiante. Non solo mio padre sarebbe tornato a casa quel pomeriggio, ma la sera prima io e Derek ci eravamo baciati per la prima volta.
Finalmente la dea bendata aveva voluto darmi una possibilità.
Era ancora mattino presto, ed essendo sabato, erano tutti nei loro letti tranne me.
Guardai il display del mio smartphone e vidi un messaggino di Derek. Mi aveva mandato un cuoricino. Sorrisi a trentadue denti e gli invia anche io un cuoricino.
Mi sentivo al quanto energica e di buon umore, perciò decisi di fare una corsetta sul sentiero che porta a Birchwood.
Salutai mamma e partii.
Correvo ad un'andatura normale per una poltrona come me, finchè non mi resi conto di stare correndo molto velocemente. Mi fermai e ripresi fiato, ma stranamente non ne sentivo il bisogno. Ripartii correndo, sfrecciavo sul terreno umido del bosco. L'aria fresca e l'odore di muschio misto a resina mi rinfrescó i polmoni.
Senza rendermene conto ero dall'altro capo del bosco.
Avevo davvero corso cosí tanto senza riprendere fiato?
Sentivo nelle vene l'elettricitá, avevo bisogno di scaricare tutta quell'energia.
Ripercorsi lo stesso tragitto a ritroso e mi scontrai letteralmente con Alec, l'impatto mi fece cadere all'indietro.
Lui mi aiutò ad alzarmi.
- Stai attenta, scheggia.
- Scusami, mi sono accorta all'ultimo di te.
Mi sembrava stranamente silenzioso e notai che vi era un leggero velo di tristezza nei suoi occhi.
- Alec, stai bene?-, a quelle parole il suo castello di mura solide si sgretolarono come se fossero di sabbia.
Non pianse, ma la sua tristezza si palesó sul suo volto.
Non sapevo come comportarmi non conoscendolo a fondo e così feci la cosa piú semplice del mondo: lo abbracciai. Sembrava sorpreso dalla mia empatia, sentivo i suoi muscoli irrigidirsi al mio tocco, il cuore nel suo petto batteva ad un ritmo sostenuto finché, ad un certo punto, si rilassó completamente e ricambió l'abbraccio. Quella dimostrazione d'affetto duró per molto tempo ma non mi dispiaceva, anzi cominciava a piacermi.
Si chinó e mi diede un bacio sulla fronte, poi ripartì e sparì tra le fronde selvagge degli alberi senza dire una parola.
Io ero ferma sul sentiero a capire che cavolo fosse successo.
Io odiavo Alec, eppure davanti a quel ragazzo con la tristezza sul volto, non potevo fare altro che provare tenerezza. Mi sembrava vulnerabile e bisognoso di qualcuno che lo ascoltasse.
Mentre correvo non facevo altro che pensare a quel bacio delicato sulla fronte. Perché non riuscivo a farmelo uscire dalla mente?
Corsi in direzione della casa di June. La cittá ora era sveglia e laboriosa. Le auto sfrecciavano come in una gara sull'asfalto appena sistemato. Il sole picchiava alto nel cielo e una piacevole sensazione di calore si propagó nel mio corpo.
Arrivai davanti al vialetto familiare che avevo percorso un migliaio di volte.
Mi aprì la sorellina di June, April.
Mi saltó in braccio e mi abbracció forte.
April era una ragazzina di dieci anni, eppure per la sua età era davvero intelligente e furba, June la soprannominava il "Genio malefico" perché si metteva sempre nei guai, sebbene la scampasse sempre. Era la miniatura di sua sorella: alta, chioma riccia e bionda e grandi occhi azzurri.
Quando finimmo di abbracciarci le chiesi dove fosse June.
- È uscita a sbaciucchiarsi col fidanzato-, fece finta di vomitare.
- Sai per caso quando tornerá?
- Dovrebbe rincasare a momenti, se vuoi puoi aspettarla qui!
Entrai in casa e mi accomodai sul divano di pelle. La madre di June era una designer di interni, perciò i mobili erano particolarissimi e posizionati nella posa perfetta per creare armonia con tutto il resto dell'arredamento.
- Ti va di giocare con me?
- A cosa?
Mi porse la custodia di un gioco per la wii.
- Just dance!-, disse con entusiasmo.
- Sappi che ti stracceró.
Ballammo per quasi un'ora ininterrottamente, eravamo sudate fradice entrambe.
- Ti ho battuta alla stragrande!
- Io ho solo dieci anni.
- Scusami, sono troppo competitiva...
Se ne andó fiera in cucina.
La porta d'ingresso si aprì, il rumore delle cinghie degli stivaletti di June riecheggiava per tutta la casa.
Quando mi vide mi saltó addosso.
- Sei sudata.
- E tu mi stai spiaccicando.
Si tolse da sopra di me e si sedette sul divano.
- Ho saputo una cosa-, disse col suo solito sguardo da ho-uno-scoop.
- Cosa?
- Alec e Victoria.
Faceva apposta a tenermi in sospeso perché sapeva che lo odiavo.
- Si sono lasciati!
Ecco perché lui era triste stamattina.
- E c'è di più. È stato Alec a lasciare Victoria!
- Non ci posso credere! Perché l'ha lasciata?
- Tyler mi ha detto questo, testuali parole: "Alec si era stufato che facesse la stronza con Roxanne".
L'Alec che pensavo di conoscere non lo avrebbe mai fatto, ma ora cominciavo a pensare che ero stata troppo frettolosa nel giudicarlo, in fondo lui si era sempre comportato bene con me.
Forse lo avevo messo io sul piedistallo...
- Stamattina l'ho incontrato e mi sembrava giù di morale.
- Avete parlato?
- In realtà non ci siamo parlati, ho visto che stava male e l'ho abbracciato.
Mi stava guardando come se fossi un'aliena, gli occhi le erano diventati spropositatamente grandi.
- E lui?!
- All'inizio si è irrigidito, ma dopo ha ricambiato l'abbraccio, infine mi ha dato un bacio sulla fronte e se n'è andato.
La sua espressione da sorpresa era diventata incredula.
- Non è che...-, alzó ripetutamente il sopracciglio destro.
- No! Anche perché ieri mi sono baciata col suo fratellastro.
- E tu mi hai fatto parlare fino adesso di quei due?! Racconta subito tutto!
Le raccontai ogni particolare: la festa, il ballo, la musica e infine il nostro bacio.
- Com'è romantico!
Continuammo a spettegolare, quando dovetti salutarla perchè dovevo andare al supermercato a comprare qualcosa per il festino di ben tornato per mio padre.
Entrata nel supermercato andai nel reparto dei compleanni e trovai un sacco di festoni, palloncini e altri oggetti di vario genere.
Trovai un festone colorato con scritto "bentornato!", poi presi dei palloncini azzurri e dei coriandoli del colore della bandiera statunitense.

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