Capitolo 10

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"Oggi è il mio ultimo primo giorno di scuola" pensai, ancora coricata nel letto. Non ho voglia di alzarmi, sono ancora nervosa per ciò che è successo ieri. Per colpa di quella stronza di Giulia ho litigato con i miei migliori amici. Non li sento dalla scorsa mattina, e mi sento terribilmente in colpa per come li ho trattati. Non c'entrano nulla con tutta questa storia, ma quando sono nervosa me la prendo con chiunque. Ho un carattere di merda, purtroppo.

Presi il cellulare dal comodino e scrissi sul gruppo Whatsapp con i ragazzi.

Da me alle 7:30 :
<<Ragazzi, so che il mio comportamento non può essere giustificato in alcun modo, ma, per favore, se mi date l'occasione posso spiegarvi il perché di tale scenata. Vi chiedo scusa, davvero. Ci vediamo davanti l'entrata principale della scuola.>>

Risposero poco dopo con un "va bene". Mi alzai dal letto e mi andai a preparare. Feci velocemente colazione, per poi andare a prendere l'autobus.

Arrivata a scuola vidi i miei amici, mi stavano aspettando. Li salutai abbracciandoli, per poi raccontargli tutto ciò che era successo.

<<Come hai intenzione di comportarti con lei? Cosa farai adesso?>> mi domandò Pedro.

<<Non lo so, Pe! Non ci ho ancora pensato se devo essere sincera.>> risposi.

<<Questa ragazza è proprio stronza.>> disse Martina leggermente incazzata. <<L'ho sempre pensato, ma adesso ne ho avuto la conferma. Mi è sempre stata antipatica. Non può trattarti così, non può cercarti solo quando le fa comodo. Cosa pretende adesso da te? Hai fatto bene a mandarla a fanc...>>

<<Ilaria, ascoltami.>> disse Pedro interrompendo Martina. <<So che sei incazzata, ma noto nei tuoi occhi un velo di tristezza. Dovresti mettere da parte l'orgoglio e darle la possibilità di parlare. Certe situazioni si risolvono solo parlando. Ascolta ciò che ha da dirti, poi prendi una decisione. Portare rancore ad una persona per te importante non ti farà star meglio. Se non gli importava nulla di te nemmeno ti cercava. Ci hai pensato a questo?>> continuò a dire il mio amico. Ha ragione, come sempre. Pedro è in grado di farti il lavaggio del cervello con le sue parole. Non ebbi il tempo di rispondere che la campanella suonò, era arrivato il momento di entrare.

Per tutta la mattinata insieme al resto della classe parlammo di come avessimo trascorso le vacanze. "Ragazzi, quest'anno affronterete la maturità, dovrete impegnarvi tantissimo." continuavano a ripetere i professori. Bene, siamo solo al primo giorno di scuola e ho già l'ansia.

Le ore passarono velocemente, e finalmente suonò la campanella che annunciava la fine delle lezioni. Uscì da scuola, incamminandomi verso la fermata dell'autobus. Improvvisamente sentì una mano afferrarmi il braccio da dietro. Mi voltai: era Giulia.

<<E tu che diavolo ci fai qui?! Non toccarmi.>> dissi togliendo la sua mano dal mio braccio.

<<Ila... non fare così, per favore.
>> disse abbassando lo sguardo non riuscendo sicuramente a sostenere il mio.

<<Non hai ancora risposto alla mia domanda. Che diavolo ci fai qui?>> le dissi, ero visibilmente irritata.

<<Io... io volevo vederti, e questo era l'unico modo per farlo. Se te l'avessi detto prima, non mi avresti mai permesso di venire.>> disse continuando a tenere lo sguardo abbassato.

<<Guardami negli occhi quando mi parli Giulia!>> urlai.

<<Non posso!>> mormorò. <<Non riesco a guardarti negli occhi per troppo tempo.>>

<<Perché?>> domandai stranita.

<<Ho paura di perdermi dentro quegli occhi verdi.>> rispose, aveva gli occhi lucidi. Ora mi stava guardando negli occhi. La sua risposta mi aveva lasciato senza fiato, non sapevo cosa dire. <<Perdonami, per favore, ho bisogno di te.>> continuò a dire, iniziando a piangere.

Ripensai a tutto ciò che mi aveva detto Pedro. Continuare a respingerla non mi avrebbe fatto stare meglio. Le voglio bene malgrado tutto, non voglio che stia male a causa mia. Misi l'orgoglio da parte. Mi avvicinai a lei e l'abbracciai. Ricambiò subito l'abbraccio, stringendomi forte. Continuava a piangere come una bambina.

<<Shh, va tutto bene Giulia, non piangere. Ti perdono.>> le sussurrai all'orecchio, consolandola. <<Però adesso dobbiamo proprio andare, tra poco passerà l'autobus.>> le dissi staccandomi di poco da lei per guardarla negli occhi. Iniziò a ridere. Mi era mancato il suono di quella risata. Le asciugai le lacrime, per poi incamminarci verso la fermata dell'autobus.

Mancava ancora qualche metro alla fermata quando mi accorsi dell'autobus che stava arrivando.

<<Cazzo, cazzo, cazzo!!>> urlai.

Iniziai a correre, lasciando Giulia indietro. Riuscì ad arrivare in tempo, per fortuna. Salì sull'autobus e guardai fuori dal finestrino. Notai Giulia piegata in due per le troppe risate. "Che vergogna!" pensai.

<<Vaffanculo.>> mimai con le labbra, sorridendole.

<<Si, anch'io ti voglio bene.>> mimò anche lei con le labbra, per poi mandarmi un bacio e salutarmi con la mano.

Trovai un posto libero e mi ci sedetti. Per tutto il tragitto pensai a Giulia. Mi tornò in mente una sua frase: "Ho paura di perdermi dentro quegli occhi verdi."

Perché aveva detto così?

You'll never be mine (Lesbian Story)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora