Non sognai quella notte.
Ero stanca.
Forse in certe circostanze mi avrebbe aiutato, ma il buio, mi annebbiava la vista, solo il vuoto totale, circondava il mio orizzonte.
Quella mattina stetti in silenzio, per tutto il tempo.
Mi vestii, feci colazione, preparai lo zaino, ma non osai mai, rivolgere uno sguardo a mio padre, neanche per tutto il tempo del viaggio, visto che si era gentilmente offerto di accompagnarmi.
"Ti accompagnerò io a scuola, oggi" disse sfogliando il giornale.
Guardai la tazza di cereali, che aspettava solo di essere mangiata, ma mi limitai ad annuire, e basta.
Erano giorni che non toccato cibo, apparte quel pezzo di pane, della sera precedente, ma non mi importava più di nulla.
La guancia continuava ad essere lievemente rossa, la mano stava migliorando, e il ginocchio, sembrava non volerne sapere.
Ma non era fisicamente che stavo male, avrei anche potuto rompermi l'osso del collo, ma non mi sarebbe comunque importato, il mio cuore non si sarebbe rimesso in piedi facilmente, ci sarebbero voluti giorni, mesi, o addirittura chissà...anche anni, ma avrei comunque portato sempre con me, quel rumore.
La mano di mio padre contro la mia guancia, i nervi tesi sul suo collo, lo sguardo inespressivo, lo sbattere violento della porta della mia camera.
Niente sarebbe stato come prima.
Niente.Mio padre mi scaricò, di fronte la scuola, senza né un "Buona giornata" o un "Fa la brava".
Solo lo sbattere della portiera, aveva concesso al mio cuore di sgretolarsi ancora di più.
Kim mi vide in lontanza, il sorriso fra le labbra, e i capelli spettinati al vento.
Ma la sua espressione cambiò non appena incrociò il mio sguardo.
"Hailey, tutto ok?" Mi chiese leggermente preoccupata.
"Sì alla grande" mentii, non avevo voglia di parlare, né di spiegare, e Kim sembrò recepire al volo il messaggio.
"Andiamo, Jackson ci sta aspettando"
Nonostante conoscessi Jackson, da meno tempo di Kim ( terza media, per l'esattezza) anche lui, sembrò fare molto caso, al mio "cattivo umore".
Mi guardava, come se cercasse di leggere dentro di me, di capire cosa mi turbasse.
E senz'altro ci riuscì.
"Hailey, va tutto bene con tuo padre?"
"Sì perché?" Mentii nuovamente, noncurante del fatto, che oltre a ferire me stessa, facevo star male anche gli altri.
"Dai senti, dimmi la verità"
Sì avvicinò di più, così che nessuno potesse sentirci.
Kim, si era già abbandonata alle sue solite conversazioni, sull'igene personale, ed io ne approfittai.
"Ok, si, ecco, va male, e io... non c'è la faccio, i-ieri..." distolsi lo sguardo.
Non potevo.
"Ti ha picchiata?" La sua voce, mi colpì al petto, e mi sentii morire.
Indugiai, ed incontrai di nuovo il suo sguardo.
Lui capì al volo.
Imprecò sotto voce, e si passò una mano tra i capelli.
"Per favore, per favore, non dirlo a Kim, ti prego" lo supplicai
"Ma..."
"Promettimelo! Ti prego promettimelo!"
Ero sul punto di scoppiare a piangere, ma non dovevo, non avrei mai dovuto.
"Ok..." sussurrò lui, e mi regalò un abbraccio improvviso.
E sotto sotto, mi sentì un po meglio.Non appena entrammo in classe, mi sedetti sulla mia sedia, trovando James, intento ad armeggiare con il cellulare.
Mi ero quasi dimenticata di lui.
Il suo modo di essere...diverso, da come lo credevo.
Si era rivelato qualcun'altro, e sperai, non fosse solo una cosa passeggera.
Mi abbandonai sul banco, e subito mi sentì il suo sguardo puntato a dosso.
Mi girai istintivamente.
Quei pochi secondi, non riuscirò per quanto mi sforzi, ad interpretarli, a descriverli.
Quelle iridi blu oceano, e quel ciuffo, che per quanto cercasse di sistemare, ricadeva ribelle sulla fronte, che in giornate calde, conferiva fascino e, diciamocelo, lo rendeva incredibilmente sexy, e quelle labbra carnose, socchiuse in modo naturale...
Aspettate? Cosa?
Le sue labbra?
Mi ricomposi, e prendendo un bel respiro, guardai altrove.
La sua voce, però, permise al mio cuore (per quel che ne rimaneva almeno) di mancare un battito.
"Tutto bene il ginocchio?" Mi chiese, le sopracciglia corrugate, e la testa leggermente piegata di lato.
"S-si! È apposto"
E mi maledissi mentalmente, per aver balbettato.
"Ok, ehm, bene"
Tornò al suo cellulare, e finì tutto, come era appena iniziato: senza che io potessi rendermene conto.
Riflettei, per alcuni secondi.
Non capivo, e forse non avrei mai capito, ma sembrava...non era James, quello del giorno precedente, era...il James del primo giorno di scuola, quello insensibile, menefreghista, freddo, distaccato, il solito e vecchio, James Nicholas Allen.
Quello che non tolleravo, e che senza dubbio, mi dava sui nervi.
Stavo per ribattere, o almeno, per cercare di instaurare una conversazione.
Ma nulla è perfetto, e a meno che non l'abbiate già capito, la mia vita rientrava nella categoria "strategicamente incasinata, e disastrosa"
"Walker!"
Kristen arrivò nel momento sbagliato.
Mi sedetti meglio sulla sedia, distentendo le gambe, e incrociai le braccia al petto.
La giornata stava per avere una rivolta...una pessima rivolta.
"Bene, abbiamo una vecchia conversazione lasciata a metà, ricordi?"
Lanciò una risatina alle sue amiche, dietro di lei, e poi gettò uno sguardo assassino (letteralmente) a Kim, che parve non accorgersene, ma credetemi, a Kim non sfugge nulla.
Kristen, solo in quel momento parve accorgersi di James, che stava riponendo il cellulare in tasca.
"Oh, ciao! Devi essere Nicholas giusto? Allen, quello nuovo..."
Sì passò un mano fra i capelli, io istintivamente digrignai i denti.
Come la odiavo, quando faceva così.
"James. Non Nicholas, nessuno mi chiama così."
Fui curiosa di sapere il perché, ma Kristen continuò, come se nulla fosse.
"Oh ma dai! Nicholas, James, che differenza fa?! Oh emh, senti Walker, ho saputo, che il tuo povero fratellino è andato all'università, c'è né voluto però! Quanti anni ha adesso venticinque?!"
Stavo per scoppiare, e mettermi a piangere allo stesso momento, ma non dovevo.
Lei rise, sotto lo sguardo divertito delle sue amiche dietro di lei.
"Divertente, ma non sono affari tuoi" risposi infastidita.
"Ah no? Oh, pensavo di si, Hailey, ma...come mai sei rossa in viso? No, non mi dire che..."
Gli scappò una risata.
La guancia rossa, lo schiaffo, mio padre.
No. No. No.
"Smettila adesso!" Gridai, in preda all'agitazione.
La professoressa Miller, entrò in classe, in quello stesso istante.
Lanciai uno sguardo disperato verso Kim, ma non stava guardando, solo le iridi marrone di cioccolato di Jackson mi colpirono in pieno petto.
Mi alzai automaticamente, e uscì dalla classe, sotto lo sguardo incredulo della professoressa.
Chiusi la porta, e le diedi le spalle.
Il mio cuore batteva come un'ossesso, stava...aveva capito...Kristen aveva capito, se lo avesse raccontato a qualcuno, No! Non lo avrebbe fatto...e invece si, l'avrebbero saputo tutti, e se anche Kim, sarebbe venuta a saperlo...non potevo pensarci.
In quel momento, sentii la professoressa parlare da dentro l'aula.
La voce più bassa e fioca, delineata da quel leggero velo di preoccupazione.
"Ragazzi, ma...qualcuno mi sa dire cosa è preso a Walker?"
Fù Kristen a parlare.
"Sicuramente non starà bene, meglio che vada a vedere come sta"
"No! Non credo sia una buona idea" Ribattè la professoressa.
"Vado io!" era Kim, forse nonostante tutto, mi aveva vista, e adesso era preoccupata.
"No, no, l'ultima volta che siete uscite, ci avete messo un'eternità a tornare, mmm...oh, forse so chi potrebbe andare a cercarla..."Sarebbe stato meglio sparire, completamente.
Dalla faccia della terra.
O addirittura, non essere mai nata, avrei risparmiato, dolore e sofferenza ad ogni persona.
A chiunque, in fondo.
Stavo correndo lungo il corridoio, dopo essermi calmata, ma non c'è la facevo, mi serviva aria.
Una grande boccata d'aria.
Superai la segreteria, e gli sguardi incuriositi dei bidelli, e aprii la porta-finestra, che portava alle scale antincendio, salii di mezza rompa, e mi sedetti.
Stanca, a pezzi e arrabbiata.
Il sole era alto nel cielo, anche se tirava un leggero venticello.
I vetri dei palazzi, creavano contrasti a contatto con la luce del sole.
Si sentiva ancora odore di pioggia, ma non dava fastidio.
Era come, se in quella città, piena di sogni e speranze, di ragazzi e ragazze, la meta turistica di ogni famiglia in vacanza, la pioggia avesse creato un leggero strato di realtà, che conferiva ad Orlando, di non esser perfetta, come lo era in apparenza.
Perché lo sanno tutti in fondo: nulla su questo pianeta, è perfetto, e se lo e, è destinato a distruggersi, perché almeno così sai che è reale, e non la vita, che hai cercato da sempre di cucirti a dosso.Sembrarono passate ore, quando sentii la porta-finestra aprirsi, e il cigolio, mi dimostrò che non ero del tutto morta.
All'inizio non vidi nulla, e mi sentii come la prima volta, quando dal mio ultimo banco, non capivo cosa stesse succedendo.
Non appena quelle iridi blu, incontrarono il mio sguardo, mi sentii scaldare il cuore.
"Oh finalmente ti ho trovata"
Il ciuffo spettinato, la camicia di jeans, gli occhi blu.
"Che ci fai qui James?" Chiesi.
"La signorina Miller, mi ha mandato a cercarti"
"E perché non hai rifiutato?"
"Perché pensavo avessi bisogno di aiuto" Ribattè lui.
Sì avvicinò lentamente, stando bene attento a dove mettesse i piedi, io, con lo sguardo perso nel vuoto.
"Io non ho bisogno di nessuno" dissi infine.
Lui salì i primi due scalini, e si sedette.
"Cosa stai facendo?"
"Mi sto sedendo, mi sembra"
"Perché invece non torni in classe?"
"Tu non sei nessuno, per dirmi cosa devo fare"
Lo sguardo rivolto all'orizzonte.
Guardai il suo profilo alla luce del sole.
"Hai ragione, non sono nessuno"
Sì voltò guardandomi negli occhi, e in quel momento, desidesiderai con tutta me stessa, sapere cosa stesse pensando.
Il silenzio calò per qualche minuto, fino a che ad un certo punto, non c'è la feci più.
"Dai, seriamente, dimmi perché sei qui? Vai in classe, dì che sto male, e lasciami sola, per favore..."
"Non posso! E se tu cercassi di buttarti di sotto? La responsabilità sarebbe mia! A meno che...e se io non fossi mai stato qui?"
Mi venne da ridere, anche se ne uscì qualcosa, non tanto degno di un sorriso.
"Cosa?"
Sì alzò velocemente, e si diresse verso la porta-finestra.
"Aspetta, aspetta, James!"
"Che c'è?"
Sì girò all'ultimo secondo, mezzo braccio già dentro.
"Cosa stai facendo?"
"Mi hai detto tu di dovermene andare, però adesso che ci penso, non mi sembra una grande idea"
Sì avvicinò nuovamente.
I suoi occhi, in quel momento, erano chiari, e freddi come l'argento.
"Sicura che non cadrai di sotto?"
Eravamo al secondo piano, ma istintivamente guardai giù.
Le scale di ferro.
Era come se camminassi nel vuoto, in un certo senso.
"Quindi?"
Mi ricomposi, guardando James negli occhi.
"Ok..."
Promesso?"
Sì allontanò lentamente, il ciuffo che ricadeva sulla fronte, le labbra piegate in un debole sorriso.
"Promesso"
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Non Ti Conosco, Ma Ti Amo.
RomanceSono solo una ragazza qualunque , con una vita come chiunque altro , però forse una differenza la trovo , la mia non mi soddisfa affatto. E non potete nemmeno immaginare come uno stupido messaggio abbia stravolto totalmente le mie aspettative. Uno...