Capitolo 52.

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«Nadia... Per favore, esci dalla tua stanza. Ti prego, altrimenti sarò costretta a buttare giù la porta a spallate.» Ada sospirò e poggiò la fronte sulla parete, in attesa.

«Non mi va. Sto bene qui», replicò la compagna. La sua voce era ovattata, come se avesse il volto immerso nel cuscino.

«Non puoi stare per due giorni rintanata lì dentro, come se fossi una monaca di clausura. Non stai nemmeno mangiando!»

«Non ho fame. Voglio solo dormire e stare al buio.»

«Nadia, sto per sfondare la porta. E non m'interessa se poi ci cacceranno dal condominio. Pagherai tu le spese di riparazione», l'avvertì Ada, per l'ultima volta.

Qualche secondo dopo, si sentì il rumore di passi strascinati. Poi, si aprì un piccolo spiraglio di porta, sufficiente a far scorgere mezzo volto della compagna.

Ada spalancò gli occhi. «Gesù! Sei più brutta di un soggetto di Picasso!»

«Che vuoi, Ada? Non ho voglia di parlare. Sono stanca», si lamentò Nadia, sospirando pesantemente. Sapeva di essere conciata male. Da quando aveva discusso con Mattia, era tornata a casa e si era rintanata in camera, per uscire solo in momenti di estrema emergenza, come andare in bagno e spiluccare qualcosa da mangiare. Il primo giorno, Ada l'aveva guardata con occhio critico ma comprensivo e non le aveva detto niente. Però, adesso, era passata all'atteggiamento da ariete di sfondamento.

«I tuoi capelli sembrano il posto perfetto per un nido di uccelli, lo sai?» la prese in giro l'amica, aprendo del tutto la porta. «Esci, forza. Lasciamo prendere un po' d'aria a quella stanza, altrimenti ci farai la muffa, lì dentro.»

Nadia roteò gli occhi e si fece trascinare controvoglia in sala. Indossava un pigiama stropicciato rosa e una vestaglia di cotone a maniche lunghe.

«Sembri una casalinga disperata. Una di quelle che potrebbe cadere in depressione quando scopre che ha finito il detersivo per i pavimenti.»

«Mi hai chiamato solo per insultarmi, Ada?» brontolò Nadia. Aprì una bottiglia d'acqua e si riempì un bicchiere.

«Ti ho chiamata per resuscitarti. Di solito, servono tre giorni, secondo le scritture, ma a quanto pare...»

«Cretina.»

Ada rise e si legò i capelli ricci in una coda alta. «Seriamente, Nadia. So che sei giù di morale e la tua vitalità è sotto ai piedi, ma non puoi continuare così.»

«Sono passati solo due giorni, in realtà.»

«E ti paiono pochi? Io sarei già impazzita, al posto tuo!» replicò Ada, sbuffando. «Insomma, che Mattia fosse idiota l'avevamo già capito da un pezzo, ormai. Non vedo perché tu debba soffermartici così tanto.»

Nadia strinse gli occhi. «Non lo voglio nemmeno sentir nominare, quello stronzo.»

Ada si picchiò la fronte con la mano e si maledisse mentalmente per averlo tirato di nuovo in ballo. «Okay, va bene. Vuoi che ti stampi alcune sue foto e poi le usiamo come bersagli per le freccette? Gli andiamo a bucare le ruote dell'auto?»

«Ha l'assicurazione, per quelle», le fece notare Nadia con un sospiro spazientito. Tirò indietro una sedia dal tavolo e ci si sedette.

«Gli bruciamo l'assicurazione?»

«Ada...»

«Che c'è? Ero ironica», si discolpò lei, facendo spallucce.

«Davvero?»

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