ROMY

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Avevo trascorso due ore circa con Alex e ancora non riuscivo a spiegarmi la natura casuale del nostro incontro.

"
Che cos'è stato?"

Destino? Casualità? Potevano essere tante le domande, ma nessuna di essa aveva ricevuto alcuna risposta. Lasciai comunque che il nostro incontro rimanesse un segno, se il destino esisteva allora questo incontro non sarebbe sicuramente stato l'ultimo.

Alex ed io avevamo atteso sotto l'arco per circa una ventina di minuti prima che la pioggia cessasse, per tutto quel tempo a stento ci eravamo rivolti qualche parola. Sarebbe stato da matti sperare che dopo tanto imbarazzo e tanto silenzio, lui avesse ancora voglia di rivedermi. Stavamo camminando sotto il cielo ancora nuvoloso, ma non sembrava affatto volesse tornare a piovere, almeno non per adesso.

Le strade erano deserte, eppure prima c'era così tanta gente che correva cercando un riparo.
C'erano pozzanghere d'acqua ovunque, peccato che la luna non era ancora uscita da dietro le nuvole, per specchiarsi in esse. Avevamo percorso tutta la piazza della città, eravamo ora giunti sul lungomare, il mare era agitato reduce da una breve tempesta, la sabbia doveva essere sicuramente fredda e appiccicosa e il vento portava con sé odore di salsedine e terra, due odori che messi insieme diventavano piacevoli da respirare.

Inspirai a pieni polmoni proprio per ingerire l'aria dopo la pioggia, chiusi gli occhi per assaporarla e quando li riaprii Alex era fermo davanti a me che mi fissava. Non mi sentivo imbarazzata da quello sguardo, piuttosto mi sentivo attratta da esso. Eppure aveva due normalissimi occhi castano scuro intonati ai suoi capelli a spazzola che stavano bene sul suo volto dai lineamenti marcati, ma io quello sguardo lo sentivo ardere sulla mia pelle, come se mi stesse accarezzando.

Deglutii, era a pochi centimetri da me, le nostre nocche si stavano sfiorando, forse per distrazione o volutamente, ma sentivo un brivido sulla schiena più pungente del freddo autunnale. Se pensavo a quando la sua mano si era incastrata alla mia durante la corsa contro la pioggia, mi veniva quasi voglia di intrecciarla di nuovo alla mia, così ché non ci sarebbe stata più possibilità di liberarla.

Respinsi quell'idea, ma fu come se mi avesse letto nel pensiero. Si avvicinò a me, afferrandomi la mano, mi spostò una ciocca di capelli ancora bagnata dietro l'orecchio e mi posò un bacio delicato e timido all'angolo della bocca. Il mio cuore si fermò in quell'istante, mi irrigidii non appena le sue labbra tentarono di spostarsi. Alex percepì la tensione e di colpo mi lasciò, allontanandosi di un paio di passi da me.

Mettendosi una mano fra i capelli, visibilmente imbarazzato, disse:"Oddio Romy, ti chiedo scusa, non volevo", continuava a scusarsi a ruota libera.

"Alex ...", attesi che mi prestasse attenzione prima di riprendere a parlare:"Non è successo niente, stai tranquillo", le parole uscirono quasi in un sussurro.

Fece un respiro profondo con il dispiacere per il suo gesto dipinto in viso, mi voltò le spalle, forse per il troppo imbarazzo e riprese a camminare.

Rimasi ferma qualche secondo, poi lo raggiunsi, decidendo comunque di camminare qualche passo indietro a lui, non volevo farlo sentire colpevole di un gesto non intenzionale ma che aveva sollevato un muro invalicabile pronto a bloccare chiunque avrebbe tentato di oltrepassarlo. 

Quasi vicini alla mia abitazione, fu meccanico accarezzare con un dito l'angolo della bocca che le sue labbra avevano appena sfiorato. Ma non volevo tornare senza aver avuto modo di ripagarlo per il suo tempo e per la sua compagnia.

Presi fiato:"ALEX", lo chiamai a gran voce. Lui si bloccò, si voltò e con gli occhi sgranati mi guardò, io abbassai il capo fissandomi le scarpe sporche di terra:"Mi dispiace".

Si avvicinò a me, si piegò un po' per arrivare alla mia altezza, mise la mano sotto il mento e mi costrinse ad alzare il capo e guardarlo. I suoi occhi erano lucidi, sul suo volto non c'era più traccia di imbarazzo ma non sapevo descrivere la sua espressione. Ci fissammo intensamente, vederlo a quella distanza lo faceva sembrare ancora più attraente.

Lasciò cadere le mani sui fianchi, si mise dritto, allungando la distanza che ci separava:"Non hai motivo per scusarti, Romy", il mio nome gli uscì in un sussurro.

"Sì, invece", mi si formò un groppo in gola:"Sicuramente sarebbe stato meno seccante per te se avessi parlato un po' di più e invece non ho fatto altro che starmene in silenzio".

"Ma che mi prende?"

Cos'era questo tono di voce drammatico che avevo assunto? Alla fine non ci conoscevamo nemmeno, non era obbligatorio scusarsi di una cosa simile. Eppure io mi sentivo in dovere di farlo, di chiedergli scusa.

"Non è stata una perdita di tempo stare in tua compagnia", disse:"Ti dirò di più, se per te non è un problema, vorrei rivederti di nuovo".

A differenza mia, il tono di voce di Alex non era più dispiaciuto ma tranquillo e sicuro di ciò che diceva. Non appena presi coscienza delle sue parole, sentii il cuore riprendere battiti.

"Mi farebbe davvero piacere... rivederti", le ultime parole mi uscirono in un sussurro appena udibile.

Si avvicinò di nuovo a me, prese un pezzo di carta dalla tasca e me lo consegnò:"Tieni, questo è il mio numero. Quando vorrai rivedermi, non esitare a chiamarmi".

Afferrai il bigliettino, gli feci un accenno di sorriso e riprendemmo a camminare.

Poco più tardi, io e Alex arrivammo davanti la porta di casa mia. Entrambi ci fermammo davanti il cancello, le luci erano spente, sicuramente mia madre dormiva già. Guardai l'orologio, erano le tre e mezzo del mattino.

"Romy, devi smetterla di fare sempre questi orari", mi rimproverai sentendomi abbastanza stanca e assonnata.

"Beh, ci vediamo presto allora", disse Alex.

Gli sorrisi:"Sì, ci vedremo presto".

"Buonanotte Romy".

"Buonanotte Alex".
 

Il ragazzo in maschera (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora