Capitolo 3.

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Per tutta risposta, Ada picchiò le nocche sul portoncino, la prima volta con delicatezza, la seconda con vigore. Di questo passo avrebbe buttato giù l'intero piano.

Il chiacchierio dentro l'appartamento infatti cessò all'istante, e dei passi si avvicinarono fino alla soglia.

Nadia affiancò Ada di fronte alla porta, a mo' di venditrici di pentolame ambulanti.

«Chi è?» domandò una voce maschile.

Le ragazze si lanciarono un'occhiata d'intesa. «Siamo le nuove inquiline dell'appartamento accanto. Abbiamo appena finito di mettere in ordine le nostre cose, e ci chiedevamo se...» la porta si spalancò prima che Nadia terminasse la frase.

«Nuove vicine di casa?» ripeté lui, comparendo di fronte a loro. Quando vide le due ragazze, la bocca si schiuse a formare una "o", e per nascondere l'imbarazzo, si appuntò sul naso un paio di occhiali dalla montatura nera e lucida «Oh, accidenti. Non credevo che... si trasferissero prima di settembre delle nuove, ehm, vicine», borbottò, indugiando lo sguardo su Nadia.

Lei sorrise di fronte a quel comportamento impacciato che le era tanto comune. Il ragazzo era un tipo particolare: indossava con un paio di jeans e una camicia a quadri rossa, e aveva un volto delicato. I capelli biondi erano tagliati a spazzola, ma in qualche modo riuscivano a essere disordinati lo stesso. Dietro gli occhiali aveva un paio di occhi blu invidiabili a chiunque. Insomma, sembrava una sorta di quarterback americano, soltanto meno piazzato fisicamente.

«Disturbiamo?» chiese Ada, interrompendo lo sguardo tra i due. Sul suo volto era già dipinto un sorrisetto da saputella. «Siamo appena arrivate e non abbiamo proprio niente da mangiare.»

«No, certo che no!» esclamò lui. «Dio, che stupido! Entrate, prego.» Si mise di lato e invitò le due ragazze a entrare «Ehi, abbiamo ospiti!» urlò poi, rivolto a qualcuno nel salotto. «Dovete scusarci. Siamo appena tornati da una noiosissima assemblea e non abbiamo avuto il tempo di rimettere in ordine la stanza.»

«Non dirlo a noi, amico», scherzò Ada, che entrò in casa senza fare convenevoli. L'appartamento era una copia del loro, niente di più, niente di meno.

Nadia si guardò intorno incuriosita, e incrociò due volte lo sguardo del ragazzo, per poi distoglierlo prontamente.

«Io sono Leonardo, mentre lui è Carlo», si presentò il vicino, additando l'amico appena entrato. Questo fece un flebile gesto con la mano e si mise seduto sopra al tavolo, con le gambe penzoloni. Era di aspetto minuto, con una montagna di riccioli neri che gli incorniciavano un volto rotondo, e uno stile nell'abbigliamento preciso e composto. «Scusate, non è molto socievole. Insomma, siete delle nuove studentesse del campus quindi...»

«Lei sì», rispose Ada. «Io per il momento sono una stagista nella clinica medica universitaria. È un piacere conoscervi. Sono Ada.»

«Il piacere è nostro. Mentre tu sei?» Leonardo spostò gli occhi attenti sull'altra ragazza, regalandole un sorriso accogliente.

«Nadia, Nadia Savini.»

«Davvero bella... cioè, bello. Il nome, intendo», si corresse subito, avvampando come un fiammifero. «Ehm, Carlo, perché non prendi qualcosa da bere per le nostre nuove vicine?» Si voltò di scatto verso l'amico per nascondere l'imbarazzo del momento.

Ada diede una gomitata sul fianco di Nadia e la fulminò con lo sguardo. «Smettila di flirtare con la nostra fonte di cibo», la minacciò a bassa voce.

Nadia trattenne una risata e alzò le mani. «Non sto facendo niente.»

«Bene, ragazze, da come ho capito non avete nulla da mettere sotto i denti, giusto?»

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