Capitolo 12

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Come avevo immaginato, il ragazzo al quale avevo dato dello stronzo, ma che alcuni messaggi più avanti si era rivelato capirmi alla perfezione, non mi aveva più contattata.
Erano passati tre giorni, ma erano trascorsi come tutti gli altri, solo con un pizzico di nervosismo in più.
In un primo momento, ci rimasi male, o forse anche adesso a dir la verità ci stavo male.
Successivamente però mi ero resa conto che le cose dovevano andare esattamente così.
Avevo sbagliato, ci eravamo scusati a vicenda, e i fatti avevano trovato una fine.
Perché in fondo, in ogni cosa bisognava metterlo il punto.
Alla fine di una frase.
Alla fine di una storia.
Scrivere in modo equo "The End" e chiudere il libro, avendo flash spontanei dei momenti più belli in assoluto.
Si chiamava ortografia, o forse semplicemente coraggio.
Eppure non volevo farmene una ragione.
Continuavo a guardare il display del mio cellulare imperterrita, sperando di veder comparire quel numero sconosciuto, a cui tanto avrei voluto associare un nome.
Che stupida ero stata.
Non mi ero neanche presa la briga di domandargli quale fosse il suo nome.
Ero stata così colta di sorpresa quella sera, che facevo fatica a capire se fosse successo davvero.
E a quanto pareva era vero.
Era tutto vero.
Ma vista la situazione decisi di lasciarmi questa storia alle spalle.
Di sicuro avrà già cancellato il tuo numero.
Mi ripeteva il mio subconscio, al quale -odiavo ammetterlo- dovevo dare inspiegabilmente ragione.

Mi appisolai sul divano cercando di prestare attenzione alla Tv, e alla serie poliziesca che stavo cercando di seguire.
Quando il mio cellulare vibrò.
Non ho idea di come riuscì a sentirlo dall'altro lato della camera, ma mi venne un attacco di panico, quando pensai a chi potesse essere.
E se fosse stato lui?
Mi catapultai vicino la finestra, e staccai il cellulare dal caricabatterie, quando il nome di Kim generò in me un grande senso di sollievo.
Ero sollevata, ma allo stesso tempo dispiaciuta.
Non sapevo nemmeno perché provassi così tanto intenesse verso di lui.
Ero totalmente pazza.
Mi portai le mani alla faccia, supplicando me stessa di non pensare a lui.
A lui e alla sua patetica e irragionevole frase "Cerca di farci l'abitudine."
Mi concentrai a quel punto solo su Kim.
Visualizzai il messaggio.
《Hailey, ciao, mi chiedevo se potessi passare da me per una cioccolata calda, ho bisogno urgente di parlarti.
I miei non ci sono.》
Risposi immediatamente.
《Arrivo subito.》

Dopo una breve litigata con mio padre, ed una passeggiata di un quarto d'ora sotto quel leggero venticello di inizio Settembre, fui direttamente sotto casa di Kim.
Infreddolita, esausta e frustrata.
"Oh grazie al cielo sei venuta"
Kim mi venne in contro abbracciandomi.
Tolsi la giacca, e la abbandonai sul divano, dirigendomi istintivamente verso camera sua.
Mi buttai di peso sul letto, ed aspettai in silenzio, finché lei non tornò con due tazze di cioccolata calda fumanti in mano.
Non avrei potuto chiedere di più.
Bevvi il primo sorso, e mi sentì subito meglio.
Kim non esitò a parlare.
"Hai saputo cosa ho fatto durante obbligo o verità vero?"
"Sì me lo ha raccontato Jackson"
Leccai la cioccolata rimastami sulle labbra.
"Beh ecco...non so cosa tu possa pensare di me in questo momento, ma il fatto è che io ricordo tutto"
"Tutto, tutto?"
"Ecco, non proprio tutto, solo il bacio, e lo ricordo intenso, delicato..."
"Qualcuno qui è innamorato"
Gli regalai un sorrisetto perverso.
"Eh dai!"
"Che c'è? Sto solo dicendo le cose come stanno"
Mi lanciò un cuscino, che ricadde a terra, dopo aver sbattuto contro la mia faccia.
"Attenta!"
"Ops..scusa, ho una mira tremenda"
Mi venne da ridere.
"Non sai quanto è vero"
Ripensai a Jackson, e alla cosa che mi aveva detto riguardo la sera della festa, a Kim e al fatto di evitare di giocare a obbligo o verità con una bottiglia di vetro.
"Che c'è?" Mi chiese lei.
Solo allora mi accorsi di avere lo sguardo perso nel vuoto.
"Niente davvero, lascia perdere, comunque ritornando a noi...Austin ti piace?"
"E se ti dicessi che non lo so?"
"Ti risponderei che sei pazza"
Risi di cuore, e lei con me.
Parlammo per diverse ore, della sua incomprensibile cotta da diciottenne, quando alla fine qualcosa mi bloccò.
Lo sentì.
Vibrava attraverso il tessuto dei jeans e un leggero luccichio mi avvertiva che avevo appena ricevuto un messaggio.
Avrei voluto visualizzarlo.
Leggerlo tutto ad un fiato, sperando che fosse veramente lui.
Ma davanti a Kim, mi sentì nervosa.
Troppe domande, troppi "ti prego, ti prego, dimmelo."
Ed io non c'è l'avrei fatta a dirle la verità.
Anche se in fondo non era nulla di importante.
Così, con tutta la volontà di cui ero disposta, feci finta di nulla, e continuai ad annuire, allo strano discorso di Kim riguardo lo smalto per unghie, e la lacca per capelli, di cui sinceramente non avevo capito nulla.
Il fatto da come fossimo passati dal parlare di Austin allo smalto per unghie, non aveva proprio senso.
Peccato però che, nonostante mettessi tutta me stessa, per non estrarre il cellulare dalla tasca dei pantaloni, fu del tutto inutile, perché anche Kim se ne accorse.
"Oh, Hailey, credo che ti sia appena arrivato un messaggio"
Guardai come se nulla fosse il cellulare e lo tirai fuori.
Quel numero sconosciuto comparve nella mia visuale.
Lo riposi nuovamente.
"Non lo leggi?" Mi chiese.
"Nah, era solo mio padre, tra poco dovrò tornare a casa" mentii.
Mi guardò, lo sguardo di una che, su due piedi avrebbe voluto interrogarmi, ma il suo volto tornò sereno dopo pochi secondi.
"Oh beh...allora è meglio che tu vada, devo ancora ripassare matematica per domani"
"Buona fortuna allora"
Mi alzai dal letto e lei mi imitò.
"Ci vediamo domani Kim"
"Ciao Hailey"
Le regalai un abbraccio, ed infilai la giacca.
"Buona fortuna con Austin" le dissi prima di scendere le scale.
"Grazie" Mi disse in labiale, quando io ero già vicino al portone, pronta a visualizzare quel messaggio che attendevo ormai da giorni.

La prima cosa che feci, fu prendere un grosso respiro, per evitare che il mio cuore crollasse sul punto più bello.
Non avevo voglia di andare a casa, né di vedere mio padre.
Volevo godermi, per quel che mi restava, la serata.
Mi sentivo una povera sciocca, al solo pensiero del mio comportamento, me la stavo prendendo troppo, solo perché un ragazzo mi aveva mandato un messaggio.
Forse sarà stato per la mia scarsa autostima in ambito sentimentale, o al mio poco interesse verso la comunicazione e le sue conseguenze, ma il problema non si presentò quando al suo semplice 《Ehy ragazzina!》
Risposi con il mio impacciato, e poco professionale
《Ciao.》
Avevo come lo strano presentimento però, che non dovessi essergli amica.
Qualcosa che continuava a ripetermi che era sbagliato.
Ma io e la mia testardaggine, in questi casi, andavamo molto d'accordo, perciò con poca eleganza, dopo essermi ripetuta di essere una stupida, mi sedetti su un muretto, poco lontano dalla spiaggia.
Il sole stava tramontando, ed ormai le persone in giro, si erano ridotte ad una decina, con la particolare eccezione di un venditore ambulante, che sembrava avesse un disperato bisogno di una doccia, e di un paio nuovo di pantaloni.
Le nuvole formavano uno strano spiraglio a U, disegnando forme di ogni genere.
In cielo ogni colore possibile era presente: dai colori caldi come il sole, che circondavano l'orizzonte, mentre dalla parte opposta, colori freddi e neutri, creavano un'atmosfera buia e invernale.
Tutto incorniciato dell'oceano, e da alcuni alberi, che si sparpagliavano ai lati della costa, creando quel vivido distacco fra il blu e il verde.
E coprivano, per quel che rimaneva, qualche spazio vuoto, nella mia visuale.
Quando il cellulare vibrò, non potei fare a meno di sussultare.
Era strano, che nonostante avessi meraviglie assurde davanti agli occhi, me ne stessi lì, con il telefono in mano.
Avrei voluto metterlo da parte, e per una volta, stare da sola con me stessa, avvolta nella pace, e nella tranquillità, di un normalissimo venerdì pomeriggio, ma per qualche strana ragione ritenevo importante continuare quella strana amicizia, nata da un errore.
Alzai gli occhi verso il cielo, ed una piccola stella illuminò il mio sorriso, che mi accorsi solo in quel momento di avere stampato sulla faccia.
Aprii la chat, e tutto di spense.
Il sorriso svanì.
Il sole scomparve.
Ed anche quella piccola stella, parve nascondersi dietro l'oscurità.
Lessi il messaggio, e fui invasa dal nervosismo e dalla paura.
Paura di agire.
Paura di uscire allo scoperto.
《Qual'è il tuo nome?》Mi chiese.
Ormai quella stella si era dissolta nel nulla, inghiottita dal vento di metà settembre, che mi scompigliava i capelli.

Non Ti Conosco, Ma Ti Amo.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora