GAIA

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Era passato troppo tempo da quando Alex era uscito, l'attesa stava diventando insostenibile proprio come questo pianto che non voleva lasciarmi andare.
Ero preoccupata per lui, ero sotto shock, non ero sicura che sarebbe riuscito a controllarsi.
"E se si farà male?"
Tremavo al sol pensiero di vedere mio fratello soffrire non solo interiormente ma anche fisicamente, dopotutto da quando Romy era entrata nella sua vita molte cose erano cambiate per Alex. Si svegliava con il sorriso, andava a lavoro con lo stesso, uscivano insieme ed era felice; tutte cose che avrebbero fatto male una volta che sarebbe arrivato qualcuno a portarti via il motivo del tuo benessere. Forse se non fossi uscita questo pomeriggio non sarebbe successo nulla;l, forse io e Alex in questo momento staremmo seduti in terrazza a fissare il mare, il fumo di una sigaretta nel cielo e le sue lamentele sul fatto che fumare faceva male e invecchiava la pelle.
Nascosta all'ombra della mia stanza, seduta sul pavimento gelido all'angolo della finestra, piansi via ogni tormento che sembrava rigenerarsi continuamente nella mia mente. Ero stanca di darmi sempre tutte le colpe: se Rick non mi amava era colpa solo mia; se Claudia aveva lasciato mio fratello era colpa solo mia; se ad Alex succedeva qualcosa era colpa mia... solo ed esclusivamente colpa mia.
Singhiozzando mi diedi della stupida perché non doveva essere per forza colpa di qualcuno se le cose non andavano come avremmo voluto. Forse era così che essere ed io dovevo solo accettarlo. Con la testa fra le gambe, solo dopo un po' decisi di rivedere quel debole fascio lunare che trapelava dal mio balcone. Gli occhi stanchi e secchi, il fiato in accelerazione come il mio battito cardiaco e la gola secca, priva di salivazione.
"Ho pianto troppo per oggi. Non è sempre giusto pensare solo a me stessa. Alex non è tornato ed io non voglio starmene qua a piangere ancora".
Mi alzai lentamente da terra provando un formicolio alle gambe ma nulla poteva in confronto al dolore che provavo dentro in questo momento. Feci un respiro profondo prima di andare a guardarmi allo specchio, avevo seriamente paura di vedere la realtà del suo riflesso ma devo farmi coraggio.
Avevo delle occhiaie nere, gli occhi piccoli, lucidi e rossi; il naso rosso e le labbra secche; i capelli sconvolti e un leggero rossore sulla fronte dove le mie ginocchia avevano fatto da appoggio.
"Un vero disastro".
Lasciai il bagno cercando di non pensare alla mia immagine, non ero mai stata così trasandata e vuota.
"Non so se sia giusto raggiungerlo, Alex mi ha severamente proibito di uscire".
Scacciai immediatamente questo pensiero ed uscii di casa lasciando che tutto il dolore rimanesse chiuso nella mia camera.

Quando fui per strada non mi ero mai sentita così infastidita da questo flebile vento fresco. Era come se non accettasse l'idea di non aver ascoltato Alex.
Camminavo sapendo già dove andare con la sicurezza che dove mi portava il cuore era il posto giusto e infatti, poco prima del parco sulla spiaggia in lontananza, due figure mi sembravano somigliare a dei ragazzi solo che uno di essi era sdraiato completamente a terra e l'altro inginocchiato al suo cospetto in quella che a questa distanza sembrava essere una rianimazione.
"Alex!"
Non sapevo perché avevo pronunciato il suo nome ma appena lo feci il panico salì fino a farmi perdere totalmente il controllo. Corsi verso la spiaggia e quando mi resi conto che la sagoma accasciata a terra era quella di mio fratello, sentii il cuore smettere completamente di battere.
"Alex, Alex svegliati. Ti prego, non mi lasciare". Mi buttai a terra accanto al suo corpo sollevandogli il capo e scuotendolo delicatamente:"Alex svegliati, ti prego". Gli accarezzai il viso mentre le mie lacrime cadevano ripetutamente sulle sue guance pallide e fredde come il marmo.
"Ti scongiuro Signore, ridammi mio fratello. Ho bisogno di lui. Ti prego. E' tutta colpa mia, lui non c'entra niente. Per favore".
Non ricordavo esattamente quando fu stata l'ultima volta che avevo pregato intensamente Dio, ma in questo momento non riuscivo a smettere di farlo. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di vedere mio fratello aprire gli occhi.
In tutto questo casinonnon mi ero minimamente accorta che il ragazzo era ancora qui, accanto a me. Stava parlando al telefono ma non prestai molto ascolto poiché in questo momento non mi interessava nessuno all'infuori della salute di Alex. Poi il ragazzo si inginocchiò davanti a me, non lo avevo ancora guardato prima e appena lo feci il cuore ormai completamente morto mi salì in gola, fino a soffocarmi.
"L"ambulanza sta arrivando", mi disse poggiandomi una mano sul palmo che accarezzava ancora il viso di Alex.
"Chi gli ha fatto questo?" Lo guardai consapevole di non avere un bell'aspetto, ma ignorandolo completamente. Lo vidi irrigidirsi, muscoli contratti ed espressione indecifrabile. "Che cosa gli prende?", "Tu eri qui, Rick? Sai cos'è successo? Ti prego, dimmelo".
"Sono stato io", disse fra i denti smettendo di guardarmi.
"Stai scherzando?"
"No, sta sicuramente scherzando?"
"No, non sto scherzando. Sono stato io, mi dispiace".
"Perché?" Il mio tono di voce divenne inspiegabilmente serio e duro, privo di ogni emozione ma ricolmo di rabbia.
"No, è chiaro che non scherza".
"Mi ha visto mentre baciavo Romy", disse d'un fiato.
"Allora eri tu..." sussurro:"Vattene".
"Non posso".
"Ho detto vattene", Rick non si muoveva:"TI HO DETTO DI ANDARTENE RICK. VATTENE. NON VOGLIO VEDERTI. VAI VIA". Gli urlai piangendo in un modo così disperato che sentii la gola bruciare e pungere di dolore.
"Mi spiace", sussurrò alzandosi e correndo via da me e Alex.

Rimasi da sola sulla spiaggia insieme al corpo inerme di mio fratello ancora poggiato sulle mie ginocchia.
"Non temere, ci sono io con te. D'ora in poi nessun'altra ti farò del male". Sussurrai dondolando la schiena, cullandolo un po' come si fa con un bambino quando lo si vuole far addormentare fra le proprie braccia.
Il vento si sollevò così come si il mare si agitò ma non importava, il freddo era solo una delicata carezza in questo attimo di disperazione e attesa.
"Signorina? Signorina mi sente?" Persa fra i miei pensieri sentii qualcuno chiamarmi alle spalle:"Signorina si sposti, dobbiamo portare il ragazzo in ospedale".
"S-si", balbettai all'uomo in tuta dietro le mie spalle.
Mi aiutò ad alzarmi e separarmi dal corpo di Alex era quasi un duro colpo per me, mentre altri due ragazzi mettevano sulla barella mio fratello.
"Torni a casa, la chiameremo quando il ragazzo si sveglierà", suggerì il medico.
"No, vengo con voi. Non voglio più lasciarlo da solo".

Il ragazzo in maschera (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora