I miei genitori hanno la faccia di chi è appena tornato da un funerale. Papà attacca non appena
varchiamo la porta di casa, e mamma fa lo stesso, anche se è rimasta a casa col bambino. Si tengono
quella faccia per tutta la cena, raschiando il fondo del piatto con le posate d'argento macchiate da
aloni d'acqua. Jesse sta radunando gli ingredienti per farsi un frullato. Uno dei suoi pasti abituali.Nessuno dice una parola. Io me ne sto seduto sullo sgabello della cucina. Questa è la loro commedia
e io sono il loro spettatore. Come sempre.
Will sbatte il pugno minuscolo sul seggiolone e piange mentre mangia il purè. La mamma glicaccia in bocca un cucchiaio e lui sputa tutto.
Alla fine è venuto fuori che ho anche la mandibola rotta e me l'hanno chiusa con dei tiranti. La
mia lingua è come un pesce morto al centro della bocca, ma provo a parlare lo stesso.
«È stato unincidente» dico alla meno peggio.
«Sono un idiota. Cercherò di stare più attento.»
«Siamo preoccupati per te» dice papà, con un filo di voce sottile come la buccia di una cipolla.
«Sta bene» fa Jesse. «Guardalo.»
Mi guardano e io gli regalo il sorriso più smagliante che so fare, ma i tiranti mi costringono atenere i denti chiusi.
«Gli verrà un occhio nero» dice la mamma masticando.
«E vabbè, sembrerò un pugile per un po'. C'è di peggio, mamma. Will, shhh» dico asciugandogliil succo d'arancia dai capelli neri come la pece e immediatamente corro a lavarmi le mani. Lancio
un'occhiata furtiva a Jesse.
Lui svuota due pacchetti di polvere marrone nel frullatore, una per me, una per lui. Non gli chiedocosa sia. Jesse si fa sempre dei beveroni di proteine, e dice anche che gli piacciono, ed è gentile da
parte sua farne uno anche per me, dato che non posso masticare. Soprattutto perché lui sa, al contrario di mamma e papà, che tutto questo me lo sono fatto da solo.
Accende il frullatore e osserva mentre la poltiglia si mescola.
Il problema di Jesse è che ha allergie alimentari. Non come quei bambini a cui vengono dellebolle se mangiano noccioline. E nemmeno nel senso in cui intendono certe mamme quando dicono che
i loro figli sono allergici ai coloranti. A Jesse si gonfia la gola se mangia le uova. La farina. Il latte.
Il pesce. Le nocciole, il cioccolato, le fragole.
Tutto in pratica.
La pressione del suo sangue precipita e lui inizia a gonfiarsi all'istante. In meno di tre minuti puòmorire. E non gli capita solo se la mangia, quella roba. Basta che la tocchi o ne senta l'odore.
Non ricordo nemmeno tutte le cose a cui è allergico. È una lista infinita. Giuro che ogni volta chelo vedo mangiare mi viene un attacco di panico. A volte vado in crisi anche solo se beve dell'acqua
da una bottiglia. Non posso farci niente, è una reazione incontrollabile.
Will piange producendo piccole bolle dal naso mentre la mamma cerca di infilargli un'altra
cucchiaiata di purè in bocca.
«È che ultimamente ne ha sempre una» dice papà strappando un pezzo d'agnello e ficcandoselo in
bocca.
«La gente inizia a parlare.»
Allungo un braccio e do un'occhiata al gesso.
«Se mi chiedono qualcosa dirò che è stato Jesse.»
La mamma sbuffa.
«Se fosse stato Jesse, a quest'ora saresti ridotto peggio.»
Jesse è il capitano della squadra di hockey, cannoniere di quella di calcio, titolare di quella di
pallacanestro. È 10 cm più alto di me e pesa 23 kg di più, tutti di muscoli. Non è bello come me ma, dopo tutto, non è male.
La gente lo tratta come un dio. C'è uno in prima che lo copia in tutto. E poi, sì, se volessepotrebbe ridurmi in poltiglia.
Jesse ride.
«Ha ragione. Avresti molto più di un gesso e una benda intorno al busto.»
«Non dimenticare la mandibola.»
«Come diavolo fai a capire cosa dice?» chiede la mamma, infilzando un pezzo di carne con laforchetta. «Sembra che parli con una patata in bocca.»
Papà continua a ingozzarsi di agnello e patate. Gliene rimane un po' agli angoli della bocca.La mamma si copre gli occhi con le mani. «È tutto scritto nei manuali per i genitori. Se hai un
figlio con problemi, l'altro deve far di tutto per farsi notare.»
«E il piccolo che fine fa?» mi chiedo.
Jesse borbotta.
«Dio mamma, non chiamarmi figlio con problemi. Mi fai sentire come uno sullasedia a rotelle.»
«Non nominare il nome di Dio invano, Jesse!»
Lui alza gli occhi al cielo, esasperato.
«Non sto facendo a gara con Jesse» intervengo io.
Jesse dà un ultimo giro di frullatore. E Will alza il tono per non essere da meno.
Jesse versa il frullato in due bicchieri e me ne porge uno. Mi prendo una cannuccia per infilarlatra i denti mentre Jesse inizia a bere. Il suo pomo d'Adamo va su e giù. Anche bere sembra uno sport olimpico quando lo fa lui.
Quasi mi strozzo, tragico da un lato ma buffissimo se pensi che ho la mandibola rotta.
«Sa di merda.»
«Ti ci abituerai» dice Jesse sbattendo il bicchiere vuoto sul ripiano della cucina e dirigendosiverso camera sua. Con aria di superiorità, passa a testa alta davanti a mamma e papà, ai loro piatti
fumanti, stracolmi di veleno.
Will piagnucola:
«Bababa». Mamma e papà ricominciano a litigare.
E io mi godo il mio frullato.