RICK

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Ancora sdraiati sulla sabbia, io e Gaia c'eravamo di nuovo persi nell'imbarazzante silenzio di una conversazione insostenibile. Provai dolore nel vederla così ma io non potevo mentire a me stesso, figuriamoci a lei. Stavo davvero bene in sua compagnia e volevo continuare a stare bene insieme a lei, ma avevo bisogno di tempo. Fortunatamente c'era il mare a spezzare questo imbarazzo, ma notai che non bastava almeno per me. Sentii Gaia respirare profondamente, poi si pulì le mani dalla sabbia e fece per alzarsi in piedi.
"Si è fatto tardi, credo sia ora di rientrare." mi invitò ad alzarmi.
Afferrai la sua mano ringraziandola e mi alzai senza metterci troppa forza per evitare di farla cadere. Spolverai il pantalone, Gaia fece lo stesso con il suo vestitino poi andammo verso la macchina. Come sempre le aprii lo sportello passeggero per farla entrare poi andai a lato guida. All'unisono mettemmo la cintura di sicurezza e per distrazione ci sfiorammo le nocche. Ci bloccammo a guardarci, lei aveva gli occhi così lucidi che avrei potuto specchiarmici dentro. Distolse lo sguardo ritraendo di scatto la mano posandola in grembo, evitai di insistere con un gesto o con una parola, potevo comprendere ciò che stava provando o forse no, ma non volevo turbarla ancor di più. Misi in moto e senza nemmeno aprire lo stereo, partii verso casa sua.
"Io non posso competere." disse improvvisamente. Ci misi qualche secondo a comprenderla, il rumore del vento che entrava dal finestrino copriva di poco la sua voce delicata:"Non posso mettermi al pari di una persona che è stata al tuo fianco per tanto tempo." stava parlando di Romy.
Alzando i finestrini per poter avere un dialogo normale, le dissi:"Lei fa parte del passato, adesso."
"Un passato che vedo quanto ancora ti ferisce." era triste e a me si strinse il cuore a sentirla così a causa mia.
"Gaia, non voglio ti metti a paragone con ciò che ho vissuto. Tu sei il presente, adesso." se solo non stessi guidando, vorrei tanto guardare la sua espressione adesso, magari confortarla in un abbraccio e farla sentire meglio nel mio presente come già io mi sentivo nel suo.

Ricalò il silenzio, nel frattempo ero quasi arrivato a casa sua e da lontano vidi una ragazza uscire dal cancello del suo palazzo. Quando mi avvicinai di più, osservai furtivo quella figura. Aveva i capelli biondi ricci, magra, bassa, indossava un jeans chiaro, delle converse e aveva un giubbotto di pelle nero che riconoscevo dal cinturino dietro la schiena. "ROMY" urlak a mente, il mio cuore cominciò a battere forte e le mani mi tremaroni sopra lo sterzo fino a quasi farmi perdere il controllo della guida.
"Rick, che succede?" Gaia si agitò con una mano ben salda alla maniglia dello sportello.
"Scusami, pensavo di aver visto un gatto in mezzo la strada." odiavo dover mentire.
La ragazza che a me sembrava Romy svoltò l'angolo scomparendo nel nulla. Se fosse davvero lei, che cosa ci faceva qui?
Mentre parcheggiai sentii un nodo alla gola...il fratello di Gaia usciva con una ragazza la cui descrizione risaliva a quella di Romy. Spensi la macchina, mi levai la cintura di sicurezza e mi voltai verso Gaia:"Senti, tuo fratello aveva un appuntamento stasera?"
"Un appuntamento no, ma credo abbia invitato a casa la ragazza con cui esce." rispose con espressione interrogativa e voce preoccupata:"A proposito, lo chiamo. Non vorrei fosse ancora con lei." prese il cellulare dalla borsa, digitò il numero e dopo un paio di squilli cominciò a parlare. "Quindi posso salire? .... Okay, arrivo." riattaccò.
"Cosa ti ha detto?"
"Ha detto che la sua ragazza è andata via pochi istanti fa, quindi adesso salgo." mi sorrise entusiasta. Pochi istanti fa equivaleva esattamente a quando avevo visto quella ragazza uscire dal suo cancello. Dovevo assolutamente scoprirlo, dovevo sapere se era davvero Romy oppure no.
"Bene, grazie ancora della serata." disse Gaia slacciandosi la cintura e aprendo lo sportello. Lo sapevo perfettamente che per lei non era stata una serata piacevole, avevo la tendenza a rovinare sempre le cose belle, ma lei era sempre così gentile ed educata che non mi fece sentire il peso di averla sicuramente ferita. Mi posò un bacio delicato sulla guancia e scese dall'auto.

Attesi qualche secondo fin quando Gaia non oltrepassò il cancello, poi misi in moto e andai nella direzione in cui era andata quella ragazza. Sperai di non averla persa, avevo bisogno di sapere se era  Romy. Pochi isolati più avanti, mi trovai quasi vicino casa sua e a lato sinistro del marciapiede, rivolta con le spalle verso di me, vidi quella ragazza ferma a fissare non sapevo cosa. Mi fermai con la macchina proprio dove mi trovavo adesso, feci un respiro profondo e scesi. Andai sul marciapiede dietro di lei e pronunciai il suo nome:"Romy?" se non era lei, non si sarebbe girata.
E invece si girò di scatto e appena incrociai il suo sguardo, il mio cuore si fermò di colpo. Era davvero lei, Romy. Appena mi vide si portò una mano alla bocca e spalancò gli occhi come se avesse visto un fantasma. Mugolò qualcosa di incomprensibile mentre arrossì appena le guance.
"Che cosa ci fai qui?" disse cercando di riprendersi dallo stupore:"Tu abiti dall'altra parte della strada." concluse sistemandosi una ciocca di capelli.
"Passavo di qua e ti ho vista." mentii cercando di non incrociare il suo sguardo.
"Ti conosco da ventitrè anni e sono quattro mesi che non parliamo più, so riconoscere quando menti Rick." non riuscivo a capire il suo tono di voce, se era triste, arrabbiato, normale:"Che cosa ci fai da queste parti?"
"Ti ho vista uscire dal palazzo dei Robinson." dissi in un fiato, lei mi guardò incredula, ripresi fiato.
"Tu conosci i Robinson?" domandò ancora con espressione incredula.
"Si, te la ricordi quella ragazza con il caschetto al Liceo? Gaia?" adesso sembrava più disinvolta, rilassata e a sua volta cercai di ammorbidire anche la mia con buoni ma lenti risultati. Non sapevo quale strana forza mi stesse trattenendo dal non correrle incontro e abbracciarla.
"Il nome non mi dice nulla ma ricordo vagamente questa ragazza. E' la tua fidanzata?" la sua domanda mi spiazzò ma la cosa che mi bloccò ancor di più fu il tono indifferente con cui lo chiedeva.
"No...cioè si...ehm, ci frequentiamo." "CAZZO, sono un idiota." ringhiai a me stesso dopo la mia balbuzia da idiota.
Mi voltò appena le spalle indicandomi la strada davanti a sé:"Senti, se non ti dispiace io adesso devo andare." non aspettò nemmeno una mia risposta che mi voltò completamente le spalle e fece qualche passo, mi precipitai verso di lei come se le mie gambe avessero vita propria, la presi per le spalle e la girak di forza verso di me. Sgranò gli occhi, deglutii senza lasciare la presa:"Ci sei andata a letto?" le domandai senza pensarci troppo.
"Che cosa? "aggrottò la fronte.
"Con suo fratello...ci sei andata a letto?" le ripetei stringendole le spalle e strattonandola appena.
"Rick lasciami, mi stai facendo male." cercava di divincolarsi dalla mia presa.
"RISPONDI." le urlai contro. "Cazzo, devo essere diventato matto."
"SMETTILA." urlò dandomi uno schiaffo in pieno viso. Il suo respiro era affannato dopo quello schiaffo e la mia guancia bruciava. Lasciai la presa, lei si toccò il polso con l'altra mano, aveva le lacrime agli occhi e sentii il mio cuore rompersi davanti quella visione. "L'ho fatta piangere di nuovo, sono un mostro. "
"TU NON HAI PIU' NESSUN DIRITTO DI INTROMETTERTI NELLA MIA VITA, HAI CAPITO?" mi urlò contro con la voce tremante e il dito puntato addosso:"PER QUATTRO MESI HO ASPETTATO MI TELEFONASSI, MA NON E' MAI ARRIVATO NIENTE. E ORA PRETENDI PURE DI SAPERE COSA FACCIO O NON FACCIO CON IL MIO RAGAZZO?" "Il mio ragazzo? Il mio ragazzo?! Ho sentito bene? Allora stanno insieme?" "MA CHI TI CREDI DI ESSERE?" continuava ad urlare e piangere a singhiozzi, mi sentivo uno schifo a vederla così. Ma cosa ho fatto? "DANNAZIONE."
Non dovevo seguirla, non dovevo fermarla, non dovevo farle quella domanda. Ma io non ce la facevo, non ce la facevo a fingere che per me lei non esisteva, che se si frequentasse con un altro a me non importerebbe niente. Non ce la facevo a fingere che sarei stato bene senza di lei perché non era vero. Io stavo male senza di lei, male. Ma vederla adesso in lacrime e sapere che ero stato di nuovo io a farla piangere, mi faceva stare male ancor di più perché mi domandavo lei come sia stata in questi quattro mesi. La sentii singhiozzare e la vidi tremare, non era cambiata affatto. Così piccola e vulnerabile, fragile come il vetro ma sempre pronta a tirar fuori le unghie quando serviva. Era questo che mi piaceva di lei, la sua forza nascosta dietro a tanta debolezza. Si asciugò le lacrime con le mani, il rimmel tracciava una linea discontinua sulle sue guance rosa, poi cercando di calmarsi sussurrò :"Sei di nuovo riuscito a farmi piangere. Spero sei felice adesso." abbassò la testa di lato.
"No, affatto ." strinsi i pugni.
"Voglio tornare a casa." indietreggiò di un passo:"E non ci sono stata a letto." sussurrò e senza alzare la testa verso di me, si mise a correre via.
Entrai in macchina, tirai un sospiro di sollievo e non sapevo come né perché, poggiando la fronte sullo sterzo, cominciai a piangere.

Il ragazzo in maschera (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora