Capitolo 46.

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Quella sera Nadia stava studiando in camera per gli esami imminenti. Erano diverse ore che si trovava ricurva sulla scrivania, scribacchiando frasi su fogli e sfogliando tomi di linguistica e letteratura italiana. La superficie di legno accanto a lei era stracolma di penne, matite e quaderni, mentre a terra c'era un cimitero di cartacce appallottolate e lanciate alla rinfusa. Per fortuna Ada non era entrata nella loro stanza da quando era rientrata dalle lezioni, e non aveva potuto notare con fare critico l'uragano che si era accidentalmente riversato in quei pochi metri quadri abitabili. Anche se stava cercando di rimanere il più concentrata possibile sui libri, sentiva l'amica ridacchiare di fronte alla televisione accesa. Di tanto in tanto sbuffava e anche se si trovavano in stanza diverse, se la immaginava già seduta sul divanetto e con degli snack salati a portata di mano, mentre sbraitava contro qualche talk show dalla dubbia utilità sociale.

Nadia stava giusto riflettendo su questi pensieri svianti, quando il suono del suo cellulare si andò a miscelare con quello della risata cristallina di una conduttrice televisiva, seguito da un chiaro rumore di applausi. Ada si alzò in piedi e strascinò le ciabatte a terra, forse diretta verso il telecomando poggiato sul tavolino, e Nadia chiuse il libro di scatto, allungando la mano verso il telefono. Improvvisamente il rumore di fondo dall'altra stanza sparì, sostituito da una piacevole musica pop.

Chi mai avrebbe potuto chiamarla alle dieci e mezza di sera?

Quando lesse il nome sul display, quasi si pentì che il volume della televisione in sala non fosse stato così alto da coprire quello della chiamata in arrivo, salvandola dalla consapevolezza di un'altra imminente e scocciante seccatura.

«Ciao, Diego.» Nadia sospirò pazientemente, reclinandosi con la schiena sulla sedia della scrivania e chiudendo gli occhi, stanca. «A cosa devo questa chiamata?»

Dall'altra parte del telefono si sentirono dei rumori molesti, seguiti da un tonfo e da una risata. Anzi, da due risate. «Baby-sitter!» esordì lui, con tono autoritario e sbiasciato. «Vieni subito a casa mia! Ho bisogno di qualcuno che tenga d'occhio Lidia.»

Nadia aprì di scatto gli occhi e si poggiò con i gomiti sulla scrivania, passandosi la mano libera sulla fronte. «Non so se ti è capitato di notare l'ora mentre digitavi il mio numero, ma sono le dieci e mezza di sera, Diego. Le persone normali non lavorano, a quest'ora.»

«Andiamo, baby-sitter... Non farti pregare. Ho davvero bisogno di te, stavolta. Davvero davvero», mormorò lui, a metà tra il divertito e il piagnucoloso.

«Okay, ascoltami bene», ribatté Nadia, con il tono più calmo possibile. «Io sto studiando in questo momento. Sto studiando da oggi pomeriggio senza sosta. Frequento l'università e questo mi obbliga a dover dare degli esami per laurearmi. So che la tua vita prevede delle valvole di sfogo diverse dalle mie e ti fa avere delle priorità discordi da quelle che ho io, ma non ho intenzione di lavorare anche di sera per te.»

«Ti pagherò il doppio!»

Nadia tornò a sospirare, stavolta per disdetta. «Non è questione di soldi, ma di rispetto verso le persone. Perché hai bisogno di me? Sentiamo. Dove sono tuo padre ed Eloise?»

«Sono partiti per il week-end.» Diego singhiozzò e rise. «Lidia si sente così sola, senza di te.»

«Ci sei tu con lei. Falle compagnia.»

«Io... non posso. Sii gentile e fammi questo favore. È fondamentale che tu venga qui subito. Subito, subito, suubito!»

A quel punto, Nadia iniziò a capire come stessero le cose. «Aspetta un momento... Hai bevuto?»

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