Capitolo 33.

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«Sai, non ti ho più domandato cosa ti abbia fatto cambiare idea sul ballo», ribadì Leonardo, mentre camminava sul sentiero che portava all'edificio centrale della L.U.S.I, al fianco di Nadia. Era vestito con un completo estremamente elegante color blu notte, abbinato a una camicia bianca abbottonata fino al colletto.

Il giorno del ballo era arrivato prima che ogni studente se ne potesse rendere conto. La settimana era trascorsa tra grandi preparativi e slogan pubblicitari, intervallati da lezioni e corsi extrauniversitari. Il poco tempo libero che rimaneva tra una cosa e l'altra era stato dedicato allo studio, e, per quanto riguardava Nadia, il suo nuovo impiego nel giornalino studentesco. Quello, in particolar modo, l'aveva tenuta occupata per molti dei pomeriggi infrasettimanali, facendola restare fino al tramontare del sole nella sede informatica, dove veniva raccolto ed elaborato il materiale su cui scrivere articoli di giornale. Gli altri redattori, per lo più ragazzi poco più grandi di lei, si erano mostrati estremamente entusiasti di lei, e l'avevano accolta nel team senza nessun tipo di risentimento. Nel giro di qualche giorno, le era stata data già una sua scrivania personale, e dopo due pomeriggi di formazione in ogni settore del giornale, era stata collocata nella sezione riservata allo Sport e alla Cultura. Nonostante fosse la sua prima esperienza nel campo editoriale, non vedeva l'ora di poterci mettere tutta se stessa.

Prima di rispondere alla domanda spinosa del compagno, Nadia rifletté bene: il perché avesse cambiato idea in merito al ballo era semplice, in fin dei conti. Lo aveva fatto perché aveva bisogno di un accompagnatore. Perché non poteva assolutamente mancare a quel ballo, dopo lo scontro in corridoio con Mattia. Il suo era stato più che altro un gesto dettato dall'impulso del momento, e magari dalla volontà di suscitare una qualche reazione in Mattia. Il loro rapporto era diventato ormai una sorta di duello all'ultimo sguardo, e, per la seconda volta da quando si erano rincontrati, c'era stato un bacio inatteso, che rendeva la situazione ancora più confusa. Nonostante non fossero più niente, tra di loro aleggiava un velo di tensione palpabile. Ovviamente, non avrebbe mai potuto parlare in questi termini a Leonardo: il fatto che si fosse presentata con lui al ballo solo per innescare una reazione in Mattia non era assolutamente un'ipotesi contemplabile, se voleva mantenere un briciolo di contegno.

«Ci ho solo riflettuto meglio sopra», rispose alla fine, scrollando le spalle. «Insomma, è un evento importante e sarà presente tutto il campus, oltre alle future matricole. E poi il professor Castrucci mi ha pregata di fare un salto allo stand del volantinaggio della facoltà di Lettere. Ha detto che un paio di mani in più sarebbero state ben accette.»

«Quindi hai accettato l'invito solo per aiutare il tuo mentore», scherzò allegramente Leonardo, celando un sottile filo di ironia. Continuò a camminare sul brecciolino, alzando di tanto in tanto delle nuvolette di polvere che si andavano a sedimentare sulle sue scarpe laccate.

La ragazza sussultò, rendendosi conto di come avesse impostato male fino a quel momento la conversazione. «Ehi, guarda che sono contenta di presentarmi con te a questo ballo» lo rassicurò. «E poi mi avevi promesso che sarebbe stata una serata tra amici, giusto?»

Leonardo stentò qualche secondo prima di rispondere, poi sospirò e si grattò il capo con una mano. «Sì, mi sembra di averlo fatto. Che scemo, eh?»

«Non devi sentirti in imbarazzo. Mia nonna diceva sempre "Se son rose fioriranno".»

«E mio padre invece ripete sempre "Chi ha tempo non perda tempo".» replicò lui, ridacchiando.

«Ti rispondo dicendo "Tempo al tempo".

«Ma "Chi di speranza campa, disperato muore", Nadia.» Leonardo rise, stavolta più allegramente.

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