Capitolo 8

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Sembrava tutto così normale.
Così da "famiglia perfetta"
Se non l'avessi saputo avrei detto che non c'era nulla di male in quello che vedevo, apparte l'assenza di mia madre, tutto sembrava apparentemente perfetto.
Mio padre e mio fratello stavano parlando dell'università davanti ad una tazza fumante di caffè, in una di quelle tante tazzine che mia madre amava collezionare, di ogni tipo, colore e dimensione.
Sapevo che tutto sarebbe durato poco.
I discorsi tra mio padre e Seth duravano sicuramente più dei miei, ma con una semplice differenza.
Ai miei si annuiva e basta, si obbediva, si rispettavano le autorità altrui.
C'era solo paura.
Paura e autocommiserazione.
In quelli di Seth invece, non era la disciplina e -come la chiamava mio padre- l'educazione, che riempivano l'aria.
Erano i litigi.
Se si fossero presi a pugni un giorno, di sicuro io non avrei saputo cosa fare.
C'era sempre troppa tensione tra loro.
Vedevo i nervi sul collo di Seth contrarsi, dopo ogni risposta.
Mio padre aveva sempre quello sguardo assassino, che caratterizzava la sua reputazione.
Le mani sempre chiuse in pugni ben serrati sopra il tavolo.
Il piede destro battere continuamente a terra.
Come se fosse nervoso.
Nessuno dei due non cedeva prima dell'altro, lo facevano contemporaneamente.
Come se fosse tutto già programmato.
Mi scrollai di dosso quei pensieri, non dovevo pensare a quello in quel momento.
Kim e la festa adesso erano le mie principali priorità.
La quiete di prima sparì in meno di cinque secondi.
"Papà tu non capisci"Seth sembrava furioso, ed erano ancora agli inizi.
"Seth ascoltami, te lo ripeto per l'ultima volta, non appena arriverai in dormitorio ti metterai sotto con lo studio, dal prossimo semestre inizierai anche a badare a te stesso. Non voglio che nel tempo libero tu non faccia niente, per questo ho chiamato un amico che sarà disponibile ad offrirti un lavoro, per mettere da parte qualche soldo. È arrivato il momento figlio mio di accettare le tue responsabilità"
La vedevo male, molto male.
È meglio che faccia la mia mossa, prima che sia troppo tardi.
"Papà posso chiederti una cosa?"
Magari mi avesse risposto di si.
"Tu e la tua insolenza Hailey! Non vedi che sto parlando con Seth?"
Fú così che Hailey fallì nella sua nobile impresa.
Sarebbe stato il caso di sedersi e preparare del pop Corn, perché a giudicare dallo sguardo di Seth la situazione alzerà il suo livello da -apparentemente normale- a -istinto omicida livello massimo-.
E non era una bella cosa.
Primo, perché non sarei stata in grado di separarli, e non volevo di certo finire in tribunale con un occhio nero.
Secondo, sarei scappata di casa, o sarei finita sotto il tavolo con le mani alle orecchie.
La mia vasta gamma di scelte era davvero impressionante.
"No papà!" gridò Seth tutto ad un tratto.
Fui costretta ad indietreggiare, non era la prima volta che vedevo Seth furioso, ma tutto era stato così improvviso fa farmi spaventare a morte.
Che la lite abbia inizio.
"Tu non capisci, sono stufo delle tue raccomandazioni, vorrei solo poter andare all'Università e basta, perché non posso vivere la mia vita in santa pace? Troverò un lavoro quando ne avrò bisogno"
"Non usare quel tono con me signorino, mi sembra quasi di parlare con un bambino di cinque anni, altro che venti"
Seth era pronto a controbattere, l'avevo già capito.
"Cosa? Oh ma buongiorno papà eh? Ventidue! Io ho ventidue anni"
Il tempo di dare uno sguardo a mio padre che Seth era già in piedi, con le mani poggiate al lavello, gli dava le spalle.
"Non permetterti mai più di  rispondermi"
"Beh e allora tu non farmi domande?!"
E con questo era chiaro che la conversazione era ufficialmente finita.
Con il punteggio finale di 1/0 per Seth.
Mio padre aveva la mandibola contratta, avendo sicuramente già capito di aver perso.
Forse non era un buon momento ma mi avvicinai a lui.
Il suo "buon umore" ci aveva ufficialmente lasciati.
Incontrò il mio sguardo, che distolsi subito.
Non ero come Seth, non riuscivo mai a guardarlo negli occhi, erano freddi come il ghiaccio, e scuri come la notte.
"Heiley" la voce roca e cupa.
"Si papà?"
"Cosa volevi chiedermi?"
Questa mi è nuova, davvero voleva saperlo?
Ah già, conoscevo quello sguardo, e si notava anche qualche nota stonata nella voce.
Aveva perso, ma non poteva riconoscerlo, quindi l'idea migliore sarebbe far vedere a sua figlia l'uomo maturo e responsabile qual'è.
Bravo papà sono molto fiera di te...si, certo.
"Kim mi ha invitato ad una festa questa sera, dovrebbe venirmi a prendere tra mezz'ora"
Seth mi passò accanto, per poi dirigersi in camera sua, non mi ero nemmeno accorta che era ancora lì.
"Frequenti ancora quella ragazza? Lim ?"
"Kim. E sì!, la frequento ancora" portai le braccia al petto, era tipico di mio padre disprezzare tutti i miei amici, non erano alla sua altezza, o a quanto pare, i loro genitori non erano alla sua altezza.
"Bene. Allora vai, torna pure quanto ti pare, ma non venirmi a disturbare non appena arriverai a casa. Sai quali sono le regole"
"Sì le so, le so" sbuffai secca.
"Adesso và, ho da fare"
Girai i tacchi e me ne andai.
Mandai un messaggio a Kim per informarla che ero pronta,e mi sedetti sul divano, aspettando con poco entusiasmo che il campanello suonasse.
Passarono 15 minuti pieni, prima che potessi alzarmi controvoglia ed andare ad aprire, trovando una Kim truccata e vestita di tutto punto.
Una vampata di schiuma, lacca e fragola investì l'aria.
Aveva un vestitino total black che gli arrivava poco sopra il ginocchio, i capelli lasciati ricadere sulle spalle, e degli anfibi con il tacco più alto del mio.
Una spessa linea di matita le incorniciava l'occhio e il mascara rendeva il suo sguardo ancora più impressionante.
Mi squadrò dalla testa ai piedi.
Mi sentivo nervosa, esposta, beh... certo con gli occhi di Kim come potevi non sentirti imbarazzata?. 
"Mmm" incontrò il mio sguardo, ed un sorriso le percorse le labbra.
"Devo dire che in fin dei conti te la sei cavata bene, il top è stupendo, le scarpe un po meno, ma sono comunque fiera di te"
"Oh beh, grazie"
C'era qualcosa di "non sensato" in quella conversazione.
Davvero si stava complimentando per essermi vestita bene?
Suonava strano tutto ciò.
Strano e inquietante.
"Bene amica mia, sono le 21:57, siamo perfettamente in orario"
"Ok Kim adesso andiamo, prima che ti veda mio padre"
"Quell'uomo mi odia da morire vero?" Chiese ridendo.
"Ah puoi dirlo forte"
Presi il cellulare e le chiavi di casa dal mobiletto in soggiorno, ed uscì velocemente prima di veder comparire mio padre dalla porta e fare il terzo grado a Kim.
Era meglio evitarlo.
Salì sul motorino di Kim e misi il casco.
"Sei pronta?" Chiese
"Come non mai"
E sfrecciammo solitarie tra le ultime luci che illuminavano Orlando.
Mi sarei divertita?
Questo nessuno poteva dirmelo.
Dipendeva da me.
Da me e dalla mia innata incapacità di socializzare.
Io lo definivo un difetto, forse lo era, o forse era soltanto una maschera, un muro che mi ero creata per impedire alle persone di conoscermi realmente.
La vera Hailey Walker.
Quella che non mostra indifferenza verso nessuno.
Che non teme il padre.
Che ride, piange, si sente libera.
Libera di essere una diciottenne con miliardi di sogni nel cassetto.
Ma quel cassetto è stato svuotato molto tempo fa.
Non era stato un incidente, nemmeno un imprevisto.
Era stato per volontà sua, che ormai quel cassetto, che straboccava di sogni e speranze, era rimasto vuoto.
L'unico superstite era un bigliettino.
Un semplice ed innocuo bigliettino, con una sola parola- Sopravvivere- 

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