ALEX

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Scesi i gradini che conducevano alla pista, mi sentivo piccolo al centro di questa stanza immensa, piena di colori, movenze sinuose e sincronizzate.
Mi giravo intorno, camminavo, osservavo ogni maschera femminile che potesse vagamente ricordarmi il viso o gli occhi di Romy, ma nessuna di loro aveva un aspetto familiare. Riuscì però a colpirmi una donna seduta ad un tavolo da sola. Guardava la pista, ogni dama o cavaliere che si muoveva, sicuramente immaginava di esserci lei insieme a loro ma nessuno l'aveva ancora invitata a ballare.
Decisi che al prossimo ballo l'avrei accompagnata io in pista tanto non credevo di fare un torto a Romy, dopotutto anche lei sarebbe stata invitata a ballare da chissà quale uomo. Mi avvicinai dunque alla donna, aveva i capelli castano scuro raccolti in uno chignon perfetto; una maschera a punta rotondata color oro con qualche perla sparsa di qua e di là; un abito lungo e stretto dello stesso colore della maschera con rifiniture in pizzo.
"E' occupato?" Chiesi non essendosi accorta di me.
"No, accomodati pure", mi sorrise.
Mi accomodai e lei tornò a guardare la pista, con la coda dell'occhio la vidi muoversi sulla sedia a tempo di musica, accennai un sorriso a me stesso pensando che tra poco l'avrei fatta ballare davvero e non solo nella sua mente. Nel frattempo che la musica non terminava, continuavo a guardarmi intorno con lo stesso obiettivo di quando ero arrivato: trovare Romy. Poi accantonai il pensiero quando sentii la musica spegnersi e tutti i cavalieri e le dame inchinarsi e ringraziarsi per il ballo fatto.
Partì un'altra musica, sembrava un leggero valzer, dame e cavalieri si scelsero fra loro, io mi sfregai le mani sui pantaloni, mi alzai e mi misi davanti la donna seduta accanto a me.
Un inchino educato, mano destra dietro la schiena e sinistra rivolta alla mia dama con palmo aperto:"Vuoi ballare con me?"
La donna sorrise:"Volentieri". Si alzò facendo un inchino e cominciammo a danzare per tutta la pista.
"Sei qui da solo?" Domandò mentre danzavamo come due canarini liberati dalla gabbia.
"Sì, anche se non dovrei", risposi.
"In che senso non dovresti?"
Gli occhi della mia dama erano castano scuro, quasi neri e quando mi guardava quasi mi faceva perdere la concentrazione.
"La mia dama dovrebbe essere qui a momenti e non saprei proprio riconoscerla".
"E' un classico di questa festa ma il bello dell'amore è proprio questo: sapersi riconoscere anche in mezzo a tante maschere", sorrise.
Le sue parole quasi mi spiazzarono, non avevo mai pensato ad una cosa simile. Dopo vari minuti a volteggiare come due anime libere, la musica finì e sia io che la mia dama ci inchinammo e applaudimmo l'esecuzione della danza.
La accompagnai al tavolo con la sua mano delicatamente posata sopra il dorso della mia e quando arrivammo, ci fermammo l'uno davanti l'altra.
"Grazie per il ballo", mi disse.
"Quando vuoi ballare di nuovo, non esitare a chiedere".
"Sempre se non sei occupato", rispose con un occhiolino e un brevissimo inchino.
Io sorrisi e con mio dispiacere mi allontanai per contemplare meglio la sala ora che si era liberata un po'.

Il ragazzo in maschera (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora