GAIA

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Mi precipitai verso casa come Alex mi aveva ordinato, senza guardarmi indietro per la troppa paura di fermarmi e raggiungerli nuovamente. Salii le scale di tutta fretta, quasi mancando un gradino e scivolandoci sopra. Arrivata al mio appartamento la prima cosa che feci fu raggiungere la finestra che affacciava la strada e tentare di vedere Alex e Rick, ma da qui non si vedevano.
"Dannazione", pensai fra singhiozzi.
Mi accasciai a terra come se le gambe non reggessero più il peso del mio corpo.
"Come ho potuto dire tutte quelle cose a Rick, aprirgli di nuovo il mio cuore, piangere davanti a lui... Mi vergogno di me stessa. Avevo giurato che non mi sarei mai più lasciata ferire, che tutto ciò che avrebbe fatto o detto non mi avrebbe colpita nemmeno per sbaglio e invece..."
Smisi di pensare quando sentii il giro di chiavi inserito nella serratura della porta e scorgere il volto nervoso di Alex sulla soglia.
"Alex", mi alzai in piedi andandogli incontro e cercando di trattenere quelle poche lacrime che mi erano rimaste.
"Lo hai fatto di nuovo". Il suo tono era fermo, arrabbiato, quasi mi mise paura.
"Cosa?" Chiesi mandando giù quel maledetto nodo che saliva ogni volta che lo vedevo così nervoso.
"Ti sei di nuovo lasciata ferire da quel figlio di puttana". L'ultima parola gli uscì come un ringhio, gettando rabbiosamente contro il muro il mazzo di chiavi. Mi distanziai di qualche passo mentre Alex si portò le mani fra i capelli:"Ti vuoi rendere conto che ti usa solo per passare il tempo, si o no?" Continuava a sgridarmi, a farmi spaventare:"Il suo unico scopo è quello di portare via ciò che mi appartiene e tu ancora continui ad andargli dietro?"
"Ti riferisci a me o a Romy... Quando parli di ciò che ti appartiene?" Ero tremendamente ferita, questi sentimenti così turbolenti avevano cambiato la mente di mio fratello a tal punto che esclusse me dagli affetti importanti per elevare gli altri.
Quando si rese finalmente conto dell'esagerato modo con cui si era appena rivolto a me, si avvicinò abbracciandomi.
Mi lasciai stringere perché sentivo che questo era ciò di cui avevo bisogno adesso e non delle sue urla rabbiose. Sapevo perfettamente di aver sbagliato di nuovo, di essermi ferita ancora, non avevo bisogno che mio fratello mi facesse sentire ancor più stupida di ciò che già ero.
"Mi spiace, sono solo preoccupato per te. Non voglio che ti faccia altro male, te ne ha fatto già abbastanza", lasciò la presa guardandomi negli occhi:"E' normale che mi riferisco a te quando parlo di ciò che mi appartiene. Sei mia sorella, sei tutto ciò che ho e non posso permettere a nessuno di portarti via".
"Sono qui, non vado da nessuna parte", gli dissi con un filo di voce.
"Adesso, ma dopo? Non starai per sempre al mio fianco, anche tu devi farti una tua vita".
"Anche in quel caso non sarai da solo".
Poggiai la testa sul suo petto, aveva la pelle così calda e profumata che sarei rimasta per ore intere fra le sue braccia.
"Adesso vai a dormire, è tardi". Sussurrò dolcemente.
Lo lasciai nel buio della casa mentre io mi accompagnai nella tristezza della mia stanza.

Il ragazzo in maschera (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora