Cornelia sorseggiò un goccio del suo caffè amaro e poggiò la tazzina in ceramica cinese sul tavolinetto della sala. In mano teneva un giornalino, aperto in bella vista sulla prima pagina. Con gli occhi scorse ancora il titolo della testata e lesse di nuovo le prime righe dell'articolo. Era incredula e incredibilmente infuriata. Ma era calma. Le pillole rilassanti che aveva preso prima di pranzo, buttate giù con una sorsata di gin, avevano fatto il loro effetto. Allungò i piedi sulla poltrona e rise tra sé e sé, scuotendo la testa.
In quel momento la serratura della porta di casa scattò, e uno stralcio di luce illuminò l'atrio proprio dietro di lei, portando con sé delle striature di un sole tiepido pomeridiano. Quando la luce scomparve di nuovo, seguita dal ritorno della semioscurità che tanto apprezzava, Cornelia ebbe la certezza che qualcuno era entrato in casa. E dato il silenzio, non poteva essere altri che suo figlio. Il suo prediletto e ribelle primogenito. La sua fortuna come madre e la sua rovina come donna in carriera.
Mattia lasciò cadere le chiavi di casa nella ciotolina di vetro all'ingresso, senza preoccuparsi di non fare troppo rumore. Sapeva già che da un momento all'altro la bomba sarebbe scoppiata. Lo aveva già intuito quella mattina, quando, entrando nel cortile della L.U.S.I, la metà delle studentesse si erano voltate e lo avevano fissato per una quindicina di secondi buoni, con gli occhi brillanti e i sorrisi da un orecchio all'altro. A primo impatto non era riuscito a capirne il motivo, ma poi, una volta entrato nel suo padiglione universitario, aveva realizzato tutto assieme cosa fosse successo: qualche giorno prima, durante una delle pause dalle lezioni, lui e Anita avevano preso il coraggio per mettere in atto quella che avrebbe dovuto essere la loro rottura ufficiale. Quindi avevano sceneggiato una brutta litigata, al termine della quale Anita se n'era andata, mandandolo a quel paese. Qualcuno li aveva notati, ma la reazione che si era scatenata qualche giorno dopo sui social non era stata minimamente prevedibile: dopo un rapido giro di parole tutto il campus era venuto a conoscenza della loro rottura.
«Mattia?» domandò la madre dall'altra stanza, con un tono di voce placido.
Mattia prese un respiro e trattenne per un momento l'aria nei polmoni. Espirò tutto d'un fiato. «Sì, mamma», rispose, poggiando la mano sul mobiletto. Non c'era modo di scampare da quella situazione.
«Perché non vieni a farmi un po' di compagnia?»
Mattia chiuse gli occhi e deglutì, nervoso. Poi uscì dall'atrio e si affacciò nel salone, dove sua madre era intenta a sfogliare svogliatamente le pagine di un giornale in bianco e nero. E non un qualsiasi giornale di gossip o cronaca nera, no: stava sfogliando il giornale della L.U.S.I..
Quando lo vide Cornelia gli sorrise e con la mano gli indicò di sedersi sul divano di fronte a lei, separato solo da un tavolinetto stracolmo di tazzine e bottiglie di vetro semivuote. Mattia le squadrò una a una con fare critico: erano tutte piene di superalcolici.
«Vieni, siediti qui di fronte a me», continuò lei. «Da quanto tempo è che non ci facciamo una bella chiacchierata, io e te?»
Mattia si lasciò cadere con un sospiro sul divano e incastrò una mano tra i capelli, mentre fissava scettico la madre. «Sempre troppo poco.»
Cornelia rise di gusto e poggiò le spalle allo schienale, abbandonando per un momento la postura rigida che teneva solitamente. «Andiamo, figliolo. Non guardarmi in quel modo!»
Ma Mattia continuò a guardarla in quel modo: un po' preoccupato e un po' schifato. «Quanto hai bevuto, mamma?» le chiese, sospirando. Più volte l'aveva beccata ubriaca in casa loro, e c'erano sempre dietro delle grandi arrabbiature. Cornelia beveva per noia. O per tenere distesi i nervi di fronte a delle notevoli fonti di stress.
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Tutto quello di cui ho bisogno
RomanceQuando Nadia ha lasciato Roma per tornare al paese natale, si è portata dietro un cuore spezzato e tanta fragilità. Dopo molte difficoltà a integrarsi in una metropoli ostica e dopo una storia d'amore finita male, le sue barriere sono crollate, lasc...