Due

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All’ospedale chiamo casa. La mamma risponde:
«Jesse ha una crisi».
Che cavolo. Poteva essere  chiunque al telefono. Per quanto ne sapeva, mia madre poteva aver
comunicato i problemi di mio fratello a uno che faceva telemarketing.
Sorrido all’infermiera che mi controlla. Lo strumento che misura la pressione fa bip.
Per forza ha una crisi. Jesse è allergico più o meno a tutto e la pappa di Will è praticamente ovunque. Jesse continuerà ad avere crisi per sempre.
«Com’è il respiro?» mi limito a dire.
«Ah boh, senti tu, io non ci capisco mai niente.»
Alzo gli occhi al cielo e attendo che Jesse venga al telefono.
«La pressione del sangue è un tantino alta» mi comunica l’infermiera.
Naomi sfoglia una rivista che ha fra le mani.
«Capita quando ti rompi le ossa.»
Le tiro un calcio.
«Sto bene, grazie» dico all’infermiera.
Jesse prende la cornetta e dice:
«Ciao, fratello».
Ci chiamiamo così, come se «fratello» fosse un nome. A volte penso che finiremo per scordarci quelli veri.
Io mi preoccupo davvero per roba del genere.
«Come stai?» rispondo mentre l’infermiera dà un’occhiata alle mie costole.
«Sto bene. La mamma esagera sempre.»
Gli credo, perché se sta male davvero Jesse è bravo a fartelo capire. È bravo a far tutto. E poi sta respirando bene, inspira ed espira normalmente.
«Sì, stai bene» confermo. Un aggeggio accanto a me inizia a fare bip bip e io premo il telefono contro la guancia perché non si senta dall’altra parte.
«Sono rumori da ospedale quelli che sento?»
È triste che sappia riconoscerli così bene. Ed è anche una sfortuna. Non gli rispondo.
«Dài, fratello» brontola.
«Te lo stavo per dire. Giuro.»
«Sì, come no» dice sospirando, ma senza agitarsi.
«Cos’hai stavolta?»
«Frattura del polso e di un paio di costole.»
L’infermiera dice a Naomi che il dottore arriverà presto ed esce quasi senza far rumore.
«Merda, Jonah» dice Jesse.
«No, zitto. Non è così grave. Che fanno mamma e papà?»
«Si sono urlati un po’ in faccia a causa del bambino e ora si sono calmati. Ma scommetto che
ricominceranno non appena verranno a sapere che ti sei rotto qualcosa. Di nuovo.»
«Gli dirò che sono caduto dallo skate» mormoro, adagiandomi sul letto.
«E invece…»
«Sono caduto dallo skate, davvero.»
«Questa cosa deve finire.»
«Sì, finirà. Te lo prometto.» Quando me ne romperò altre 189. Il bambino piange sempre più forte, sembra una sirena. Chiudo forte gli occhi per il dolore al polso. Will è nato otto mesi fa e da allora non ha mai smesso di piangere. Lo so che tutti i bambini piangono.
Ho deciso che il motivo per il quale non dovrebbero esserci troppi anni di differenza tra fratelli è
che così se uno di loro frigna, gli altri non avranno nulla da ridire.
Se Will fosse nato quando avevo un anno, non me ne sarebbe fregato nulla se piangeva? Ma ho diciassette anni e Jesse sedici e quando il piccolo piange, noi ci preoccupiamo. Se piange per otto mesi, ci preoccupiamo per otto mesi. Will piange e singhiozza alla cornetta. Jesse lo tiene in braccio, anche se non dovrebbe.
«Non dovresti tenerlo se ha appena preso la poppata» gli ricordo. «Potrebbe rigurgitarti addosso. Eddai, poi ti viene lo sfogo.»
Naomi si schiarisce la voce. «Il bambino? Di nuovo?»
Naomi detesta Will, così come è gelosa di Jesse. Quando provieni da una non-famiglia come la sua, è facile sentirsi liberi di reclamare l’attenzione di chi ha dei fratelli che gli succhiano via la vita. La capisco, ma non la giustifico e le faccio cenno di darci un taglio.
«Potrebbe rigurgitarti addosso» ripeto.
«Dài, pensa allo sfogo.»
«Non posso credere alle mie orecchie. Cazzo Jonah, sei tu che sei in ospedale» dice Jesse.
Sento la mamma che fa:
«Lui è dove?».
Faccio una smorfia. «Grandioso.»
«Merda» mormora lui.
«Be’, bravo.»
«Mi sono distratto.»
E adesso sono in tre a urlare, la mamma, il bambino e Jesse che rivolto a me dice: «Ti chiamo più tardi». E riattacca.
Trenta secondi dopo, mi vibra il cellulare, fortissimo, come se cercasse di trasmettermi l’urgenza di quella chiamata. Un camice bianco fa ingresso nella stanza e solleva un sopracciglio.
«Niente cellulari qui dentro.»
Lo richiudo, pieno di gratitudine.

Break - Ossa RotteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora