CAPITOLO 16

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Guardai l'orologio appeso alla parete e notai che erano le undici di sera ed i miei genitori dovevano ancora tornare.

Decisi di non aspettarli più, così andai in bagno e mi misi il pigiama.

Guardai l'ultima volta dalla finestra per vedere se erano arrivati, ma non vidi nessuna macchina posteggiata davanti alla casa.

Spensi la luce ed accesi la lampada sul comodino affianco al letto.

Presi il diario e mi sedetti sul letto appoggiandomi con la schiena al muro.

Lo aprii e con la penna in bocca iniziai a pensare, a come avrei potuto iniziare a scrivere.

Dopo mezz'ora scrissi un'intera pagina e mi alzai per nasconderlo da qualche parte.

I miei genitori non entravano quasi mai dentro la stanza, ma preferivo non rischiare.

Iniziai a guardarmi attorno e il mio sguardo finii tra i libri della scuola.
Lo presi e lo misi in mezzo agli altri quaderni in modo tale, da confonderlo e così nessuno avrebbe sospettato mai di nulla.

Nella mano mi rimase la piccola chiava del lucchetto.

Quale era il posto più sicuro per nasconderla?

Ovvio. Ero io.

Iniziai a cercare fra le cose che si trovavano nella scatola posta sul comodino.

Trovai una collana ed era in quel momento che mi era venuta un'idea.

La presi e ci appesi le chiavi, come se fossero un ciondolo.

L'attaccai al collo e soddisfatta andai a dormire.

***

Mi svegliai di soprassalto.

Guardai il telefono.

Erano le sei e mezza di mattina.

Di nuovo avevo sognato quella serata in discoteca.

Mi misi seduta sul bordo del letto guardandomi attorno. Mi trovavo nella mia stanza.

Feci un profondo sospiro di sollievo e mi stesi di nuovo sul materasso.

Ogni tanto mi capitava di rivivere quella notte nei miei sogni e non era una cosa per niente piacevole.

Ripensai a lui e al mazzo di rose che mi aveva portato.

Se pensava che con questi giochetti sarebbe stato in grado di persuadermi, allora si sbagliava di grosso.
Mi faceva salire il nervoso al solo pensiero che nonostante io gli abbia detto come stavano le cose, lui continuava a fare di testa sua.

Se la prima volta, quando l'avevo visto con quella ragazza, mi era passato attraverso la mente il pensiero di perdonarlo e ricominciare daccapo, ora era completamente svanito, dopo quella serata in discoteca.

Non permettevo agli altri di trattarmi come volevano. Io non ero un burattino.

Ormai non riuscivo ad addormentarmi, così scesi in cucina.

I miei genitori sicuramente ancora dormivano.

Ritornai nella mia stanza. Mi feci una coda alta e mi misi una felpa con un paio di leggins.
Presi il telefono, le cuffie ed uscii da casa.

In the Eye of the StormDove le storie prendono vita. Scoprilo ora