RICK

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Mi chiusi la porta della stanza di Romy alle spalle, non ce la facevo a vederla piangere in quel modo. Era vero che nell'ultimo periodo anche io l'avevo fatta piangere, ma non accettavo l'idea che questa volta ci fosse qualcun altro di mezzo. Adesso solo una cosa volevo fare, tornare al locale e spaccare la faccia a quel bastardo.
Entrai in macchina con una rabbia in corpo al limite dell'esplosione, sfrecciando per la strada come fossi un pazzo ubriaco. Per tutto il tragitto non feci altro che avere in mente Romy e le sue lacrime.
Addosso avevo ancora il suo profumo e il calore del suo abbraccio. Non la stringevo così forte da mesi e averlo potuto fare mi aveva ridato la grinta che prima mi mancava.
Perché era vero, potevo negarlo tutte le volte che volevo, ma solo Romy sapeva rendermi veramente vivo. Sapeva come prendermi, come parlarmi, cosa dirmi, come stringermi a sé. E negare sempre a me stesso che lei non contava niente per me, non più, era una grossa bugia. E non sapevo nemmeno più io quante volte avrei voluto urlarle che mi mancava, che starle lontano era una sofferenza, ma non potevo.
Arrivai al ristorante, non mi importava se mi ero parcheggio nel posto sbagliato, tanto qui dentro non volevo starci un minuto di più.
Era mezzanotte ormai passata, la musica house era spenta e c'era un leggero sottofondo. Entrai nel locale quasi sbattendo la porta d'ingresso, tutti seduti che mi fissavano. Io li ignorai, compresa Gaia che stava per entrare di nuovo in quella stanza.
La raggiunsi con il fuoco negli occhi.
"Rick, dove sei stato?" Mi domandò preoccupata.
"Dov'è tuo fratello?" Chiesi senza guardarla.
"E' qui dentro, perché? Cos'è successo?"
Aprii la porta della stanza e Alex non era da solo, insieme a lui c'era quella ragazza vestita da uomo che avevo visto entrare un'ora fa. Mi avventai su di lui prendendolo dal colletto della camicia e sbattendolo contro il muri.
"RICK", urlò Gaia correndo verso di me e cercando di separarmi da Alex.
"CHE COSA LE HAI FATTO, BASTARDO?" Gli urlai contro stringendogli la camicia e sbattendolo al muro più volte, lui non reagiva ai miei colpi:"RISPONDI", lo incitai continuando ad urlare.
"Mi dispiace, non volevo", Alex cercò di mantenere la calma.
"TI DISPIACE? NON VOLEVI?" Io la calma non volevo affatto cercare di mantenerla.
"Lascialo andare, ti prego", disse la ragazza vestita da uomo:"E' tutta colpa mia, Alex non c'entra niente", si avvicinò a me cercando di addolcirmi senza risultato.
"STA ZITTA". Le urlai, lei arretrò di qualche passo:"DEVI STARLE ALLA LARGA, MI HAI CAPITO?" Nel frattempo, dietro di me, sentivo gli invitati domandarsi cosa stesse succedendo:"MI HAI SENTITO? STALLE LONTANA", lo strattonai.
"Non posso starle lontano, okay? Non posso." finalmente reagisce anche lui afferrandomi entrambi i polsi che stringono la sua camicia e liberandosi dalla mia presa:"Io mi sono innamorato di lei." conclude stringendo i denti.
"Tu innamorato di Romy?" faccio un ghigno:"No, tu non la ami affatto, non come sento di amarla io. Quindi stalle alla larga, ti conviene." gli volto le spalle e non so perché ma i miei occhi si posano su Gaia che abbassa subito lo sguardo. Mi rendo conto di aver fatto una confessione così importante proprio davanti a lei ma sono stanco di convincermi che non sia così, che i miei sentimenti per Romy possano cambiare solo stando con Gaia. Mi avvicino a lei e abbassandomi all'altezza del suo orecchio le sussurro:"Mi dispiace." mi metto dritto e me ne vado senza dar peso alla gente davanti la porta della stanza.

Il ragazzo in maschera (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora