ROMY

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Quando il giorno dopo mi svegliai, mi sorpresi nel vedere il viso di Rick illuminato da un raggio di sole. Mi aveva fatto ritornare ai vecchi tempi quando dormivamo insieme nel lettone di mia madre, solo che adesso le cose erano state un po' diverse. Davanti a me, con il suo braccio attorno la mia vita, avevo un ragazzo avvolto da un lenzuolo, il viso rilassato e un piccolo sorriso sulle labbra; guardai me stessa e vedevo una ragazza completamente nuda, vestita solo da un lenzuolo che non mi copriva nemmeno tutta ed un sorriso radioso sul viso pallido.
Continuavo a guardare Rick apprendendo che non mi bastava più, anche se era vicino a me sentivo l'irrefrenabile impulso di sfiorarlo, baciarlo, toccarlo.
Mi sistemai comoda nel letto facendo attenzione a non svegliarlo, poggiai un dito sulla sua guancia proprio dove il sole tracciava la sua linea sottile, lo accarezzai con movimento lento e delicato percorrendo la via che portava al suo collo, alla sua clavicola, il bicipite, il braccio, la mano.
"Se continui così non controllerò le mie azione", mugolò. Sussultai per lo spavento convinta stesse dormendo a sonno pieno:"Da quanto tempo sei sveglia?" Aprì completamente gli occhi, sorrise e insieme a lui lo feci anche io.
"Abbastanza per capire se sei un sogno o la realtà".
"

Non capire troppo, sono qui e sono reale. Se non ti fidi posso darti un pizzicotto", fece la linguaccia mentre leggermente mi punse sul fianco dove il suo braccio era rimasto ad avvolgermi.
Mi piaceva guardarlo, mi piaceva perdermi nei suoi occhi e osservare il movimento che facevano le sue labbra quando si allargano per sorridermi. Era tutto così perfetto che mi sembrava surreale. Ma tanta perfezione non poteva durare a lungo perché la mia mente proiettò rapidamente la scena di ieri sera non appena i miei occhi si posarono sul taglio che Rick aveva al sopracciglio.
"Che hai Romy?" Si accorse del mio sguardo triste.
"Forse non è il momento giusto per parlarne ma..." mi poggiai sui due gomiti, il lenzuolo mi scoprì completamente:"... cos'è successo ieri sera prima che tu venissi da me?"
Rick fece un sospiro per poi girarsi verso di me sistemando il lenzuolo sui miei fianchi, mi accarezzava la schiena e a quel tocco sentii un brivido salirmi fino alla testa:"Alex è svenuto, ho chiamato l'ambulanza mentre è arrivata Gaia a soccorrerlo. Era disperata e appena ha saputo che ero stato io a ridurre suo fratello in quello stato, mi ha urlato contro di andarmene", mi rabbuiai pensando che tutto questo era successo a causa mia:"Ehi, che ti prende?" Rick mi diede un bacio sulla guancia accarezzandomi i capelli.
"E' successo tutto a causa mia", sussurrai .
"No", Rick scattò, mi girai di schiena fissando il soffitto:"Non ti permetto di dire una cosa del genere. Non è colpa tua. Capito?" Non gli risposi così Rick si abbassò verso di me:"Hai capito?" Annuii e ritornò a baciarmi in un modo così dolce, così delicato che dimenticai perfino il motivo per il quale ero diventata triste.

Restammo nel letto a coccolarci per un paio di minuti quando alla fine decidemmo di alzarci, vestirci e fare colazione. Preparai il caffè canticchiando mentre Rick stava facendo la doccia. Dopo pochi attimi lo trovai dietro le mie spalle a baciarmi sul collo e a sussurrarmi parole dolci.
"Se continui così non faremo più colazione", gli sussurrai sorridendo.
"Che mi importa? Tanto io sto già mangiando", pronunciò sulla mia bocca.
"Dai Rick, fammi finire di preparare", non potevo fare a meno di sorridere.
"Va bene, va bene".
Finalmente potevo continuare a preparare la colazione, dopo pochi minuti ci sedemmo entrambi a tavola per mangiare il cornetto e il caffè.
"Resti qui da me?" Gli domanda.
"Non posso, devo tornare a casa. I miei si chiederanno dove sia finito. Vieni tu più tardi? Voglio dare la notizia ai miei". Mi sorrise, già immaginavo di quale notizia volesse rendere partecipe la sua famiglia.

"E' stato bello fare l'amore con te", sussurrò baciandomi davanti la porta d'ingresso.
"Penso la stessa cosa anche io", gli sorrisi ricambiando il bacio.
"A più tardi".

Messaggio da: Rick
"Il tuo corpo mi manca, la tua bocca mi manca, il tuo sorriso mi manca, la tua voce mi manca.
Presto queste mancanze non esisteranno più, mia futura moglie. Rick.
Ps: ti amo."

Quando lessi questo messaggio mi trovavo quasi vicina all'ospedale. Non sapevo cosa io stessi facendo esattamente ma la mia testa diceva di andare da Alex e parlargli. Non volevo chiudere la storia in questo modo, senza sapere almeno come stava. Ignorai il messaggio di Rick non perché non volessi rispondergli ma perché in questo momento avevo bisogno di liberarmi dal  peso opprimente e da tutti i miei sensi di colpa.
Entrai nella struttura, appena dopo l'ingresso sulla mia destra c'era la reception.
"Buongiorno, posso esserle utile?" Domandò la donna in camice bianco dietro il bancone.
Mi avvicinai timidamente:"Buongiorno. Io... cercavo la stanza in cui è ricoverato Alex Robinson".
"Un attimo che controllo". Dopo pochi secondi di ricerca al PC, la donna mi diede informazioni sulla stanza, il piano e l'ala da seguire.
Presi l'ala C, sempre dritto sulla sinistra. Quando lessi il cartello della sezione e del piano, il mio cuore smise completamente di battere. Aprii appena la porta socchiusa e su un divanetto singolo, concentrato a fissare fuori dalla finestra, c'era Alex che non si era ancora accorto di me.
M

i schiarii la voce e non appena lo feci lui si voltò verso di me. Aveva il viso mal ridotto, pieno di punti, cicatrici e rossori. Si alzò lentamente dalla sedia continuando a guardarmi come se avesse visto un fantasma.
"R-Romy", balbettò
"Ciao Alex", restai completamente immobile spaventata all'idea che il mio gesto di venire qua fosse stato troppo azzardato:"Come stai?"
"Che domanda idiota, lo vedo da sola come sta".
"Cosa ci fai qui?" Come pensavo ignorò la mia domanda ponendomene un'altra.
"Mi è stato detto che eri qua così ho pensato di passare a trovarti". Comunicai in un solo fiato stringendo le mani in grembo, avevo il palmo sudato e l'ansia in crescente aumento.
"Perché? Che cosa ti importa di me?" La sua rabbia stava per svegliarsi.
"Non dire così, lo sai che mi è sempre importato", sussurrai.
"Non abbastanza, a quanto pare". Alex si avvicinò a me, troppo vicino:"Aspetta, ricominciamo d'accapo: ciao Romy, che bello vederti. Sai, mi hai tradito ma non importa, passerà". Ora era esattamente ad un passo da me, lo sguardo feroce seppur spento e triste.
"Non volevo dire questo", sussurrai.
Alex tornò a guardare dalla finestra:"Se non hai niente da dirmi, faresti bene a tornare a casa", non mi guardava.
"Mi dispiace", dissi più a me stessa che a lui.
Feci per andarmene, era troppo per tutti e due, ma la sua voce mi bloccò sulla soglia.
"Solo una domanda e poi vattene via dalla mia vista e dalla mia vita". Fece una pausa, questa volta si girò:"Perché? Perché invece di tradirmi non mi hai direttamente detto che non mi amavi?"
Il suo sguardo era un peso addosso che non sapevo come alleggerire.
"Perché... Perché ero convinta che mi sarei potuta  innamorare di te".
"Cos'è cambiato?"
"Niente, non è cambiato niente".
"E allora perché? Dicevi di stare bene con me", era palpabile la disperazione nella sua voce.
"Ed è così".
"BUGIE!" Mi urlò contro ma si calmò immediatamente quando un colpo di tosse gli fece sputare il dolore che gli causavano le ferite:"Bugie", sussurrò.
Ancora una volta mi diede le spalle per guardare dalla finestra, con un cenno della mano mi fece capire che non aveva più tempo per me e che dovevo lasciare la stanza, andare via, allontanarmi da lui, dalla sua vita. Non opposi resistenza, lasciai la camera senza più voltarmi indietro nemmeno quando un tonfo sul pavimento rimbombò nella sua direzione e una lacrima scivolò via dal mio viso.

Il ragazzo in maschera (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora