Bivio

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Il giorno dopo fu....tremendo.
Alex mi ignorava e io facevo lo stesso accettando il coltello che mi tagliava in due ogni volta che ci trovavamo a meno di dieci metri di distanza,tutto ciò considerando che per cinque ore è il mio vicino di banco.
I giorni seguenti non andarono meglio,era tutto vuoto e vivevo davanti ad un bivio costantemente lottando contro l'istinto che avrebbe scelto la via facile,avrebbe scelto di parlargli.Poi la ragione controbatteva convinta verso la via complessa,piena di curve,quella che comprendeva la torsione di stomaco quando gli occhi lo vedevano di sfuggita.
Rividi Cleo diverse volte e passammo i pomeriggi cavalcando e parlando del più e del meno,con lei sì stavo benissimo e credo che ormai potevamo dirci amiche,suonava strano anche a me.Ero io,ero sempre stata io,sola.Non avevo mai avuto amiche.
I giorni passavano e non cambiava nulla,tutto tremendamente monotono e doloroso con qualche piccolo barlume sfocato e felice.
Passó un mese e arrivò il quindici ottobre,due settimane prima del mio diciottesimo compleanno.
~quindici ottobre~
Sento subito qualcosa,lo chiamano sesto senso e io lo sento in questo momento.
È vicino,è presente,pressante.
Oggi succederà qualcosa e non so se esserne spaventata.
Mi alzo e ripeto i soliti gesti,mi lavo,mi vesto,faccio colazione,esco di casa.
Mi siedo e lui non è ancora arrivato anche se la campanella è già suonata da cinque minuti.
Scarabocchio qualcosa distrattamente sul mio quaderno sistemando ogni  venti secondi un'ostinata
ciocca di capelli che si rifiuta di stare al suo posto,ho le gambe accavallate che a malapena entrano sotto al banco.
Dopo qualche minuto sento la sedia al mio fianco muoversi e la voce del professore riecheggiare nell'aula qualche secondo dopo.Alzo la testa attenta a non volgere verso di lui lo sguardo,trascrivo le parole del professore sulla pagina bianca concentrandomi sul quasi impercettibile rumore della sfera della penna sul foglio.
Come faccio sempre del resto.
A metà della seconda ora Alex chiede di andare in bagno e dopo qualche minuto mi accorgo di aver perso una fotocopia e ,ottenuto il permesso del professore,esco per farla.
Appena mi allontano di qualche passo dalla porta dei singhiozzi arrivano al mio orecchio e mi blocco sul posto facendo quasi cadere il foglio che tengo in mano.
Sono singhiozzi lievi e costanti,qualcuno sta piangendo,sta piangendo da diversi minuti e il respiro gli si mozza in gola.
Ho sentito fin troppi singhiozzi in vita mia,sono tutti catalogati nella mia mente,come archiviati e legati con il lucchetto in una tasca della mia mente.
Seguo il rumore nella scuola deserta e semi silenziosa,arriva dal bagno dei maschi.
Mi avvicino e mi affaccio alla porta del bagno aperta ma  non c'è nessuno e il rumore non sembra nemmeno venire da dentro.
I singhiozzi non accennano a smettere.
Però sono più lievi, le lacrime stanno diminuendo nonostante il respiro ancora stretto alla gola.
Sto per voltarmi e andarmene rassegnata quando scorgo una sagoma raggomitolata di fianco ad un armadietto.
Mi avvicino e la sagoma prende il volto di....Alex.
-Alex-balbetto-che cosa ci fai qui ?-
Si volta sorpreso nel vedermi ,schermendo con il gomito il viso e strisciando via con l'altra mano i solchi delle lacrime.
-Sophie vattene,torna in classe-risponde mentre una lacrime silenziosa taglia la sua guancia destra.
Mi accovaccio al suo fianco persuasa dalla sua voce per quanto deformata sempre terribilmente melodiosa.
-Cosa succede?-bisbiglio seduta sul pavimento.
-Ti prego lasciami stare-supplica mentre le lacrime tornano ad inondare i suoi occhi.
Mentre lo guardo capisco che devo ancora vivere,vivere decine di anni per provare tutto il dolore che c'è nei suoi occhi.
Mentre mi fissa mi sento mancare l'aria.
-A-aspettami qui-dico alzandomi.
Entro in classe, dico di aver trovato Alex fuori e che non si sente bene.Il professore mi autorizza ad accompagnarlo in segreteria.
Quando torno da lui ha la testa incastonata tra le ginocchia per soffocare il pianto.
Appoggio una mano sulla sua spalla.
-Vuoi dirmi cosa diamine ti è successo?-dico con il tono più deciso che riesco.
-È ironico che sia tu a chiedermelo-risponde alzando il viso madido di lacrime e gli occhi intrisi di dolore-non mi parli,non mi parli da più di un mese.Diavolo Sophie io credo di morire se vado avanti così.Ogni giorno,ogni maledetto giorno non mi guardi,non fai nulla e ti comporti come se nemmeno esistessi,cavolo Sophie ti rendi conto di quanto mi stai facendo male?! Io sono solo qui in questo posto infernale e tu eri l'unica cosa buona che mi era successa da quando ero arrivato,poi è cambiato tutto,sei cambiata tu e sei diventata il mio diavolo personale.Sophie queste sono il tipo di cose che mandano fuori di testa la gente,cosa mai ti ho fatto per meritare questo?!-
Le  lacrime lo soffocano.
E io intanto muoio,io sto morendo.Non lui.Sono io.
Ho vissuto così male,con la sola magra consolazione di star facendo la cosa giusta lasciando la mia vita fuori dalla sua.
Io volevo solo impedirgli di venire affondo con me.
-Io-io.Io credevo di aver fatto la cosa giusta-
Dico senza più fiato.
-La cosa giusta?! Come avrebbe mai potuto esserlo Sophie?! Tu mi hai distrutto,ti rendi conto-
Mi fissa con un misto di rabbia e dolore che mi devasta,stingo la mano sulla mia coscia e serro la mascella.
-Tu non sai quanto orrenda,sfortunata,catastrofica sia la mia vita. E chi mi sta intorno va a picco.Io non potevo permettere che tu facessi la stessa fine di tutti gli altri,io volevo proteggerti Alex.E ho sofferto come un cane,non ho dormito per notti intere,ho pianto per ore per poi riconvincermi che era l'unica cosa che potevo fare.Chi mi ama affonda Alex e tu devi capirlo perché non puoi,non puoi affondare-
Abbasso il viso,lo nascondo dietro la mia massa di capelli biondo scuro.
-Perdonami-sussurro senza più aria in corpo nonostante stia respirando come se avessi corso per chilometri.
Ingoio le lacrime.
Il mio destino si è superato questa volta,sono riuscita a distruggerlo standogli lontano,sono un mostro.
Mentre le parole si sospendono nell'aria io muoio.Sto morendo io,non lui.
Perché sono una macchina da distruzione per chiunque si limiti anche solo a parlarmi.
-E non ti sei mai resa conto di quanto soffrivo?Sono di fianco a te per cinque ore sei giorni a settimana e tu non ti rendi conto di nulla?-
Ora non sembra arrabbiato ma piuttosto molto confuso.Ha smesso di piangere.
Alzo il viso pregando di non avere gli occhi troppo lucidi.
-Hai ragione,sono una stupida lo so.È che io in queste settimane ho smesso di vivere,riuscivo solo a pensare a non crollare.Avrei dovuto capire ma non l'ho fatto,ora dovresti odiarmi.Ora tu mi odi ma va bene purché tu stia bene,purché tu smetta di soffrire.E l'unico modo che hai per non soffrire è stare lontano da me-
Dico quelle parole e la loro tremenda verità mi investe ad ogni sillaba.
Perché non c'è soluzione,è una ferita a cui bisognerebbe dare i punti ma è impossibile farlo e l'unica cosa che posso fare è riempirla di cerotti.
Ma io so che non finirà di sanguinare.Non finirà mai.
-Io non posso odiarti Sophie.Se potessi avrei smesso di soffrire molto tempo fa.Ma non posso odiarti,non posso e non voglio-risponde Alex alzandomi il viso con un dito-non posso perché sono irrimediabilmente innamorato di te dal primo istante in cui mi hai guardato-

La ragazza che amava la pioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora